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CONTINUA LA RACCOLTA FIRME DELL’ASSOCIAZIONE NAZIONALE DI AMICIZIA ITALIIA-CUBA, CONTRO IL CRIMINALE BLOCCO DEGLI STATI UNITI CONTRO L’ISOLA. NEL MESE DI MAGGIO CUBA PRESENTERA’ UNA RISOLUZIONE DI CONDANNA  ALL’ASSEMBLEA GENERALE DELLE NAZIONI UNITE….

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Zucchero Nobel, zucchero maledetto!

Lavoratori Ingenio Taboga a Cañas (Foto G. Trucchi | Rel-UITA)Costa Rica : Stremati e delusi, centinaia di lavoratori e lavoratrici migranti provenienti dal vicino Nicaragua
hanno detto basta e hanno incrociato le braccia

 

Cañas, 16 marzo (Rel-UITA | LINyM) -. “Bisogna fermare subito questo orrore!”. È il grido di preoccupazione di Saray López, segretaria generale del Sindacato dei lavoratori dell’industria della canna da zucchero, Sintraica, un’organizzazione che fa parte della Federazione nazionale dei lavoratori dell’agroindustria, Fentrag.

“Qualche anno fa c’è stato un cambiamento ai vertici dello zuccherificio (Ingenio) Taboga e le condizioni di lavoro e i salari sono notevolmente peggiorati. Abbiamo quindi deciso di rispondere alla provocazione con una maggiore organizzazione, consapevoli che avremmo dovuto coinvolgere anche il personale stagionale, che viene assunto per il periodo della raccolta della canna da zucchero (zafra) da dicembre a maggio e che è composto quasi unicamente da migranti nicaraguensi.

Questa situazione – continua López – ci ha di fatto obbligati a rivedere la nostra strategia, intensificando la campagna di tesseramento tra i lavoratori e le lavoratrici stagionali (zafreros), che alla fine sono quelli che subiscono maggiormente le politiche aziendali di sfruttamento e discriminazione. In meno di tre mesi siamo riusciti a triplicare la quantità di iscritti”.

– (VIDEO)      Trabajadores del Ingenio Taboga SA dijeron ¡basta ya!

– (GALERÍA)  Trabajadores zafreros continúan movilizados

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Farabundo Martí sconfitto nelle urne

El Salvador : Destra salvadoregna controllerà il Parlamento e le principali città

di Marco Consolo

Il 4 marzo scorso, nel “pollicino d’America” si sono svolte le elezioni legislative (84 deputati in una sola Camera) e le elezioni comunali (262 comuni). Nonostante la presentazione di ricorsi in due dipartimenti del Paese, i risultati sono praticamente definitivi. Con un’affluenza di poco maggiore che quella delle elezioni legislative del 2015 (+ 70.000), il governante Fronte Farabundo Martí per la liberazione nazionale (FMLN) esce sconfitto da una dura contesa.

Il voto per i deputati si è concentrato in 4 partiti: la destra oltranzista di ARENA ottiene 39 deputati, 4 in più (822,422 voti); il Frente Farabundo Martì per la liberazione nazionale (FMLN) 23, ovvero 8 in meno, con 474.891 voti; GANA (destra “moderata”) 10 seggi con 222.547 voti; la destra della cosiddetta “famiglia militare” del Partido de Concertación Nacional (PCN) ottiene 9 deputati con 209.575 voti; PDC (Democrazia cristiana) 3 deputati con 61.604 voti; Centro Democratico (centro sinistra) 1; più un deputato senza partito [1].

Con questo risultato le destre ottengono sia la maggioranza semplice, che quella qualificata, anche se i voti di ARENA non saranno sufficienti, ma dovrà negoziare entrambe con le altre formazioni della destra.

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Honduras – ONU presenta rapporto sulla violazione ai diritti umani durante le elezioni

L’uso sproporzionato della forza da parte di poliziotti e militari provocò morti e feriti

Managua, 15 marzo (LINyM) -.

L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (Office of the High Commissioner for Human Rights, OHCHR) in Honduras ha presentato un rapporto sulla violazione ai diritti umani nel contesto delle elezioni generali dello scorso anno, che hanno lasciato un tragico saldo di almeno 23 persone morte e 60 ferite.
I comizi elettorali del 26 novembre sono stati offuscati da innumerevoli irregolarità e forti denunce di frode. Le proteste dei cittadini sono state represse con estrema violenza dai corpi armati dello Stato. Si sono contati a decine i morti, feriti e gli arrestati durante la crisi post elettorale.

