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Honduras Caso Berta Cáceres: le vittime si ribellano

Caso Berta Cáceres: le vittime si ribellano

Denunciano farsa giudiziaria e nullità di qualsiasi atto del tribunale

Tegucigalpa, 27 ottobre (ALAI | LINyM) -.

A seguito della decisione della prima sezione penale del Tribunale di Tegucigalpa di escludere i rappresentanti legali delle vittime dal processo per l’omicidio di Berta Caceres e il tentato omicidio dell’attivista messicano Gustavo Castro, la famiglia della dirigente indigena assassinata, il Copinh e gli avvocati del Movimento ampio per la dignità e la giustizia, Madj, e il Comitato per la Libera Espressione, C-Libre, hanno dichiarato che considereranno illegale e privo di validità qualsiasi provvedimento del tribunale.

La decisione delle parti lese e dei loro rappresentanti è stata annunciata in conferenza stampa durante la quale sono state presentate le innumerevoli irregolarità commesse dagli organi di giustizia nel corso degli ultimi due anni e mezzo.

L’esclusione dei rappresentanti legali è avvenuta lo scorso 19 ottobre, dopo che i giudici avevano di fatto imposto l’inizio del processo nonostante esistesse un’instanza di ricusazione contro di loro. Gl stessi giudici avevano poi ‘nominato’ il Pubblico ministero como unico rappresentante delle vittime.

“Il Pm non ha mai veramente rappresentato le vittime, nè lo farà mai. Durante tutto questo tempo si è comportato più come difensore che come accusatore e si è sempre rifiutato di presentare alle parti le prove raccolte. I giudici gliel’hanno permesso. Stiamo assistendo a una vera e propria farsa e quindi tutto ciò che faranno sarà illegale. I giudici devono essere sostituiti subito perché non sono credibili, nè imparziali”, ha detto Bertha Zúniga, coordinatrice del Copinh (Consiglio civico delle organizzazioni popolari e indigene dell’Honduras).

Tutto è illegale

“La decisione del tribunale di imporre come rappresentanti legali quelle stesse persone che sono state più volte fatte oggetto di pesanti critiche e addirittura denunciate per abuso d’ufficio, violazione dei doveri da parte del dipendente pubblico, mancata tutela della vittima e mancata esecuzione di provvedimento giudiziario, è un’offesa alla dignità delle parti lese e costituisce una rivittimizzazione”, ha detto Víctor Fernández, difensore della famiglia della Cáceres.

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Comunicato delle donne nicaraguensi residenti in Aragona

Comunicato delle donne nicaraguensi residenti in Aragona

PATRICIA ARDILAS, KASSIA CASTELLÓN, SOCORRO CASTILLO, BELKI GAMBOA, CLAUDIA HERNÁNDEZ, MARÍA PARAJÓN, FABIOLA SCHÄFER, DOLORES TÉLLEZ, MARTINA VALLE y JOSEFINA ZELEDÓN

A fronte dei  vari comunicati e delle azioni realizzati da diversi collettivi femministi , sia del Nicaragua che dell’Aragona,  i quali  pretendono  rappresentare  il popolo del Nicaragua, e in particolare le donne;  e vista la piega che hanno preso gli eventi ,  abbiamo deciso di esprimere  la nostra opinione.
Siamo donne nicaraguensi, migranti, che risiedono da lungo tempo in Aragona. Siamo femministe,
e QUESTE DONNE NON CI RAPPRESENTANO.
Abbiamo ascoltato dai comunicati, dalle reti sociali e perfino nei mezzi di comunicazione, che bisognava abbattere il governo; però mai abbiamo sentito proposte o alternative per il miglioramento della situazione politica, economica e sociale della popolazione del Nicaragua, e nello specifico delle donne nicaraguensi.

Quelle  donne che dicono di rappresentare hanno dovuto subire  la presenza di più di mille barricate in tutto il paese,  che hanno impedito loro di raggiungere il loro posto di lavoro,  hanno dovuto pagare dei pedaggi per  poter attraversare quelle barricate o non hanno potuto svolgere la loro attività produttiva, com’è  il caso di migliaia di donne che gestiscono  un piccolo commercio.
Questo fatto ha portato un gran numero di donne a perdere  il loro mezzo di sussistenza, ricadendo nell’estrema povertà; e tenendo conto che in Nicaragua  molte donne sono il sostegno economico della loro famiglia,  ci chiediamo:  la povertà estrema ha mai aiutato le donne ad acquisire potere?

