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CONTINUA LA RACCOLTA FIRME DELL’ASSOCIAZIONE NAZIONALE DI AMICIZIA ITALIIA-CUBA, CONTRO IL CRIMINALE BLOCCO DEGLI STATI UNITI CONTRO L’ISOLA. NEL MESE DI MAGGIO CUBA PRESENTERA’ UNA RISOLUZIONE DI CONDANNA  ALL’ASSEMBLEA GENERALE DELLE NAZIONI UNITE….

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IL BRASILE DEVE ADEMPIERE AI SUOI OBBLIGHI LEGALI INTERNAZIONALI

IL BRASILE DEVE ADEMPIERE AI SUOI OBBLIGHI LEGALI INTERNAZIONALI
Dichiarazione degli esperti  di Diritti Umani delle Nazioni Unite

Sergio Ferrari  dall’ONU, Ginevra, Svizzera.
ricevuto il 6/02/19

Il Brasile ha il dovere legale internazionale di mettere in atto a livello nazionale  dispositivi  di prevenzione  per  contrastare la tortura  e i maltrattamenti.  Il paese sudamericano ha infatti ratificato  il Protocollo Facoltativo della Convenzione contro la Tortura e altre Pene e 

Trattamenti  crudeli, inumani e degradanti (in sigla inglese OPCAT).

E’ quanto hanno dichiarato gli esperti  di Diritti Umani della  Commissione  per la Prevenzione della Tortura delle Nazioni Unite.  Gli stessi,  secondo la dichiarazione  ufficiale resa pubblica dalle Nazioni Unite (ONU) da Ginevra, “sono estremamente preoccupati per il recente veto posto dal Governatore di San Paolo sulla Legge 1257, che stabilisce dispositivi  anti-tortura nello stato”.

L’obiettivo principale del  Protocollo Facoltativo, adottato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 2002 ed  entrato in vigore il 22 giugno del 2006, è quello di prevenire la tortura attraverso l’apertura dei luoghi di detenzione al controllo da parte di organi  indipendenti. Il Brasile lo ha ratificato il 19 aprile 2007 con il Decreto 6.085, firmato dall’allora Presidente Luis Inacio Lula da Silva.

Il Brasile deve  rispettare gli impegni

“Speriamo che il Brasile continui a rispettare i suoi obblighi internazionali,  faccia marcia indietro sulla decisione  presa dallo Stato di San Paolo,  e mantenga il proprio impegno nella lotta contro la tortura”,  ha dichiarato Sir Malcom Evans,  Presidente della  Commissione per la Prevenzione della Tortura.  L’esperto ha  d’altra parte espresso la propria soddisfazione  per le dichiarazioni fatte la settimana scorsa dalla Procura Federale dei Diritti del Cittadino, che si è opposta al veto e ha richiamato lo Stato di San Paolo ai suoi obblighi nel quadro della  Convenzione contro la Tortura.

Nel 2015 la nazione sudamericana ha adottato una legge federale attraverso la quale si creava un sistema nazionale di prevenzione e lotta alla tortura basata su una serie di dispositivi di prevenzione a livello statale. Gli stessi sono stati adottati dagli stati di Rio de Janeiro, Pernambuco, Roraima e dal Distretto Federale. L’ONU segnala in un comunicato emesso il 5 febbraio a Ginevra, che “il veto annunciato dal Governatore di San Paolo inverte questa tendenza positiva”.

Nello stesso comunicato si ricorda che i dispositivi indipendenti di prevenzione contro la tortura sono uno dei mezzi  più efficaci per proteggere tutti  i  detenuti  da eventuali maltrattamenti,  e rappresentano  una forma di garanzia del diritto ad un processo giusto,  secondo le leggi dello stato di diritto del paese.  E  segnala inoltre che “il Governo federale del Brasile è obbligato, a livello legale internazionale, a garantire ciò.”

Moro annuncia riforme preoccupanti

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Commissione parlamentare presenta nuovo rapporto sulla crisi in Nicaragua

Commissione parlamentare presenta nuovo rapporto sulla crisi in Nicaragua

Nuovi dati su decessi, incidenza dei social, ruolo della chiesa cattolica. Crollano fakenews e ‘luoghi comuni’
Managua, 11 febbraio 2019 (LINyM | ALAI) -.

