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CONTINUA LA RACCOLTA FIRME DELL’ASSOCIAZIONE NAZIONALE DI AMICIZIA ITALIIA-CUBA, CONTRO IL CRIMINALE BLOCCO DEGLI STATI UNITI CONTRO L’ISOLA. NEL MESE DI MAGGIO CUBA PRESENTERA’ UNA RISOLUZIONE DI CONDANNA  ALL’ASSEMBLEA GENERALE DELLE NAZIONI UNITE….

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Buon Viaggio Dino

Volontario e sandinista da sempre  la pace. la solidarietà e l’autodeterminazione.

Il compagno e amico Dino Verderio ci ha lasciati.
La nostra Associazione è profondamente addolorata per la sua improvvisa despedida senza più ritorno.
Per noi era Dinetto, un piccolo grande uomo con un immenso valore umano e solidale, impegnato da oltre 30 anni nella solidarietà con il Nicaragua,  quella vera e concreta, non fatta di sole parole.
Dino  però le parole sapeva usarle , giornalista e militante è stato un punto di riferimento importante sia per sue analisi politiche sull’America Latina, ma soprattutto sul Nicaragua. Con Dino e Gloria, e “La Comune di Carugate Luigi Bottasini Onlus” di cui fanno parte, c’è sempre stata una buona intesa e collaborazione,  sia per i progetti che per le brigate di lavoro. Dino ha conquistato un posto nel cuore di molti in Italia e in Nicaragua e la sua scomparsa è una perdita che non potrà essere colmata da nessuno.
Citando Silvio Rodriguez che si rifa’ a Bertold Brecht, “Hay  hombres que luchan un dìa y son buenos, hay otros que luchan un año y son muy buenos, hay hombres que luchan toda la vida, estos son los imprescindibles” Dino era un imprescindible.
Al nostro Dinetto diciamo ancora buon viaggio. Hasta Siempre.

Associazione Italia Nicaragua Milano

Angela Federica Giuliana

 

Honduras “Me ne vado, ma non rinuncerò mai alla lotta”

Honduras“Me ne vado, ma non rinuncerò mai alla lotta”
Dirigente sindacale abbandona il Paese dopo essere miracolosamente sopravvissuto a un attentato

Tegucigalpa, 19 febbraio (Rel UITA | LINyM) –
Il 30 gennaio scorso, Jaime Rodríguez, ex presidente del Sindacato dei professori d’istruzione secondaria dell’Honduras (Copemh) e attivista sociale, ha lasciato il Paese dopo essere sopravvissuto a un grave attentato.

Il 28 ottobre, Rodríguez fu sequestrato da sconosciuti mentre aspettava l’autobus a una fermata nella capitale Tegucigalpa. Fu l’inizio di un calvario che durò più di 24 ore.

“Erano quasi le 20 quando mi si sono avvicinate due persone armate. Una di loro mi ha colpito alla testa con la pistola e mi ha trascinato verso un auto. MI hanno obbligato a salire e sono partiti. Mi hanno bendato e dopo un po’ siamo arrivati a una casa. Siamo entrati, mi hanno portato via tutto quello che avevo e mi hanno legato a una sedia
Rompi sempre i coglioni.
Adesso ti facciamo vedere noi come si rompono davvero i coglioni!
 “Poi hanno iniziato a picchiarmi e a dirmi che mi avrebbero ucciso “, ricorda il dirigente sindacale.
Rodriguez, che ha partecipato attivamente alla resistenza contro il colpo di stato del 2009 e a diverse lotte sociali nell’ultimo decennio, ha detto che durante tutta la notte i suoi carnefici gli tiravano acqua gelata per tenerlo sveglio.

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Honduras/La causa di Berta

La causa di Berta:
-organizzazioni esigono cattura dei mandanti
-otre 1000 firme per chiedere giustizia
Tegucigalpa, 7 febbraio (Rel UITA | LINyM) –
Il 3 febbraio scorso, a meno di un mese dal quarto anniversario del vile assassinio della leader indigena Berta Cáceres, organizzazioni nazionali ed internazionali, accompagnate dal Consiglio civico di organizzazioni popolari ed indigene dell’Honduras (Copinh), hanno consegnato alla Procura un documento nel quale si richiede allo Stato dell’Honduras “di procedere nell’investigazione, sentenza e punizione degli autori intellettuali” del crimine, iniziando dall’ex direttore dell’azienda Desarrollos Energéticos S.A. (DESA), ed ex membro dell’apparato d’intelligence delle Forze Armate, David Castillo. 