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Honduras “La gente fugge dal terrore e dalla miseria”

“La gente fugge dal terrore e dalla miseria”
L’ipocrisia di un governo spurio ‘protetto’ dagli Stati Uniti

Managua 22 ottobre (LINyM | ALAI) -.

Ogni giorno circa 300 persone fuggono dall’Honduras. La maggioranza va verso gli Stati Uniti, non tanto perché credano al “sogno americano”, ma perché preferiscono intraprendere un viaggio pieno di pericoli e dai risultati incerti piuttosto che vivere in un paese in cui imperano incontrastate povertà, violenza e mancanza di opportunità.
Per proteggersi a vicenda, un gruppo di cittadini, intere famiglie con bambini, anziani e anche disabili, hanno deciso di viaggiare insieme. Sabato 13 ottobre si sono dati appuntamento nella città di San Pedro Sula. In poche ore il numero di persone era raddoppiato.

Più passavano le ore e più la “carovana” s’ingrossava. Dopo avere raggiunto in più di 6mila la capitale guatemalteca, il gruppo ha proseguito verso il confine messicano. Nonostante la repressione della polizia, in migliaia sono riusciti a raggiungere il Chiapas e camminano verso nord (secondo le ultime notizie sarebbero circa 7 mila le persone ripartite da Tapachula).

Almeno 2 mila persone sono ancora bloccate sul ponte internazionale “Rodolfo Robles” in attesa dei controlli migratori. In molti si sono invece buttati dal ponte nel fiume Suchiate e hanno proseguito il viaggio con imbarcazioni improvvisate o semplici camere d’aria.
E’ di ieri la notizia del decesso di un cittadino honduregno caduto da un camion a cui, insieme a decine di compagni di viaggio, aveva chiesto un passaggio per raggiungere la frontiera..

Commovente la solidarietà del popolo guatemalteco che non ha lesinato sforzi per soccorrere le persone in fuga.

Intanto altre migliaia hanno iniziato il loro viaggio verso le frontiere del Guatemala ed El Salvador, i cui lati honduregni sono oramai stati militarizzati dal governo di Juan Orlando Hernández. Migliaia di cittadini prigionieri nel proprio paese.


Sì perché queste persone disperate, vittime di un modello politico ed economico fallimentare, corrotto e responsabile di povertà e disperazione, spaventa le autorità. I presidenti dell’Honduras e del Guatemala sono corsi immediatamente ai ripari incolpando dell’esodo l’opposizione politica più radicale. Uno show mediatico con cui tentano disperatamente di salvare il salvabile.

Lo stesso ha fatto il presidente Donald Trump, che ha tuonato contro i governi del ‘triangolo nord’ e del Messico, accusandoli di non essere capaci di controllare i propri cittadini e minacciandoli di chiudere il rubinetto dei finanziamenti e degli aiuti. È anche pronto, dice,  a chiudere la frontiera sud degli Stati Uniti con il sostegno dell’esercito.

È evidente il tentativo del presidente statunitense di usare politicamente lo spauracchio dei migrantes, per cercare di recuperare punti nelle elezioni di metà mandato in cui i repubblicani sono in netto svantaggio.

Nessuno fermerà una valanga umana

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Bollettino Nicarahuac

Bollettino Nicarahuac 146
In questo numero:
Pag. 1-2
RIUNIONE ASSOCIAZIONE ITALIA NICARAGUA
– DI FALLITI GOLPE E SINISTRE CONFUSE di M. Angelilli
Pag. 3-4-5
HONDURAS: CASO BERTA CACERES di Giorgio Trucchi
– CUBA FORUM SAN PAOLO (SOSTIENE  NICARAGUA) 
Pag. 6-7
BRASILE VERSO LE ELEZIONI DEL 7 OTTOBRE di Sergio Ferrari
Pag. 8
MURALES CHIESA SANTA MARIA DEL LOS ANGELES MANAGUA
 

Honduras Miriam Miranda: Parlare di Berta

Honduras: Miriam Miranda: “Parlare di Berta vuol dire parlare delle lotte che ci aspettano

L’eredità che ha lasciato al mondo

Tegucigalpa, 25 settembre (Rel-UITA | LINyM) -.

