Riportiamo l'articolo apparso su il manifesto del 23 aprile 1997
100 giorni da dimenticare
GIANNI BERETTA - MANAGUA
Riportiamo l'articolo apparso su il manifesto del 3 novembre 1998
Migliaia di morti
L'uragano "Mitch" devasta l'America centrale. Straripano i fiumi, cedono
le montagne. In
Nicaragua una frana ha sepolto un'area di 80 chilometri quadrati. Mentre
mezzo continente
conta le vittime di una calamità non naturale, nata dai mutamenti
climatici causati dall'uomo,
a Buenos Aires si apre il summit contro l'effetto serra
Un vento che soffia da occidente
Forse settemila le vittime in Honduras e Nicaragua
RE. ES. - ROMA
Fonti governative di Honduras e Nicaragua ieri sera hanno avanzato l'ipotesi
che i morti causati
dall'uragano Mitch ammontino alla spaventosa cifra di settemila. Tuttavia,
sono ancora cifre provvisorie.
Non si contano le centinaia di migliaia di senza tetto e di dispersi
in quasi tutto il Centro America, come è
per ora incalcolabile la stima dei danni. Dati ufficiali parlerebbero
per ora di una cifra attorno ai cento
milioni di dollari, soprattutto in Nicaragua e Honduras, ma è
troppo presto per una stima attendibile.
Mitch è uno dei quattro uragani più devastanti di questo
secolo e si è particolarmente accanito sul
Nicaragua, causando la spaventosa frana che si è staccata dal
vulcano spento Cerro Casitas e ha
sepolto, con una marea di terra e fango, un'area di 80 chilometri quadrati,
causando circa duemila
vittime. Il ministro della difesa, Pedro Joaquin Chamorro, ha parlato
di una "nuova Pompei". Con i suoi
quattro milioni di abitanti, il Nicaragua è, secondo l'Unicef,
uno dei paesi più poveri del continente: la
guerra che ha sconvolto il paese dal 1982 al 1990 e le molte calamità
ambientali sono le cause principali
della miseria. Il paese era stato colpito da un evento altrettanto
disastroso nel 1972, con il terremoto. Ora
numerose organizzazioni non governative tra cui il Mlal, che collabora
con il Movimento comunal
nicaraguense, prevede una prossima e drammatica emergenza alimentare
e sanitaria. Per questo, ha
previsto un fondo per gli aiuti di emergenza (bollettino postale c/c
n. 12808374 intestato a Movimento
laici America Latina viale Palladio 16, Verona. Oppure bonifico bancario:
beneficiario c/c 14039 intestato
a Movimento laici America Latina Credito Italiano ag. 3, Abi 2008 Cab
11799. Nei due casi è importante
indicare la causale: Emergenza Nicaragua, Dipartimento di Leòn).
Sconvolto dalla furia anche l'Honduras la cui capitale, Tegucigalpa
e altre località dell'interno, sono state
invase dalle acque straripate dai fiumi trasformando quelle zone in
altrettanti laghi desolati. In un
incidente, mentre sorvolava in elicottero le zone più colpite
dal disastro per cercare di organizzare i
soccorsi, è morto il sindaco della capitale.
In una settimana, Mitch ha messo in ginocchio mezzo continente. Prima
di arrivare in Nicaragua,
l'uragano, che viaggiava a forza 5 (la massima per un uragano) ha colpito
il Costarica, per trasferirsi in
Nicaragua, appunto e in Honduras, dove si sono avuti i danni maggiori,
e poi in Salvador, Guatemala e
Belize. E' stata una progressiva devastazione con interi villaggi travolti,
case e fattorie scoperchiate,
centinaia di cadaveri galleggianti nelle strade delle città
inondate da fiumi straripati, migliaia di ettari di
coltivazioni distrutti e bestiame falciato.
Ora l'uragano, che è stato "declassato" a tempesta tropicale,
si sta spostando sul Messico, in particolare
concentrandosi negli stati di Oaxaca, Tabasco e Chiapas. In quest'ultimo
sono ancora aperte le ferite per
le inondazioni di due mesi fa che hanno causato centinaia di morti
lungo la costa. Dal Chiapas sono già
state evacuate decine di migliaia di persone ed è stato posto
in stato di massima allerta tutto il
dispositivo militare che "controlla" la zona dove si trova l'esercito
zapatista.
