2. L'Indipendenza
Negli anni che precedono l'Indipendenza, in Nicaragua si verificano numerose
sommosse: a León, Masaya,
El Viejo, Rivas e Granada,
gli scontri fra spagnoli e nicaraguensi sono i più significativi.
La popolazione armata chiede la destituzione delle autorità spagnole.
Questi primi sussulti indipendentisti, che avvengono fra il novembre del
1811 e l'aprile del 1812, presentano un marcato carattere popolare e vedono
pure una forte partecipazione della popolazione india, poiché
si chiede non solamente la destituzione delle autorità spagnole,
ma si avanzano anche una serie di rivendicazioni che tendono a migliorare
le condizioni di vita delle popolazioni indie. Sia l'oligarchia nazionale
che le autorità reali (che hanno sede in Guatemala), vedendo il
pericolo insito in queste rivendicazioni, reagiscono e reprimono con durezza
questi primi movimenti indipendentisti.
Dopo tre secoli di Colonia, l'Indipendenza dei cinque paesi dell'istmo
viene finalmente proclamata il 15 settembre 1821 a Città del Guatemala,
ma in realtà nasce come conseguenza di un progetto messicano che
intende organizzare in un solo Stato tutte le province del Vicereame della
nuova Spagna. Il piano viene però sconfitto dall'opposizione delle
province stesse, restie a subordinarsi all'antico centro coloniale e dai
conflitti interni d'interesse che seguono all'Indipendenza messicana. Si
costituisce quindi una Repubblica federale che comprende tutti i popoli
centroamericani, ma anche questa ben presto si sgretola a causa dei conflitti
fra le antiche province spagnole.
Sebbene i creoli (ossia i bianchi nati sotto il regime coloniale) abbiano
la necessità di rendersi indipendenti dalla Madrepatria, non hanno
però alcun interesse nei confronti della situazione degli indios,
dei meticci e degli altri settori che per secoli vengono brutalmente sfruttati
dagli spagnoli. Perciò, l'Indipendenza nasce sostanzialmente da
un patto fra i proprietari terrieri e la Corona spagnola, che lascia del
tutto escluse le fasce povere della popolazione, le quali sono quelle che
danno vita ai movimenti indipendentisti: la borghesia «nazionale»
inizia a partecipare alle lotte indipendentiste solo nel momento in cui
è certa di poter controllare il movimento e lo fa esclusivamente
per garantire i propri privilegi economici.
Nel 1823 nasce la Repubblica unita di Guatemala, Costa Rica, Honduras,
El Salvador, Nicaragua. Tale unione, però, si sfalda dopo un ventennio
ed in Nicaragua segue un lungo periodo di aspre lotte fra i gruppi della
borghesia locale per la conquista del potere: da una parte i conservatori
di Granada e dall'altra i liberali di León. Di questa situazione
di sostanziale guerra civile approfitta l'imperialismo britannico, il quale
in breve tempo riesce a controllare il commercio ed altri importanti settori
dell'economia del paese.
Una volta conquistata l'Indipendenza, gli oligarchi delle due città
rivali, León e Granada, contendendosi
il controllo del paese, provocano infatti un susseguirsi quasi ininterrotto
di guerre civili, le quali finiscono per rallentare notevolmente il processo
di sviluppo nazionale (sia a livello economico che politico).
Storicamente, la gerarchia cattolica nicaraguense, sin dall'epoca dell'Indipendenza,
si schiera apertamente con i conservatori, adottando un atteggiamento difensivo
nei confronti delle forze liberali del paese. Occorre ricordare, però,
che le denominazioni dei partiti in questo paese hanno poco a che vedere
con la loro concreta linea politica ed ancor meno con le «ideologie»
che ufficialmente professano. Se nel XIX secolo le rivendicazioni delle
masse popolari non vengono accolte nei programmi dei liberali e dei conservatori,
durnte il periodo della dittatura è il Partito liberale nazionalista
(Pln) di Somoza a reggere le sorti del paese, mentre il Partito
conservatore nicaraguense (Pcn) è all'opposizione. Infine,
il Partito comunista del Nicaragua (Pcdn), nelle elezioni del 1990,
si allea con la coalizione di centrodestra.