Nel suo rapporto, l’OHCHR segnala che prima della giornata elettorale “ampi settori della popolazione avevano messo in dubbio la credibilità del sistema e dell’intera macchina elettorale”. La risoluzione della Corte suprema di giustizia che ha permesso l’iscrizione della candidatura del presidente uscente Juan Orlando Hernández a un secondo mandato, ha inoltre provocato un forte malcontento in quanto proibita dalla Costituzione.
Il giorno delle elezioni, i ritardi prolungati e le accuse di irregolarità nel conteggio dei voti hanno dato luogo a denunce di brogli. A partire dal 29 novembre si è scatenata un’ondata di proteste in tutto il Paese e il presidente Hernández ha imposto un coprifuoco di 10 giorni.

A partire da questo momento il livello di repressione è aumentato in modo vertiginoso.
L’analisi dell’OHCHR in Honduras rivela che la risposta dello Stato alle proteste “è stata la causa di gravi violazioni dei diritti umani”.
Sulla base di queste osservazioni, l’Alto commissariato considera che le forze dell’ordine – specialmente la Polizia militare dell’ordine pubblico (PMOP) e l’esercito – “abbiano fatto un uso sproporzionato della forza per controllare e disperdere le proteste, anche di forza letale che ha provocato morti e feriti tra i manifestanti e passanti”.

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Con il Forum Sociale Mondiale 2018 sotto i riflettori …

«È sempre necessario affermare che un altro mondo è possibile»

 Intervista con Bernd Nilles, direttore della Ong Azione Quaresimale Svizzera

Sergio Ferrari*
Numerose organizzazioni internazionali hanno sostenuto e promosso, sin dal principio, il processo no global radicato nel Foro Sociale Mondiale (FSM). Pur senza risparmiare critiche, molte di loro non rinunciano a vedere in questo spazio segni di speranza nella ricerca di un’alternativa al sistema.
“Se è vero che ci sono rischi di sofferenza, c’è anche un potenziale di resurrezione e di progresso”, afferma Bernd Nilles, direttore dall’aprile 2017 di Azione Quaresimale dei cattolici della Svizzera (AdC), una delle più importanti Ong svizzere di cooperazione. In precedenza, per nove anni, era stato segretario generale della CIDSE, una rete internazionale di agenzie di sviluppo cattoliche, di cui fa parte anche Azione Quaresimale. Entrambe attivamente coinvolte nel processo nato nel 2001 a Porto Alegre. Anche la CIDSE ha un rappresentante nel Consiglio Internazionale, istanza di promozione del Forum Sociale Mondiale.
 

Intervista

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El Salvador: a sinistra un cammino in salita

Il prossimo 4 marzo, in Centro America, El Salvador sarà chiamato alle urne sia per le elezioni politiche parlamentari (84 deputati), che per le municipali di 262 comuni.

I sondaggi, seppur poco affidabili, danno la vittoria alla destra, ma con un 47% di indecisi. Si tratta di un test importante, anche in vista delle elezioni presidenziali che si terranno il prossimo anno e determineranno il futuro governo in una Repubblica presidenziale. Quelle elezioni sono la vera incognita.
Come si ricorderà, dal 1980 al 1992 il “pollicino d’America” è stato dilaniato da una sanguinosa guerra civile, costata più di 70.000 morti e centinaia di migliaia di profughi interni e non.

Dal 1992 fino al 2009, il Paese è stato governato dalla destra oligarchica della Alianza Republicana Nacionalista (ARENA), responsabile diretta di crimini e massacri contro la popolazione durante la guerra.  Il governo di Arena ha realizzato una dura politica di aggiustamento strutturale neo-liberista che ha messo in ginocchio il Paese.  E a partire dal 1° gennaio 2001, El Salvador ha adottato il dollaro statunitense come moneta di corso legale, ipotecando pesantemente la sua politica economica e cambiaria.

Imn queste condizioni, nel 2009 il governo è passato al partito erede della guerriglia, il Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional (FMLN), prima con l’alleato indipendente Mauricio Funes, ed oggi con il Presidente Salvador Sánchez Cerén, ex-comandante guerrigliero, firmatario degli Accordi di Pace. Gli ultimi due governi dell’FMLN sono riusciti a lavorare a beneficio della popolazione, nonostante abbiano nuotato contro corrente, con una camicia di forza istituzionale e contro un apparato statale che la destra ha blindato da quasi duecento anni.

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El Salvador: a sinistra un cammino in salita

 

Dal Nord al Sud Italia Berta Vive!

Sono passati due anni dal vile assassinio di Berta Caceres, uccisa in casa sua da sicari durante la notte tra il 2 e il 3 marzo 2106.
Ma la voce di questa donna che difendeva la sua terra e i diritti del popolo Lenca non si è spenta, anzi, si è moltiplicata.
Oggi in Honduras continuano le violenze, la repressione e l’impunità.
E mentre non si smetterà di chiedere giustizia per la sua morte, migliaia e migliaia di uomini e donne, in tutto il mondo, hanno assunto l’impegno di portare avanti la lotta di Berta, non solo in Honduras.