Il pensiero politico e l’eredità di Berta Cáceres sono stati gli argomenti al centro dell’incontro “No se agüiten, compas”, organizzato dalla RNDDHH1 e realizzato nell’ambito delle attività che hanno accompagnato l’inizio del processo contro gli imputati per l’omicidio della dirigente indigena lenca.

Miriam Miranda, coordinatrice di Ofraneh2, ha conversato con La Rel su questo momento così importante.

-In che contesto si svolge il processo?

-È un contesto ostile che rende complicata la ricerca della verità. Non dobbiamo dimenticare che subito dopo l’omicidio di Berta, lo Stato ha promosso una strategia per nascondere il vero motivo del crimine. Inoltre ha ordito una trama con l’evidente intenzione di distorcere la figura e il pensiero di Berta.

Non vogliono che si sappia che Berta è stata uccisa per il lavoro e le lotte portate avanti, insieme al Copinh3, per la difesa della terra e dei beni comuni, per i diritti dei popoli indigeni e contro il modello neoliberista, razzista e patriarcale che sviluppa progetti di morte.

Per questa ragione sul banco degli imputati non ci sono gli autori intellettuali del crimine, quelli che cioè hanno ordito e finanziato l’omicidio. Non hanno nemmeno accettato che il Copinh partecipasse come parte offesa, nè che i membri della famiglia Atala Zablah-4 fossero citati come testimoni del processo.
Per questa ragione, il pubblico ministero si è rifiutato un’infinità di volte di mettere a disposizione delle parti tutte le informazioni e le prove raccolte.

Lo Stato è complice e non c’è volontà politica di arrivare alla verità. Non ha nemmeno avuto la decenza di chiudere una volta per tutte il progetto idroelettrico Agua Zarca, che è la causa del conflitto che ha portato all’omicidio di Berta.

-C’è un clima molto ostile nei confronti di chi difende la terra e i beni comuni.

-Esatto. E questo va oltre il caso di Berta. In Honduras esiste una chiara volontà di difendere a tutti i costi un modello che saccheggia e depreda. Chi si oppone lo fa a suo rischio e pericolo.

Ci stigmatizzano, ci criminalizzano, ci minacciano e ci assassinano. Dicono che siamo contro lo sviluppo, che siamo dei vandali, dei criminali, dei terroristi. E intanto infuria la repressione con nuove espropriazioni e lo sfollamento di intere comunità che lottano contro le miniere, i progetti energetici e l’espansione della palma africana.

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Honduras Caso Berta Cáceres:non vogliono che sia un precedente di giustizia

Honduras
Caso Berta Cáceres: non vogliono che sia un precedente di giustizia

Con l’approssimarsi delle date dell’inizio del processo si stanno moltiplicando i tentativi di minare la credibilità dei testimoni e delle indagini indipendenti. Difendere la terra e i beni comuni continua ad essere un’attività estremamente pericolosa.
Di Giorgio Trucchi

Dal 17 settembre al 19 ottobre si svolgerà in Honduras il dibattito orale e pubblico contro otto persone accusate di aver partecipato nella preparazione ed esecuzione dell’omicidio della dirigente indigena lenca Berta Cáceres. Fra gli imputati ci sono ex-militari e militari attivi come anche dirigenti dell’impresa Desarrollos Energéticos SA (Desa), che è titolare della concessione e del progetto idroelettrico Agua Zarca.

Sergio Rodríguez, direttore dell’area sociale, ambientale e di comunicazione di Desa, Mariano Díaz Chávez, maggiore dell’esercito e veterano delle forze speciali, Douglas Bustillo, luogotenente in ritiro dell’esercito ed ex capo di sicurezza di Desa ed Henry Hernández Rodríguez, sergente e tiratore scelto delle forze speciali, fanno parte di questo primo blocco. Roberto David Castillo Mejia, ex direttore generale di Desa, è in attesa del rinvio a giudizio.

