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CONTINUA LA RACCOLTA FIRME DELL’ASSOCIAZIONE NAZIONALE DI AMICIZIA ITALIIA-CUBA, CONTRO IL CRIMINALE BLOCCO DEGLI STATI UNITI CONTRO L’ISOLA. NEL MESE DI MAGGIO CUBA PRESENTERA’ UNA RISOLUZIONE DI CONDANNA  ALL’ASSEMBLEA GENERALE DELLE NAZIONI UNITE….

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Honduras “Denuncio lo Stato!”

Dirigente contadino accusa le autorità honduregne per averlo incarcerato per più di sette anni senza uno straccio di prova

Managua, 22 marzo (LINyM) -.

José Isabel Morales, conosciuto come “Chabelo”, ha passato quasi sette anni in carcere, accusato ingiustamente di delitti che non ha mai commesso. Ha subito tre processi basati sul nulla. In carcere è stato aggredito, minacciato di morte, ha perso un occhio e non gli è stato permesso di assistere ai funerali di suo padre e di sua figlia.
Membro del  Movimiento Contadino dell’Aguán (MCA) si è dichiarato fin dall’inizio prigioniero politico ed ha combattutto affinché trionfasse la verità. La solidarietà nazionale e internazionale lo ha accompagnato costantemente durante i processi a cui è stato sottoposto e nel maggio scorso, il massimo organo di giustizia honduregno ha riconosciuto la sua innocenza.
È stato quindi rilasciato e ha ricevuto la sua “carta de libertad” definitiva, il documento che oltre ad autorizzare la scarcerazione sancisce la sua piena e totale innocenza per i reati che gli erano stati attribuiti.
Chabelo ha finalmente potuto tirare un sospiro di sollievo e ora ha deciso di denunciare lo Stato alla Corte interamericana dei diritti umani, Cidh, per i soprusi subiti.
Sia per il dipartimento legale del Gruppo di riflessione, ricerca e comunicazione, Eric, che per la Clinica legale per i diritti umani dell’Università di Los Angeles, si tratta di un caso emblematico che mette a nudo le debolezze del sistema di giustizia honduregno “che solo attacca gli indifesi”.

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Per Berta Caceres-A Viterbo il 17 Marzo

A un anno dall’assassinio, vero femminicidio politico, dell’ambientalista femminista honduregna,iniziativa di solidarietà a Viterbo venerdì 17 marzo ore 17,00 all’ex Facoltà di Agraria, con la partecipazione di Francesco Martone (Associazione un Ponte Per…), promossa da A.U.C.S. ed Ass.ne Italia-Nicaragua.
“Ci ha trasmesso la forza di andare avanti, per operare trasformazioni radicali contro l’egemonia imperialista, il patriarcato, il razzismo e il modello energetico estrattivista.
Lei aveva l’innata capacità di trovare reti nelle singole lotte e d’inserirle in un contesto globale, unendo le rivendicazioni di tanti popoli oppressi.

Questa prospettiva internazionalista ha rappresentato una chiara minaccia al paradigma di sviluppo basato sull’arricchimento delle élite globali.
La sua morte, però, non sarà vana.
Continuerà a vivere nelle battaglie degli honduregni, che in suo nome si stanno moltiplicando.
Nonostante le differenze, le organizzazioni sociali e popolari si sono unite.
E al grido di “Berta è tornata e sarà milioni!” stanno gettando le basi per formulare un’agenda unitaria che garantisca la mobilitazione permanente”.
Dichiarazione di Bertita Zuniga Cacères (figlia di Berta Cacères) – a pochi mesi dall’ uccisione della madre

 

Honduras 1 anno fa

Berta Cáceres: un anno di impunità, silenzi e mobilitazione sociale

Un clamore che non cessa

Un anno fa, la notte del 2 marzo, sicari facevano irruzione nella casa in cui viveva l’attivista sociale e dirigente indigena Berta Cáceres e aprivano fuoco assassinandola. L’unico testimone dell’omicidio, il sociologo e ambientalista Gustavo Castro, è sopravvissuto all’attentato. Dodici mesi dopo, il crimine resta coperto da uno spesso velo di impunità.

Víctor Fernández, coordinatore dell’area legale del Movimento ampio per la dignità e la giustizia, Madj, e avvocato della famiglia di Berta Cáceres, ha analizzato per La Rel “quest’anno senza Berta”.
-Oggi si compie un anno dall’omicidio di Berta. Qual è la sua analisi?

-È stato un anno durante il quale il governo honduregno ha confermato l’intenzione di volersi impadronire del paese. L’impatto che ha avuto il crimine contro Bertita non è comunque riuscito a rompere questa struttura di dominio e controllo.

Non c’è alcun dubbio che il crimine contro la nostra compagna sia stato pianificato da una struttura criminale che ha usato tattiche e tecniche militari. Purtroppo, tutte queste informazioni vengono mantenute sotto stretto riserbo.

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Azione Globale davanti all’Ambasciata dell’ Honduras a Roma

Rispondiamo con forza all’appello del COPINH per chiedere giustizia a un anno dall’assassinio dell’attivista indigena Lenca Berta Cacères, ledear e coordinatrice del COPINH (Consiglio civico popolare degli indigeni dell’Honduras ).