L’ultimo rapporto, il terzo, presentato nei giorni scorsi dalla Commissione parlamentare per la verità, giustizia e pace (CVJP), creata con l’obiettivo di indagare, analizzare e chiarire gli episodi di violenza e le morti avvenute durante la crisi socio-politica iniziata il 18 aprile 2018, presenta importanti novità tra cui l’aggiornamento delle cifre dei morti – organizzazioni nazionali e internazionali per i diritti umani continuano a presentare dati gonfiati e diversi tra loro -, l’incidenza dei social sull’accuirsi della crisi, l’impatto traumatico sulla popolazione e le conseguenze psicosociali e il ruolo della chiesa cattolica.

Leggi e scarica qui il terzo rapporto della CVJP

Secondo il documento, “dopo un rigoroso percorso di ricerca, analisi e verifica” si è in grado di determinare che il numero di persone decedute è di 253, in prevalenza uomini (243) e minori di 35 anni (175). Dei decessi totali, 220 sono direttamente collegati al conflitto, 27 a seguito del fuoco incrociato e 6 non hanno a che fare in modo diretto con esso.

Almeno 9 delle persone che appaiono nelle liste pubblicate dalle organizzazioni per i diritti umani, tra cui il Gruppo interdisciplinare di esperti indipendenti (GIEI) dell’Organizzazione degli stati americani (OSA), non esistono. C’è anche una differenza di 14 morti tra i due elenchi (CVJP e GIEI /OEA).

Un altro dato importante che smantella in parte la teoria del “massacro di oppositori pacifici e disarmati”, diffusa dai gruppi dell’opposizione, dalle organizzazioni internazionali per i diritti umani e ripresa sia dall’OSA che dall’Ufficio dell’alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (UNHCHR) e dai media mainstream, è quello relativo al totale delle morti: 31 appartengono a “gruppi di autoconvocati” (opposizione), 48 sono presunti affiliati sandinisti, 22 sono poliziotti e per i restanti 152 non ci sono informazioni certe (pag 6 del rapporto CVJP).

I tranques della morte

140 persone sono morte a causa dei tranques (barricate) – centinaia in tutto il paese – eretti dai gruppi di opposizione, 31 durante le proteste per la riforma della previdenza sociale, 27 a causa del fuoco incrociato, 13 sono stati uccisi per cause indipendenti dalla protesta (assalti, rapine) e 11 tutelando la proprietà pubblica e privata.

Il 56% dei decessi (141) si è verificato tra maggio e giugno 2018, dopo l’annuncio dell’apertura del tavolo di dialogo tra governo e opposizione e l’immediato proliferare di tranques in tutto il Paese “come forma di coercizione contro il governo”.

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America Latina-Se vuoi annegare l’ALBA accusala di avere la rabbia-

Se vuoi annegare l’ALBA accusala di avere la rabbia
Offensiva contro il progetto di cooperazione politica, sociale ed economica tra i paesi dell’America latina e i paesi caraibici

Managua, 5 febbraio (Mémoire des Luttes | LINyM)

In un discorso pronunciato il 1° novembre dalla “Freedom Tower”, simbolo dell’esilio cubano a Miami, l’assessore della sicurezza nazionale degli Stati Uniti, John Bolton, ha fatto riferimento a una “troika della tirannia” e a un “triangolo del terrore” parlando di Cuba, Nicaragua e Venezuela, i tre membri dell’Alleanza bolivariana dei popoli della Nostra America, Alba. Come conseguenza dell’investitura di Nicolás Maduro il 10 gennaio, data dell’inizio del suo secondo mandato, è principalmente verso Caracas che la “comunità internazionale” volge il suo sguardo.

Sulla stessa linea d’onda di Washington, il Segretario generale dell’Organizzazione degli Stati Americani, Osa, Luis Almagro, ha convocato una sessione straordinaria per affrontare la situazione in quel paese, con la speranza, fino a ora mille volte disillusa -per mancanza del quorum necessario- di poter applicare sanzioni al Venezuela.

Come preambolo, il 4 gennaio, i tredici paesi “pro Washington” che fanno parte del Grupo de Lima[1], sponsorizzati via videoconferenza dal Segretario di stato nordamericano Mike Pompeo, dalla capitale peruviana avevano confermato che non avrebbero riconosciuto il nuovo mandato di Maduro.