Da anni il Copinh [1] – organizzazione della quale Cáceres fu coordinatrice – lotta con impegno per frenare il tentativo da parte di Desa e dell’impresa di stato cinese Sinohydro di realizzare il progetto. L’opera non è mai stata socializzata con le comunità della zona e genererebbe gravi impatti ambientali, in modo particolare al Rio Gualcarque, sacro per il popolo Lenca.
Questo lungo conflitto ha generato divisioni e scontri. La zona di Rio Blanco, Intibucà, è stata ripetutamente militarizzata e membri delle comunità locali lenca sono stati perseguitati, repressi, hanno subito attentati, la loro lotta è stata oggetto di criminalizzazione e persecuzione giudiziale. Gli attacchi contro le attiviste e attivisti del Copinh lasciano un saldo di varie persone ferite o assassinate.
È in questo contesto di difesa dei territori e delle risorse comuni, di persecuzione e repressione, che Berta Cáceres fu assassinata la notte fra il 2 e 3 marzo del 2016 da un commando armato.

Mancano gli autori intellettuali
Sia il Copinh che i familiari della dirigente indigena assassinata assicurano che tuttavia lo Stato non ha voluto indagare sui mandanti del crimine.

Bertha Zúniga, attuale coordinatrice del Copinh e figlia di Berta Cáceres, in un’intervista rilasciata a Radio Mundo Real [2] ha parlato dell’importanza del processo: “Non è il processo che vorremmo perché mancano gli autori intellettuali del crimine. Piuttosto è un gesto che il governo vuol fare di fronte alla comunità internazionale che sta esigendo giustizia. Nonostante questo sarà un processo storico che darà un segnale importante contro l’ingiustizia. Vogliamo  – ha continuato Zúniga – che questo processo non sia solo “Giustizia per Berta”, ma contribuisca a produrre cambi strutturali nel paese. Che serva a denunciare e trasformare situazioni di fondo che accadono in Honduras, come assassinii, persecuzioni e repressione che rimangono nell’impunità” ha manifestato.

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Honduras 23 agosto

Copinh denuncia patto di impunità nel caso Berta Cáceres

Pubblico ministero accusato di nascondere le prove che inchioderebbero gli autori del crimine
Tegucigalpa, 23 agosto (LINyM) 

Il Consiglio civico delle organizzazioni popolari e indigene dell’Honduras, Copinh, accompagnato dai rappresentanti legali della famiglia di Berta Cáceres, ha nuovamente denunciato il patto d’impunità che starebbe condizionando le indagini sull’omicidio della dirigente indigena assassinata il 2 marzo 2016.

In diverse occasioni, sia il Copinh che la famiglia della Cáceres hanno denunciato il rifiuto della Procura -in particolare del procuratore speciale per i delitti contro la vita- di permettere ai propri legali l’accesso alle informazioni e alle prove ricavate dalle indagini sull’omicidio.

Per ben 35 volte i funzionari della Procura si sono rifiutati di consegnare copia delle informazioni raccolte durante e dopo le perquisizioni realizzate nei locali e proprietà dell’impresa Desarrollos Energéticos SA (DESA), titolare del progetto idroelettrico Agua Zarca contro il quale Berta Cáceres e il Copinh lottavano da anni. Lo stesso è avvenuto con le prove raccolte contro le persone accusate dell’omicidio e che potrebbero rivelare i legami tra l’impresa stessa e la morte violenta della dirigente indigena.

(LEGGI qui un ampio reportage pubblicato da ALAI)

Durante una conferenza stampa, il Copinh e lo staff legale del Movimento ampio per la dignità e la giustizia, Madj, hanno rivelato che nonostante il Tribunale di Tegucigalpa abbia emesso ben cinque ordinanze con le quali intima alla procura la consegna delle informazioni, i funzionari continuano a mettere in atto tattiche dilatorie.

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NICARAGUA: Commissione della Verità

Commissione della Verità pubblica analisi comparativa delle liste delle vittime degli scontri
Errori e incongruenze nei rapporti della Cidh e Anpdh

Managua, 23 agosto (GT | LINyM / WM | Barricada) 

La Commissione della verità, giustizia e pace, Cvjp, ha presentato un’analisi comparativa dei tre principali rapporti sulle vittime degli scontri in Nicaragua, pubblicati recentemente da organizzazioni dei diritti umani nazionali e internazionali. Il rapporto della Commissione della verità analizza i decessi avvenuti durante il periodo che va dal 18 aprile (inizio della crisi socio-politica in Nicaragua) al 15 agosto.