Ecco il bilancio provvisorio dei paesi colpiti da Mitch dal 23 ottobre,
quando è comparso: Panama e
Costarica sono i paesi che hanno avuto meno vittime, dato che Mitch
non aveva ancora raggiunto la sua
massima potenza. Sette i morti, gravissimi i danni. In Guatemala sono
state 55 le vittime, tra cui 12 dei
18 passeggeri di un piccolo aereo partito da Quiche, nel nord del paese,
per portare soccorso agli
abitanti delle aree più disastrate. Il velivolo si è
schiantato contro una montagna. In Salvador la piena
del Rio Grande ha fatto straripare il fiume nel dipartimento di San
Miguel. L'inondazione ha spazzato via
un intero paese, Chilanguera: 150 casette di cui non vi è più
traccia, come della maggior parte degli
abitanti che non hanno avuto via di scampo. Solo in questa località
i morti accertati sono più di cento e
portano a 144 il numero delle vittime nel paese. Secondo l'unità
di crisi di San Salvador 17.235 persone
non hanno più nulla. In Honduras a causa dello straripamento
dei fiumi Rio Chiquito e Choluteca sono
362 i cadaveri recuperati, 357 i dispersi, 260.000 i senzatetto.
Una catastrofe annunciata e ignorata dal governo
GIANNI BERETTA
Nicaragua, ombelico delle Americhe; terra selvaggia di laghi e di vulcani.
Ma anche di catastrofici
eventi ambientali. Come il devastante passaggio dell'uragano Mitch,
che ha fatto franare uno dei vulcani
(il Cerro Casitas), col suo cratere colmo d'acqua, seppellendo le povere
case di una dozzina di villaggi.
Almeno duemila le vittime.
Fatalità di un disastro dal carattere eccezionale, direbbe qualcuno.
In realtà, al di là dei cambiamenti
macroclimatici del pianeta (di cui, casualità vuole, si sta
discutendo proprio da ieri a Buenos Aires in un
vertice mondiale convocato dall'Onu) e della tradizionale deforestazione
selvaggia in loco (che ha dato
spazio alle monocolture) esistono anche delle responsabilità
precise, oggi e sul posto. Era da almeno
giovedì scorso che gli organismi non governativi e l'opposizione
sandinista in parlamento scongiuravano
l'ultradestro governo di Arnoldo Aleman di dichiarare lo stato di allerta
nazionale e di adottare una serie
di misure preventive. Il grassone e ingordo Aleman ha fatto orecchie
da mercante, facendo sapere che
non avrebbe permesso che qualche aiuto internazionale venisse veicolato
attraverso le odiate Ong, e
perché voleva meschinamente evitare che i piccoli produttori
agricoli fossero legittimati a rimborsare i
crediti della semina ricevuti dalle banche. Ora Aleman non ha inserito
le Ong (neppure straniere) nel
comitato di emergenza nazionale: vuole che tutti gli aiuti convergano
a lui. Come accadde per il terribile
terremoto che rase al suolo il cuore di Managua nel '72, quando il
dittatore Anastasio Somoza ne
approfittò per rimpinzare le proprie casse personali.
Esiste poi un'altra grave colpa che coinvolge l'attuale corrotta compagine
di governo. Il Nicaragua è, suo
malgrado, avvezzo alle inclemenze della natura. Negli ultimi 15 anni
ha dovuto fare i conti con grandi
alluvioni, eruzioni vulcaniche e un maremoto. Tuttavia, durante la
rivoluzione, il governo sandinista aveva attrezzato un dispositivo di protezione
civile efficace, tale che, per esempio, quando l'uragano Joan entrò
a 220 Km/h a Bluefields sulla costa atlantica nell'ottobre dell'88,
fece registrare una sola vittima.
Ebbene quel dispositivo è stato completamente smantellato, come
anche le capillari campagne di
vaccinazione in tutto il paese. La prevenzione non è evidentemente
compatibile con le ricette neoliberiste di questi governi (imposte dal
Fmi e dalla Banca mondiale) che dispongono draconiani tagli alle già
esili
spese sociali di questi paesi.
Ci si potranno aspettare ora adeguati aiuti della comunità internazionale
per far fronte a uno stato di
calamità che rischia di convertirsi in un colpo mortale per
le fragili economie delle minuscole ma
densamente popolate nazioni centroamericane?Perché, oltre al
Nicaragua, anche l'Honduras è stato
duramente colpito, e il Salvador e il Guatemala (mentre ora Mitch,
trasformatosi in tormenta tropicale, si
muove verso il Chiapas). Tutti paesi in fondo alla lista nel recente
rapporto Onu quanto a sviluppo
umano. Certo c'è poco da essere ottimisti in un'epoca di alleggerimento
marcato della cooperazione
internazionale e della solidarietà. Ora gli Stati Uniti si preoccuperanno
come si mobilitarono
dispendiosamente (in quattrini e vite altrui) negli anni 80 per fermare
l'ondata rivoluzionaria o, più di
recente, per la lotta al narcotraffico? Perché dovrebbero se
non si sono preoccupati delle ricostruzioni
postbelliche di questi paesi e hanno abbandonato l'istmo centroamericano
in fretta e con grande
disinvoltura?
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