Una decisione priva di legittimità che il Messico, membro fino ad allora del “cartello” che però recentemente aveva virato verso il centro sinistra dopo le elezioni di Andrés Manuel López Obrador (AMLO), ha rifiutato di avallare. Un’azione denunciata anche da Cuba, Nicaragua e Bolivia -membri dell’ALBA-, dal governo uruguaiano (di centrosinistra) e dai movimenti sociali latino americani. Il 10 gennaio la Osa l’ha però approvata con 19 voti a favore, 6 contrari, 8 astensioni e una assenza.[2]

Anche se meno evidente, l’offensiva messa in atto da Washington e dalla destre del continente rappresenta una seria minaccia anche per il Nicaragua sandinista. Come già accaduto nel 2015 con Barack Obama, in quel caso contro Caracas, il presidente statunitense Donald Trump ha firmato il 27 novembre 2018 un assurdo “ordine esecutivo” nel quale si  dichiara che il governo nicaraguense rappresenta una “minaccia alla sicurezza nazionale” degli Stati Uniti.

Il 20 dicembre viene approvata la legge che condiziona gli investimenti in Nicaragua, una legge portata avanti da due anni e mezzo dall’élite dei neocon (nuovi conservatori) statunitensi: la congressista di origine cubana Ileana Ros-Lehtinen, i senatori Ted Cruz, Marco Rubio (anche loro repubblicani) e Bob Menéndez (democratico).

Approvata all’unanimità dal Senato e dalla Camera dei Rappresentanti, la “Nica Act” autorizza sanzioni contro figure di spicco del Fronte sandinista di liberazione nazionale, Fsln, tra cui il presidente Daniel Ortega e la moglie, la vicepresidente Rosario Murillo, e ha come obiettivo quello di limitare l’accesso del Nicaragua ai prestiti internazionali.

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Honduras “Per rovesciare la dittatura dobbiamo unirci”

“Per rovesciare la dittatura dobbiamo unirci”
Culmina una settimana di proteste in Honduras
Tegucigalpa, 28 gennaio (Rel-UITA | LINyM)  

Il 27 gennaio, a un anno dall’insediamento di un presidente e di un governo che sono il risultato di una scandalosa frode elettorale, si è conclusa la settimana di protesta indetta dalla Convergenza contro il continuismo e da Azione cittadina contro la dittatura, che è culminata con mobilitazioni a livello nazionale del Partito libertà e rifondazione, Libre.

Carlos H. Reyes, membro della Convergenza e storico sindacalista honduregno ha analizzato per La Rel la portata di questa settimana di azione popolare.

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“E’ stata una settimana di manifestazioni e presidi che avevano lo scopo di denunciare la dittatura che si è installata nel nostro paese. Si tratta di una dittatura “speciale” perché oltre a essere oligarchica e godere dell’appoggio dei militari e dell’impero ‘gringo’, affonda le proprie radici nel narcotraffico, la criminalità organizzata, la corruzione e l’impunità.

La nostra lotta è contro questa dittatura, per obbligare Juan Orlando Hernández a lasciare un posto di presidente che sta usurpando, per il rilascio di tutti i prigionieri politici, per inchiodare alle proprie responsabilità chi ha commesso gravi crimini durante e dopo le elezioni dell’anno scorso e per esigere il rispetto della libertà d’espressione.

– Che tipo di attività sono state svolte?
– Abbiamo svolto presidi davanti a Radio Globo, alla Procura generale e alla Corte suprema di giustizia. Abbiamo anche presentato uno scritto alla Procura affinché indaghi sui rapporti esistenti tra Juan Orlando Hernández e suo fratello Tony Hernández, il quale è stato arrestato negli Stati Uniti per legami con il narcotraffico. Abbiamo anche visitato il rappresentante residente dell’Alto Commissariato dell’ONU per i diritti umani in Honduras e svolto due presidi davanti all’ambasciata degli Stati Uniti.

Abbiamo partecipato infine alla mobilitazione promossa dal partito Libre a livello nazionale e anche a vari programmi radiofonici e televisivi per fare conoscere, a livello nazionale e internazionale, i principali punti della nostra agenda politica e la nostra lotta per porre fine a questa dittatura.