TUTTE E TUTTI DAVANTI ALL’AMBASCIATA DELL’HONDURAS
A ROMA – 2 MARZO ORE 17.00

CON BERTA, VERSO l’OTTO MARZO

DICHIARAZIONE DI Bertita Zuniga Cacères (figlia di Berta Cacères) – a pochi mesi dall’ uccisione della madre

“Ci ha trasmesso la forza di andare avanti, per operare trasformazioni radicali contro l’egemonia imperialista, il patriarcato, il razzismo e il modello energetico estrattivista.
Lei aveva l’innata capacità di trovare reti nelle singole lotte e d’inserirle in un contesto globale, unendo le rivendicazioni di tanti popoli oppressi.
Questa prospettiva internazionalista ha rappresentato una chiara minaccia al paradigma di sviluppo basato sull’arricchimento delle élite globali.
La sua morte, però, non sarà vana. Continuerà a vivere nelle battaglie degli honduregni, che in suo nome si stanno moltiplicando.
Nonostante le differenze, le organizzazioni sociali e popolari si sono unite. E al grido di “Berta è tornata e sarà milioni!” stanno gettando le basi per formulare un’agenda unitaria che garantisca la mobilitazione permanente”.

APPELLO DEL COPINH

“Ad un anno dalla sua morte: Berta Vive, il Copinh continua” Il 2 marzo del 2016 hanno assassinato la nostra sorella Berta Cáceres.
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Berta Vive Copinh Sigue/ iniziative in Italia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Appello del COPINH alla giornata

 “Berta Vive, el Copinh sigue”

Il 2 marzo del 2016 la nostra sorella Berta Caceres è stata assassinata.
Credevano in questo modo di farla finita non solo con la leader riconosciuta in tutto il continente latino americano e nel mondo, ma anche farla finita con un’idea, con una lotta, con un progetto politico; farla finita con l’organizzazione della quale fu fondatrice e figlia allo stesso tempo, el Copinh (Consejo Cívico de Organizaciones Populares e Indígenas de Honduras).
Al compimento di un anno dal crimine che avrebbe tolto la sua chiarezza e la sua leadership, i popoli del mondo che si riconoscono nella sua eredità, sono presenti, camminando dietro le sue impronte; affrontando il sistema capitalista, patriarcale, coloniale e razzista che viene imposto ai nostri popoli. Continuiamo e continueremo affrontando i progetti di morte delle multinazionali e dell’imperialismo in ogni angolo del pianeta.

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Trump, i nuovi barbari e il “cortile di casa”

di Marco Consolo –

In questo articolo, non si pretende analizzare le linee della futura politica estera di Washington su scala globale, ma si cerca di mettere a fuoco il possibile rapporto con il suo tradizionale “cortile di casa”, l’America Latina ed i Caraibi. È più che probabile che continui e si intensifichi l’offensiva nei confronti dei governi “progressisti”, ed in particolare contro Cuba, la Repubblica Bolivariana del Venezuela, la Bolivia e l’Ecuador. Ma non c’è dubbio che le prime mosse hanno creato inquietudine e spiazzato anche gli alleati tradizionali degli USA in America Latina. Dopo la strategia del “soft power” dell’Amministrazione Obama e di Hillary Clinton (che ha organizzato ed appoggiato i “golpe istituzionali” in Honduras, Paraguay e Brasile), cambia la musica. Ma andiamo con ordine.
Trump land: America first
A pochi giorni dal suo insediamento a capo della potenza statunitense, Donald Trump è riuscito a battere alcuni record di politica estera. Tensioni con la Cina (a partire dal giorno stesso in cui si è insediato), l’Unione Europea e la Nato (che ha definito obsoleta), una crisi diplomatica con il Messico ed una forte tensione con i sette Paesi i cui cittadini hanno l’ingresso temporaneamente vietato o ristretto negli Stati Uniti, giudici permettendo.

Honduras Il posto più pericoloso per chi difende i beni comuni

Global Witness ha presentato un nuovo rapporto
Reazione inconsulta dell’apparato governativo honduregno

Tegucigalpa, 6 febbraio (Rel-UITA / LINyM) -. “Non esiste nessun altro posto al mondo in cui la probabilità di essere assassinato per il fatto di protestare contro la spoliazione delle terre e la distruzione della natura sia così elevata come in Honduras”, ha assicurato l’organizzazione Global Witness nell’ultimo rapporto presentato pochi giorni fa dal titolo: “Honduras: il posto più pericoloso per chi difende il pianeta”.
Secondo quanto riporta il documento, sono 123 gli attivisti difensori della terra e dei beni comuni assassinati dopo il colpo di Stato del 2009; altri ancora hanno subito minacce, sono stati perseguitati e incarcerati. Più del 90% di questi crimini rimangono tuttora impuniti.

Questi livelli di violenza e intimidazione colpiscono con forza le comunità rurali, indigene e contadine, in cui si sviluppano continue forme di resistenza e di lotta contro i progetti estrattivi e il saccheggio dei beni comuni.
Corruzione, saccheggio, criminalizzazione e impunità
…un cocktail letale
Questa situazione -assicura Global Witness- è il risultato di un cocktail letale in cui si combinano corruzione generalizzata, interessi del gran capitale nazionale e internazionale colluso con rappresentanti della classe politica e funzionari pubblici, totale assenza del diritto delle comunità al consenso previo, libero e informato e impunità.

Oltre a trovarsi al 123º posto su 176 paesi nell’Indice di percezione della corruzione di Trasparenza Internazionale, l’Honduras continua a essere il paese più disuguale dell’America Latina[1] già che di ogni 10 persone, 6 vivono in povertà e 4 di esse in povertà estrema[2].
La proliferazione di progetti legati ad attività minerarie, energetiche, agroindustriali e turistiche rappresenta uno dei capisaldi della strategia economica nazionale. Organizzazioni sociali segnalano che in Honduras esistono a oggi 714 progetti estrattivi e calcolano che circa il 30-35% del territorio sia già stato dato in concessione.
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