La sentenza di condanna del 2 dicembre contro i sette autori materiali dell’assassinio, con pene comprese tra i 30 e i 50 anni di carcere, non è sufficiente, assicurano le organizzazioni solidali col Copinh ed i parenti di Berta Cáceres (leggi qui i dettagli sulla sentenza) .  

Lo stesso tribunale ha confermato che “la resistenza del popolo Lenca, del Copinh e di Berta Cáceres in difesa del fiume Gualcarque è l’elemento scatenante della pianificazione dell’assassinio della signora Caceres, il tutto con il consenso dei dirigenti di DESA”. 

Più di 500 organizzazioni e oltre 450 persone hanno firmato il documento ed espresso la loro preoccupazione dinanzi alla “mancanza di azione (penale) contro la totalità dei mandanti del crimine, che attualmente permangono nell’impunità”.

Hanno anche esortato lo Stato dell’Honduras a revocare la concessione sulle acque del fiume Gualcarque, processo viziato fin dall’inizio dalle irregolarità commesse al momento di accordare la licenza ambientale e la concessione stessa. 

Il Copinh esige risposte

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Honduras: Sentenza Berta Cáceres

Sentenza Berta Cáceres, un primo passo sulla strada della giustizia
Condanne tra i 30 e i 50 anni per gli autori materiali

Tegucigalpa, 3 dicembre (LINyM) -.

Il 2 dicembre, trascorsi esattamente 45 mesi dall’assassinio  della dirigente indigena di etnia lenca Berta Cáceres, il Tribunale di prima istanza ha disposto condanne dai 30 ai 50 anni di carcere per gli autori materiali del crimine. Un primo passo sulla strada, ancora molto lunga, della giustizia.

I sette accusati erano stati dichiarati colpevoli il 29 novembre 2018, ma i giudici ci hanno messo un anno esatto a depositare la sentenza scritta con le relative pene. Un ritardo ingiustificabile che ha causato scompiglio e preoccupazione ai familiari della Cáceres, nonché insicurezza giuridica e un inaccettabile ritardo nelle indagini sui mandanti dell’omicidio.

I giudici hanno condannato Sergio Rodríguez, direttore ambientale dell’azienda Desarrollos Energéticos SA, Desa, e Douglas Bustillo, ex sergente dell’esercito ed ex vice responsabile della sicurezza di Desa, a 30 anni e 6 mesi di prigione. Per Mariano Díaz, maggiore delle Forze armate honduregne, la pena è stata di 30 anni.

Nel caso degli altri quattro imputati, alla pena per l’assassinio di Berta Cáceres si aggiunge quella per il tentato omicidio di Gustavo Castro, l’ecologista messicano sopravvissuto all’attacco mortale e unico testimone del crimine. Henry Hernández, anch’egli ex militare, Edilson Duarte, Elvin Rápalo e Oscar Torres, sono stati condannati a 50 anni e 4 mesi di prigione.

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Solidarietà  dalla Svizzera con América Latina in resistenza

Manifestazione a Berna

Solidarietà  dalla Svizzera con América Latina in resistenza
Sabato 30 novembre 2019
Foto di Sergio Ferrari,  Berna
“Contro le ingerenze”
“Per la sovranità e pace”

“In America Latina, si respira lotta”, sono stati alcuni degli slogan evocati sabato 30 novembre da numerosi residenti latinoamericani e della solidarietà svizzera.

Hanno  partecipato alla manifestazione  bernese convocata da ALBA Svizzera:  Asociación Suiza-Cuba; La-os Argentina-os para la Victoria, provincia 25; el Colectivo de chilenos del Ticino y sus compatriotas Residentes en Ginebra; el Comité Bolivariano de Suiza; representantes de la Revolución Ciudadana del Ecuador; diversos comités de Solidaridad con Nicaragua y El Salvador; varias organizaciones de colombianos solidarios (entre los cuales Asolatino, AIPAZCOMUN etc. ); el movimiento por  Bolivia me mueEVO; el Comité Lula Libre; la Defensoría Internacional por el Derecho de los Pueblos (DIDEPU) y el Partido Suizo del Trabajo (POP), tra gli altri.