– Perché la decisione di manifestare di fronte all’ambasciata degli Stati Uniti?

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Per un anno nuovo di lotte e resistenza

Bollettino pdf  )– Nicarahuac 147

Sostenere l’Associazione Italia – Nicaragua vuol dire sostenere i percorsi di liberazione dei popoli dalla morsa del neocolonialismo. Vuol dire rafforzare i legami che solo i saldi principi della Solidarietà Internazionale possono garantire. I tentativi di destabilizzazione e di golpe, sfacciatamente sferrati nei confronti di modelli alternativi a quelli del dominio, riguardano i diritti di tutt*. In qualsiasi angolo del pianeta.

Coscienza e Resistenza devono andare di pari passo.
La lotta è una, o non è nessuna.”
Per onorare la Memoria di eroi e martiri della rivoluzione e dei/delle compagni/e sandinisti/e, barbaramente uccisi in questi ultimi mesi da gruppi eversivi per rovesciare un governo legittimamente eletto e sostituirlo con uno gradito agli interessi degli USA.
Con l’impegno di appoggiare sempre la causa sandinista. Sandino Vive, la lucha sigue.

Coordinamento dell’Associazione di Amicizia e Solidarietà Italia Nicaragua
Dicembre 2018

 

 

Honduras ‘Decertificando’ Fyffes / Sumitomo

Honduras
‘Decertificando’ Fyffes / Sumitomo
A seguito di un’indagine di campo che ha confermato la violazione sistematica dei diritti del lavoro e sindacali, Fair Trade USA ha deciso di revocare formalmente la certificazione di  commercio equo e solidale a Sur Agrícola de Honduras (Suragroh), filiale ‘melonera’ di Fyffes / Sumitomo

Choluteca, 21 dicembre (Rel-UITA | LINyM)  

Secondo un comunicato diffuso da Fair Trade USA, durante l’indagine di campo sono state rilevate “violazioni critiche di numerosi standard del commercio equo e solidale”, che principalmente hanno a che fare con salari e prestazioni sociali, salute e sicurezza sul lavoro, libertà di organizzazione sindacale e d’associazione.

“Non c’è, e non ci sarà, nessun frutto di Suragroh venduto con il marchio Fair Trade Certified ™”, dice il comunicato dell’organizzazione globale del commercio equo e solidale.
La revoca della possibilità di vendere i meloni prodotti nel sud dell’Honduras con il marchio di certificazione internazione di commercio equo è solo l’ultima di una serie di sanzioni imposte alla multinazionale irlandese, recentemente acquisita dal gigante giapponese Sumitomo.

Per le ripetute accuse di violazione dei diritti del lavoro e sindacali nelle piantagioni di meloni e ananas dell’Honduras e del Costa Rica, in maggio 2017 Fyffes è stata sospesa come membro dell’Iniziativa del Commercio Etico (ETI, nella sua sigla inglese).

Nel caso dell’Honduras, Fyffes/Sumitomo continua a non volere riconoscere la legittimità della rappresentanza del Sindacato dei lavoratori dell’agroindustria (Stas) ed è stata più volte segnalata per i continui casi di vessazione e persecuzione nei confronti degli iscritti al sindacato.

Giornate di lavoro interminabili, il mancato pagamento del salario minimo, degli straordinari, degli scatti d’anzianità e dei contributi previdenziali, la mancanza di sicurezza sul lavoro e la creazione di “liste nere” sono altre delle tante e drammatiche violazioni che sono state denunciate a livello nazionale e internazionale.

Le filiali di Fyffes in Honduras[1] sono state segnalate anche all’interno della denuncia presentata nel 2016 dai sindacati honduregni e dall’AFL-CIO [2] all’Ufficio per gli affari del commercio e il lavoro (OTLA, per il suo acronimo in inglese) del Dipartimento del lavoro degli Stati Uniti, evidenziando le violazioni al capitolo sul lavoro del DR-CAFTA (per il suo acronimo in inglese) [3].

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A Milano: Martedì 15 gennaio 2019 “Despertemos humanidad Ya no hay tiempo”

Berta Cáceres, ambientalista, femminista, rivoluzionaria honduregna è stata assassinata nella notte tra il 2 e il 3 marzo 2016 per essersi opposta alla costruzione di una diga sul fiume Gualcarque, ad opera della compagnia DESA.