 

Berta Vive
Copinh Sigue

 

 

 

 

 

 

 

 

Brasile

“L’ex presidente Lula ha diritto a candidarsi alle prossime elezioni” Joao Pedro Stédile

Ampia intervista sulla congiuntura brasiliana

(cortesia Giorgio Trucchi)
Rio de Janeiro, 23 febbraio (Denise Assis | O Cafezinho) -. Il leader del MST e del Fronte Brasile Popolare, João Pedro Stédile, ritiene che la soluzione alla crisi attuale – “la più grave dopo quelle già vissute nel 1930, 1960 e il 1980” – dipenda da una vasta articolazione di forze sociali. “Unite, aiuterebbero a elaborare un nuovo progetto per il Paese”, ha detto.
Il Fronte Brasile Popolare è una specie di fronte ampio, composto da 88 movimenti popolari e correnti di partito. Insieme, hanno il ruolo di analizzare costantemente la situazione e delineare gli scenari per le soluzioni.

Secondo Stédile, l’ex presidente Luiz Inacio Lula da Silva dovrebbe iscrivere la sua candidatura il 15 agosto prossimo, come già annunciato dal Partito dei lavoratori, PT, e correre anche se si trovasse in carcere. Se ciò si verificasse, il dirigente del MST sarebbe a favore della disobbedienza civile. “L’idea che tutte le persone possano ribellarsi contro le leggi o i governi che non esprimono la volontà della maggioranza o che applicano procedure chiaramente ingiuste e disumane, non è una novità politica”, sostiene. “Ha la sua origine nella chiesa”.
Nonostante ciò, il dirigente mostra preoccupazione per la situazione e per quanto podrà accadere. “La stragrande maggioranza delle persone non è organizzata. Quindi abbiamo bisogno di unire due elementi: spiegare alle persone chi sono i colpevoli di questa situazione e chi è il loro vero nemico e contemporaneamente, organizzarle per la ribellione”.
La situazione politica del Brasile
1.- Il momento attuale è molto confuso dal punto di vista politico. Ma i movimenti sociali, tanto il MST quanto il MTST appaiono agli occhi della società abbastanza forti e organizzati. A che cosa si deve questo?

JPS:  Il Brasile vive una grave crisi economica, che ha portato come conseguenza una crisi sociale, con la crescita della disuguaglianza, della disoccupazione e della disperazione. Da tutto ciò è scaturita una crisi politica poiché la borghesia brasiliana ha realizzato un golpe mediatico-giuridico-parlamentare  per ottenere il controllo assoluto dei quattro poteri, in modo da rovesciare tutto il peso della crisi economica sulla classe lavoratrice.
Il paese ha vissuto crisi altrettanto gravi nel 1930, 60 e 80. E tutte ci hanno insegnato che la via d’uscita è di lungo periodo e dipende da un’ampia articolazione di forze sociali che si raccolgano intorno a un nuovo progetto.

In questi periodi di crisi, i settori meno organizzati, le masse, sono disorientati. E le organizzazioni politiche, che non abbiano fatto una lettura corretta della congiuntura, perdono anch’esse di rilevanza.  Ci sono molti personaggi pubblici e partiti che non sanno cosa dire. O dicono solo sciocchezze di cui nessuno tiene conto.
Noi abbiamo affrontato molte difficoltà come MST perchè la riforma agraria è paralizzata da quattro, cinque anni, senza reali conquiste. Anche per questo abbiamo impiegato grandi energie nel costruire il Fronte Brasile Popolare, come una specie di Fronte ampio, composto da 88 movimenti popolari e correnti di partito,  per collegarci, analizzare permanentemente la congiuntura e decidere cosa fare insieme. E’ questo che abbiamo fatto negli ultimi due anni.
La via d’uscita da questa crisi storica dipenderà anche dalla creazione di un Fronte più grande, che raccolga la maggior parte delle forze popolari, soprattutto quelle ancora disorganizzate. Per ora, queste forze popolari disorganizzate non sono attive,  tuttavia hanno indentificato Lula come il loro simbolo di cambiamento. Dobbiamo anche riuscire ad attrarre verso un progetto di nazione forze sociali che sono ancora isolate.
Speriamo che nei prossimi mesi e anni, le masse si mettano in movimento, spinte dall’indignazione e dalla volontà politica di costruire un nuovo progetto di paese. E’ successo in altri periodi della nostra storia  e, ne sono sicuro, tornerà a succedere in breve tempo in Brasile.
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L’aggressione al Venezuela.