Proprio all'epoca dell'Indipendenza latinoamericana (e più in particolare
dei paesi che formano l'antica Capitanía general de Guatemala,
cioè l'istmo centroamericano) nel 1823 nasce la cosiddetta «dottrina
Monroe», elaborata da John Quincy Adams, futuro presidente degli
Stati Uniti dal 1825 al 1829, ed i suoi principî sopravvivono lungo
tutto il XIX secolo, sino alla presidenza di Theodore Roosevelt.
Theodore Roosevelt
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Prendendo il nome dal presidente James Monroe (in carica dal 1817 al 1825),
questa «dottrina» parte da tre fatti fondamentali: le pretese
russe sui territori a sud dell'Alaska sino al 51° parallelo, le minacce
della Santa alleanza e la guerra anglo-statunitense del 1813-1815 (la quale
dimostra la superiorità militare complessiva del Regno Unito).
La prima Costituzione del Nicaragua risale al 1838, ma, come vedremo in
seguito, il fatto di modificarla e sostituirla diviene un vero e proprio
sport nazionale; le date delle varie Costituzioni successive sono, infatti:
1854, 1858, 1893, 1896, 1905, 1911, 1939, 1948, 1950 e 1987
(modificata nel 1994).
Negli anni immediatamente successivi all'Indipendenza, questo piccolo paese
continua a svolgere le stesse funzioni economiche del periodo coloniale,
rifornendo di bestiame il mercato centroamericano. In tal modo si consolidano
le fattorie tradizionali, il minifondo ed un sistema finanziario a malapena
elementare; tutto ciò assicura, comunque, il potere delle oligarchie
locali.
La prima, vera, Costituzione del 1838, redatta sul modello di quella statunitense,
attesta l'esistenza fra i ceti medi ed alti di una sorta di liberalismo
dottrinario di ispirazione illuminista. Se da un lato le intenzioni «progressiste»
dei liberali sono in certa misura lodevoli, d'altro canto sono però
totalmente estranee alla realtà dell'ex colonia. Come tutta l'America
Centrale (eccetto il Costa Rica), infatti, anche il Nicaragua è
popolato in prevalenza da indios e meticci, gente poverissima e
totalmente analfabeta.
Il XIX secolo è caratterizzato da vari tentativi delle potenze europee
di consolidare il proprio potere economico-politico sull'area caraibica,
messo seriamente in discussione dalla nascita di una nuova potenza: gli
Stati Uniti d'America.
I grandi proprietari e l'alto clero, detentori del potere economico e sociale,
sono naturalmente contrari alle innovazioni, poiché da esse hanno
solo da perdere. Restano la piccola borghesia cittadina, i pochi professionisti
ed i militari di carriera: è in queste categorie, infatti, che nascono
i fermenti rinnovatori. Se la causa liberale è quella della giustizia
e del progresso, l'obiettivo clerico-conservatore è il mantenimento
tout court delle antiche condizioni coloniali e la difesa dei privilegi
feudali.
In questa difesa, l'alto clero è naturalmente solidale con i grandi
terratenientes (latifondisti), poiché i maggiori prelati
godono del retaggio di ricchezza e di potenza ereditato dai tre secoli
di colonia. Sin dal Cinquecento, infatti, sia i missionari che gli ecclesiastici
sono spesso i primi ad arrivare nelle contrade «selvagge»,
dove vi fondano numerosi villaggi, impiantano aziende agricole ed organizzano
sia la vita che i rapporti comunitari. È quindi logico che, nel
corso dei secoli, acquisiscano un notevole ascendente sia sugli indios
che sui creoli. Inoltre, in talune città, la posizione degli ecclesiastici
di fronte alle autorità governative, è molto forte: in certi
casi, il vescovo occupa anche la carica di governatore.