“Sette degli otto imputati per l’omicidio di Berta Cáceres e per il tentato omicidio dell’ambientalista messicano Gustavo Castro, unico testimone del delitto, sono stati condannati lo scorso 29 novembre. Sia la famiglia che il Copinh, organizzazione della quale la Cáceres era coordinatrice, sostengono che la sentenza non soddisfa la loro esigenza di giustizia.
Dopo la presentazione di motivi, la prima sezione penale del Tribunale di Tegucigalpa ha riconosciuto Sergio Rodríguez, Douglas Bustillo, Mariano Díaz, Elvin Rápalo, Oscar Torres, Edison Duarte ed Henry Hernandez colpevoli dell’omicidio della dirigente indigena.

Rápalo, Torres, Duarte ed Hernández, autori materiali del crimine, sono anche stati condannati per il tentato omicidio di Castro. Emerson Duarte è stato invece assolto da tutte le imputazioni e liberato.
Ai sette è stata confermata la carcerazione preventiva, in attesa che il 10 gennaio i giudici comunichino l’entità delle condanne.”
Dall’intervista a Bertha Zúniga, rilasciata a Giorgio Trucchi
Mentre si sta svolgendo un processo farsa, in Honduras continua la lotta di Berta. Il Copinh, oggi guidato da Bertita, la figlia di Berta, continua a difendere il diritto all’autoderminazione del popolo Lenca e dei popoli originari, il diritto a vivere nelle proprie terre, il diritto al rispetto dell’ambiente.

Comitato Berta Vive Milano

Despertemos humanidad
Ya no hay tiempo

“Uniamoci e continuiamo con speranza a difendere, e avendo cura del sangue della Terra e dei suoi spiriti…”
Berta Cáceres, discorso di ringraziamento per il Premio per l’Ambiente Goldman 2015

Nicaragua-La mano che fa dondolare la culla

 

Nicaragua
La mano che fa dondolare la culla

Il 18 aprile in Nicaragua è esplosa una protesta che la stampa ha raccontato in un solo modo: un governo autoritario che reprime brutalmente un movimento pacifico, spontaneo, apartitico.
Ma se la cospirazione è guidata e finanziata da Washington non è poi così semplice spiegare cosa ci sia davvero sotto

Managua, 12 dicembre (Canal Abierto | LINyM)

In aprile il presidente del Nicaragua, Daniel Ortega, ha proposto una riforma del sistema pensionistico. La misura ha provocato la reazione della popolazione e le proteste sono poi degenerate in episodi violenti che sono stati repressi dalle forze dell’ordine.

I settori dell’opposizione affermano che le manifestazioni hanno mostrato il malessere dei cittadini nei confronti di un governo autoritario e decadente, mentre il governo e il Fronte sandinista di liberazione nazionale, Fsln, denunciano il tentativo di destabilizzare le istituzioni con il sostegno di forze esterne al paese.

Lo scontro rimanda inevitabilmente alle guarimbas venezuelane del 2014. Lo stesso modus operandi fomentato dal mainstream e dalle reti sociali. Attraverso l’hashtag #SOSNicaragua il governo sandinista è stato sistematicamente demonizzato, mentre dietro il sipario i burattinai muovevano i loro fili.

Nessuna immagine degli edifici pubblici incendiati a Managua, Granada, Leon e Masaya; nessuna immagine dei saccheggi nelle sedi del Fsln un po’ in tutto il paese, nemmeno dei militanti sandinisti percossi, torturati e bruciati vivi in mezzo alla strada o uccisi con tattiche paramilitari.

Per quale ragione la stampa “indipendente” non ha mai pubblicato la notizia che “i manifestanti pacifici”, per esempio, hanno assassinato a La Trinidad il responsabile locale sandinista Miguel Ramos, hanno distrutto l’emittente Nueva Radio Ya, hanno dato fuoco alla Caja Rural Nacional (Caruna), o hanno saccheggiato l’edificio del Ministero dell’Economia Famigliare?

La polarizzazione storica

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Honduras Giustizia insapore

Honduras

Giustizia insapore
Intervista a Bertha Zúniga dopo la sentenza sull’omicidio di Berta Cáceres

Tegucigalpa, 3 dicembre (Rel-UITA | LINyM) -.