PREMESSA Mentre il presidente colombiano Juan Manuel Santos ordina di chiudere la frontiera con il Venezuela e muove 3.000 militari nell’area, e mentre il capo del comando Sud degli Stati uniti, Kurt Tidd, rende nota la presenza di forze militari del suo paese nella regione del Tumaco, in Colombia per incontri con l’esercito colombiano volti a “contrastare le minacce alla sicurezza”, in questo scenario insomma da guerra per procura, è opportuno leggere l’articolo (che ho tradotto in italiano da M.Correggia) del giornalista venezuelano Eleazar Díaz Rangel.

nb:foto.da rete.

Eleazar Díaz Rangel | L’aggressione al Venezuela.
E’ imminente l’invasione militare dalla Colombia?

http://www.ultimasnoticias.com.ve/noticias/opinion-mini-site/eleazar-diaz-rangel-las-agresiones-a-venezuela/

Mai prima d’ora il pericolo di un’aggressione militare al Venezuela è stato così vicino; una possibilità reale della politica attuale di Washington, anche se ricordiamo altre epoche di tensioni, avvertimenti e sanzioni contro l’economia del paese, a partire dal maggio 2001 quando, poco dopo l’arrivo di Hugo Chávez al governo, un funzionario dell’intelligence militare scoprì il Plan Balboa –  in Spagna, prove di invasione militare da parte di Stati uniti e Nato -, fino al presidente Barack Obama che nel 2015 considerava il nostro paese “una minaccia inusuale e straordinaria” per la sicurezza degli Stati uniti e la loro politica estera.
Perché questa mia conclusione? Prima di tutto, per la presenza di Trump alla guida degli Usa, con l’appoggio dei settori più reazionari e imprevedibili della politica di quel paese, capaci di creare crisi importanti simultaneamente in Venezuela e nella penisola coreana. E non è solo la presenza di Trump, ma le sue parole, le sue minacce concrete.
Queste condizioni, ovviamente, in sé non sarebbero sufficienti a confermare la gravità della situazione. Ma nella regione si sono verificati cambiamenti importanti. Non possiamo più contare su Lula o Dilma in Brasile, né sui Kirchner in Argentina, e in Ecuador non c’è più Correa. Sono assenze non da poco per lo sviluppo dei piani di Washington nei confronti del Venezuela. Aggiungiamo la creazione del gruppo di Lima come strumento che segue fedelmente le linee tracciate dagli Stati uniti nella loro ossessione contro il nostro paese.

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Alle porte del Foro Sociale Mondiale 2018 di Salvador de Bahia

Una crescita problematica

di Sergio Ferrari*

A diciassette anni dalla sua prima edizione nel 2001, il Foro Sociale Mondiale (FSM) torna al suo paese d’origine: la prossima edizione si svolgerà tra il 13 e il 17 marzo 2018 a Salvador de Bahia, nel nord-est del Brasile.
Una breve vita in cui le dinamiche di sviluppo e di crescita non sono state né lineari né progressive. Il Forum, come principale spazio internazionale per l’incontro e la riflessione degli attori sociali, affronta oggi la sfida della propria ridefinizione, reinvenzione e ricostruzione concettuale. E la sua “adolescenza”, volta a promuovere “un altro mondo possibile”, si dimostra ancora più complessa nel quadro dell’intricato contesto latinoamericano e mondiale.
All’origine del 1° Foro Sociale Mondiale nel 2001, nella Porto Alegre del bilancio partecipativo, non vi era alcuna ricetta. Tutto era intuizione, ampia riunione nella diversità e in un momento internazionale favorevole di contestazione e di proteste globali.
Da quel primo incontro nacque la Carta dei Principi, che costituisce il suo quadro concettuale e funzionale di riferimento.Nelle successive due edizioni (2002 e 2003), nella stessa città del sud del Brasile, la capacità di convocazione del FSM superò tutte le aspettative.Un veloce passaggio a Mumbai, in India, nel 2004, per quello che costituì il Forum dei “Dalit” (i senza casta) e che divenne uno dei più riusciti, con quasi 100 mila partecipanti. E poi il ritorno a Porto Alegre nel 2005. Edizioni tutte, fino ad allora, che videro una rapida crescita che superò le aspettative più ottimistiche, comprese quelle dei suoi stessi organizzatori.

Nel 2006 la formula innovativa di un FSM decentrato in tre continenti, realizzato a Caracas (Venezuela), Karachi (Pakistan) e Bamako (Mali), diede segnali di allarme. Non era più possibile per i movimenti sociali e le loro reti internazionali essere presenti ogni anno in queste riunioni internazionali: sostenevano che dovevano tener conto delle proprie priorità di organizzazione e mobilitazione locale e nazionale. Il FSM correva quindi il rischio di una presenza prevalente di ONG e reti internazionali, dotate di maggiori risorse finanziarie e con minori pressioni dai quotidiani fronti di lotta. 

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