Il lungo conflitto interoligarchico che dilania il paese dalla metà
del XIX sino agli Anni Venti del XX secolo, costituisce una delle basi
per la presenza sempre più invadente degli interessi stranieri,
sollecitati dalla collocazione geopolitica del Nicaragua. Questi due elementi
si combinano fra loro in maniera a volte inestricabile, rendendo estremamente
travagliata e complessa la storia nicaraguense.
Le due fazioni in lotta (legittimisti e democratici, o conservatori e liberali)
hanno, come riferimento, le due città principali del paese: Granada
e León. I gruppi che si confrontano e si scontrano per vari decenni
sono rappresentativi, da un lato, degli interessi dei commercianti e dei
produttori di indaco e, dall'altro, degli allevatori e dei cerealicoltori.
Inoltre, data la potenza della Chiesa agli inizi del XIX secolo (grazie
al possesso di terre, denaro, amici influenti e seguaci fanatici), non
meraviglia che in Nicaragua, così come in tutta l'America Centrale,
le lotte politiche dei primi decenni di Indipendenza si combattano soprattutto
nel nome dell'abbattimento (o della difesa, a seconda della fazione) del
grande potere temporale della Chiesa stessa.
La lotta fra la élite conservatrice con base a Granada
ed i liberali con base a León, riflette
quindi interessi economici e stili politici assai differenti: l'oligarchia
leonese è senza dubbio più dinamica, più aperta e
più «moderna», è il centro dell'incipiente borghesia
agraria esportatrice, rappresentata dal Partito liberale. Il vero
punto di attrito è rappresentato dal monopolio che i granadinos
gestiscono a livello commerciale e doganale, con i conseguenti gravami
e le limitazioni alla libertà di commercio che gli avversari reclamano
a gran voce. I leoneses, dal canto loro, hanno anche un forte interesse
per lo sfruttamento delle notevoli risorse della Costa Atlantica e, non
a caso, sono i diretti responsabili del primo intervento militare statunitense,
volto a tutelare gli interessi relativi alla realizzazione di un canale
interoceanico che dall'Atlantico conduce al Pacifico.
Dal canto loro, sia la Gran Bretagna che gli Stati Uniti si inseriscono
all'interno di queste continue dispute, che sono comuni anche agli altri
paesi centroamericani. Mentre la potenza europea sostiene generalmente
i conservatori, dal canto suo, il nuovo colosso emergente appoggia i liberali.
Nel XIX secolo, del resto, il mondo inizia a cambiare: le distanze si accorciano
grazie all'uso delle macchine a vapore e le imbarcazioni che solcano i
mari trasportando merci e passeggeri, utilizzano questo nuovo sistema invece
delle vele. Questi mutamenti, durante la prima metà del XIX secolo
si ripercuotono anche in Centro-America e specialmente in Nicaragua.
Dopo l'Indipendenza dalla Spagna e la successiva formazione delle Province
unite del Centro-America, sin dal 1850 il Nicaragua acquisisce infatti
un'enorme importanza strategica per il governo di Washington. In questa
epoca, la Accessory transit company, controllata dall'armatore Cornelius
Vanderbilt, organizza una linea di transito fra i due oceani che prevede
un viaggio in nave da New Orleans sino alla foce del río San Juan,
con successivo trasbordo su battelli di piccola stazza, risalita del fiume
e traversata del Lago Nicaragua. Questa linea arriva a trasportare una
media di duemila persone al mese, con un guadagno netto nei primi cinque
anni di attività di undici milioni di dollari (il costo del biglietto
da New Orleans alla California è di trecento dollari e si risparmiano
due giorni di viaggio rispetto al percorso terrestre attraverso Panamá).
Per approfondire questi argomenti, si consiglia la lettura di:
Gustavo Beyaut, America centrale e meridionale. Dall'Indipendenza alla
crisi attuale, Feltrinelli 1968
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