Sette degli otto imputati per l’omicidio di Berta Cáceres e per il tentato omicidio dell’ambientalista messicano Gustavo Castro, unico testimone del delitto, sono stati condannati lo scorso 29 novembre. Sia la famiglia che il Copinh, organizzazione della quale la Cáceres era coordinatrice, sostengono che la sentenza non soddisfa la loro esigenza di giustizia.

Dopo la presentazione di motivi, la prima sezione penale del Tribunale di Tegucigalpa ha riconosciuto Sergio Rodríguez, Douglas Bustillo, Mariano Díaz, Elvin Rápalo, Oscar Torres, Edison Duarte ed Henry Hernandez colpevoli dell’omicidio della dirigente indigena.

Rápalo, Torres, Duarte ed Hernández, autori materiali del crimine, sono anche stati condannati per il tentato omicidio di Castro. Emerson Duarte è stato invece assolto da tutte le imputazioni e liberato.

Ai sette è stata confermata la carcerazione preventiva, in attesa che il 10 gennaio i giudici comunichino l’entità delle condanne.

Cala così il siparo sul primo grado del processo per l’omicidio di Berta Cáceres, un processo costellato da irregolarità e illegalità, come la mancanza di accesso delle parti alle informazioni del caso, distruzione e alterazione delle prove, superficialità nelle indagini, mancanza di volontà da parte del Pubblico ministero di indagare sui mandanti dell’omicidio e addirittura la recente esclusione dei legali delle vittime dal caso.

La corte si è anche rifiutata di considerare i membri del Copinh come vittime all’interno del processo e non ha voluto chiamare a testimoniare i maggiori azionisti dell’azienda Desarrollos Energéticos SA (DESA), proprietaria del progetto idroelettrico Agua Zarca -contro cui si battevano la Cáceres e il Copinh-, tutti appartenenti alla facoltosa e potente famiglia Atala Zablah.

Sentenza agrodolce

Bertha Zúniga Cáceres, attuale coordinatrice del Consiglio civico delle organizzazioni popolari e indigene dell’Honduras (Copinh) e figlia della dirigente sociale assassinata nella notte del 2 marzo 2016, ha parlato della sentenza con la LINyM.

– Siete soddisfatti della sentenza?

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America Centrale “Senza cambiamenti strutturali le persone continueranno a fuggire”

America Centrale
“Senza cambiamenti strutturali le persone continueranno a fuggire”
Giornalista denuncia campagna di persecuzioni
Tegucigalpa, 21 novembre (LINyM | ALAI) -.

Bartolo Fuentes ha lasciato l’Honduras il mese scorso per paura di essere arrestato. Le voci circa l’intenzione del governo di accusarlo di essere il prinicipale ispiratore e responsabile della prima ‘carovana migrante’ erano sempre più forti. Carovana che, dopo cinque lunghissime settimane, ha oramai raggiunto il confine con gli Stati Uniti.

Dopo aver percorso una distanza che sembrava infinita, più di 2000 persone che fanno parte della prima carovana -quasi tutti  honduregni- sono arrivate a Tijuana, la città di confine con gli Stati Uniti. Nelle prossime ore, altre 3000 o più persone che fuggono dalla povertà, la violenza e dalla mancanza di opportunità potrebbero raggiungerle. Non hanno alternative. Sperano che gli Stati Uniti riconoscano loro il diritto d’asilo.

Mentre il presidente Trump, seguito a ruota dal sindaco panista1di Tijuana, Juan Manuel “El Patas” Gastélum, non perde occasione per lanciare messaggi xenofobi e minacciare “i criminali invasori”, migliaia di soldati sono stati schierati lungo il confine. Trump ha anche cercato di sospendere per 90 giorni il diritto di asilo per chi dovesse riuscire a entrare illegalmente in territorio statunitense. Per il momento, un giudice l’ha fermato.

Insomma, un clima da ‘caccia alle streghe’, fomentato anche dal mainstream, che ha visto alcune centinaia di tijuanenses manifestare per le strade della città di frontiera scandendo vergognosi slogan contro gli “immigrati illegali honduregni”. Un paradosso se consideriamo che ogni anno circa un milione di messicani emigrano verso gli Stati Uniti e 400 mila sono rimpatriati (fonte CNDH e UPM2).

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