Secondo questa commissione creata dal parlamento nicaraguense sarebbero 269 le persone decedute nel contesto della crisi.
Cifre molto diverse sono quelle presentate per il momento sia dalla Commissione interamericana dei diritti umani, Cidh, che dall’Associazione nicaraguense pro diritti umani, Anpdh. Le differenze tra i numeri dipendono essenzialmente dalla presenza in questi due rapporti di persone senza nome, nomi duplicati delle vittime e persone decedute al di fuori del contesto degli scontri.

Guarda e scarica il documento di analisi comparativa della Commissione della verità

Cairo Amador, membro del Cvjp, ha spiegato in conferenza stampa che la decisione di realizzare quest’analisi comparativa è stata presa dopo che il cardinale Leopoldo Brenes ha chiesto pubblicamente alle organizzazioni di diritti umani, nazionali e internazionali, di riunirsi per confrontare i dati e cercare di arrivare ad un consenso rispetto alla cifra delle persone decedute a causa delle crisi che ha scovolto il Nicaragua durante gli ultimi tre mesi.

-Jaime López Lowery, altro membro della commissione parlamentare, ha aggiunto che con questo lavoro di analisi è stato fatto un passo in avanti importante, ma che comunque c’è ancora molto da lavorare.

“Arrivare alla verità non è facile. C’è ancora molta gente a cui non piace quando la verità su questi tre mesi viene a galla e diventa pubblica”, ha detto Adolfo Jarquín, viceprocuratore dei diritti umani e membro della Cvjp.

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Golpe fallito?

Golpe fallito in Nicaragua?

Nonostante l’insistente pressione internazionale, l’opposizione sembra non godere più del sostegno popolare necessario per raggiungere i propri obiettivi

Managua, 17 agosto (Charles Redvers | Open Democracy | GT LINyM) -.

Per tre mesi, Daniel Ortega e il suo governo sono stati sottoposti a intense pressioni da parte di manifestanti, gruppi di opposizione, media locali e politici della destra conservatrice statunitense, affinché abbandonassero il potere. A metà luglio è diventato però chiaro che, nonostante la stampa internazionale continui a parlare di un paese sull’orlo del collasso, il Nicaragua sta lentamente ritrovando una certa tranquillità e normalità. Come è possibile che un movimento di protesta che appariva indistruttibile abbia perso forza in così poco tempo?

Ortega è al potere dal 2007. Nelle ultime elezioni (2016) ha ottenuto il 72% dei consensi e fino a poco tempo fa quasi tutti i sondaggi mostravano un alto grado di apprezzamento nei confronti del governo. Nonostante ciò, basta leggere i principali organi di informazione nazionali e internazionali per avere l’impressione che la popolazione nicaraguense provi nei suoi confronti un profondo disprezzo.
Persone e organizzazioni che si riconoscono e diffondono l’hashtag #SOSNicaragua lo definiscono “un tiranno impegnato a reprimire nel sangue la rivolta”.
I detrattori locali condividono totalmente questa visione. Lo scorso 10 luglio, per esempio, Vilma Nuñez, attivista per i diritti umani, ex alleata di Ortega passata poi all’opposizione, ha detto alla BBC che il presidente sta portando avanti un “piano di sterminio” contro il popolo.

Quando, alcune settimane fa, i ‘ribelli’ hanno preso il controllo -per un breve periodo- di una città, i loro leader hanno affermato di aver posto fine a “undici anni di repressione“. #SOSNicaragua afferma addirittura che Ortega è un tiranno di lunga data “odiato ancora di più di Somoza” (riferendosi a Anastasio Somoza e alla sua famiglia, che hanno governato con il pugno di ferro il Nicaragua per oltre 40 anni).
Fakenews
Uno sguardo ai social network confermerebbe che ci sono molte persone che condividono questo pensiero. Quegli stessi social che hanno giocato un ruolo molto importante all’interno della crisi e che hanno contribuito ai momenti di maggiore popolarità dei manifestanti anti-governo. Ma il primo grosso errore dell’opposizione è stato proprio l’uso di una retorica esagerata, che ha portato la gente a domandarsi se la realtà coincidesse con la percezione di realtà creata dai social.

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