Comunicato Stampa

(https://drive.google.com/file/d/1LOfotFrm7CBSxRj7_VPbInxNEBH1JAy9/view)

America Latina-Fronte comune contro imperialismo e colpi di stato

America Latina

Fronte comune contro imperialismo e colpi di stato

Più di 1300 persone riunite per condividere esperienze, coordinare lotte,
promuovere unità nella diversità. Intanto in Bolivia si consuma un nuovo golpe e inizia il massacro

Incontro antimperialista a La Avana (foto cubainformacion.tv)

Managua, 16 novembre (Altrenotizie | LINyM) 

Dal 1° al 3 novembre a L’Avana, Cuba, si è svolto l’incontro di solidarietà antimperialista, per la democrazia e contro il neoliberismo. Per tre giorni, più di 1300 delegate e delegati di 789 organizzazioni, movimenti, reti, piattaforme, comitati,  partiti politici, provenienti da tutti gli angoli del mondo (86 paesi rappresentati), si sono incontrati per discutere, dibattere, condividere esperienze, coordinare lotte, nello sforzo, non sempre facile, di realizzare unità d’azione.

“Stiamo vivendo un nuovo momento storico. La gente alle urne, per le strade e sui social network mostra, con il suo voto e le sue proteste, l’esaurimento dell’offensiva imperialista, conservatrice e della restaurazione neoliberista della destra oligarchica che, in collaborazione con il  fondamentalismo religioso, il potere dei media, il gran capitale e le imprese multinazionali, mano nella mano con l’imperialismo statunitense, nella sua natura predatoria, esclude ampi settori della popolazione, distruggendo il lavoro dignitoso, la vita in armonia con la natura e mette in pericolo la specie umana”, segnala con forza la documento finale dell’incontro.

Temi del dibattito

Sei sono stati i temi intorno ai quali è stata articolata la discussione e si è delineata la futura agenda continentale: solidarietà con Cuba e altre cause giuste; i popoli di fronte al libero commercio e alle multinazionali; decolonizzazione, guerra culturale, comunicazione strategica e lotta sociale; i giovani; democrazia, sovranità e anti-imperialismo; integrazione, identità e lotte comuni nella Patria Grande.

“L’incontro è parte di un processo di costruzione collettiva che è nato nel 2015 e che coinvolge diversi soggetti, con l’obiettivo di unire analisi, ed esperienze di lotta, portando alla creazione di uno spazio che noi chiamiamo Giornata continentale per la democrazia e contro il neoliberismo”, spiega Martha Flores, coordinatrice di Jubileo Sur/Americhe.

Due anni dopo (2017) si organizzò un altro incontro continentale a Montevideo, dove sono stati ripresi diversi punti del programma comune e si è andati avanti nell’articolazione.

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America Latina-Bolivia, il golpe etnico

America Latina-Bolivia, il golpe etnico
Managua, 13 novembre (Altrenotizie)

Evo Morales è giunto in Messico a bordo di un aereo militare inviatogli da Andrés Manuel López Obrador. Perù ed Ecuador hanno negato il diritto di sorvolo all’aereo messicano e la cialtronata rende bene l’idea di cosa siano i governi di Lima e Quito. Evo è stato costretto all’esilio per fermare la caccia all’uomo che i golpisti avevano previsto, che sarebbe terminata solo con la morte del presidente legittimo della Bolivia e del suo vice, Álvaro García Linera.

La stampa ufficiale e i suoi megafoni europei parlano di dimissioni, ma tra dimettersi ed essere costretto a dimettersi c’è una differenza che si chiama Colpo di Stato. E quello avvenuto in Bolivia è, semplicemente, indiscutibilmente, un colpo di Stato. Solo che chiamarlo con il suo nome otterrebbe una condanna da parte di tutti, anche di quelli che ora si fregano le mani, quindi è gara aperta per i possibili eufemismi con cui definire quanto accaduto.

Non c’è stata nessuna irregolarità nel conteggio dei voti alle elezioni, lo confermano esperti statunitensi. Ma hai voglia a contare voti, se il voto che decide è quello di un altro Paese. Hai voglia a districarti nelle maglie della Costituzione se viene violata. Hai voglia a pretendere che gli organismi internazionali svolgano il proprio ruolo se agiscono con lo strabismo dell’OSA che chiede il rispetto del mandato presidenziale in Ecuador, ma non in Bolivia. Stati Uniti e multinazionali degli idrocarburi ordinano il menù che camerieri locali in abiti civili e uniformi militari consegnano al tavolo.

Un presidente legittimo, che ha il 47% dei voti, è stato obbligato a dimettersi. La democrazia muore a La Paz e chi dovrebbe difenderla, militari e polizia, sono i primi a seppellirla insieme alla dignità delle loro divise. Le orde fasciste della destra boliviane sono state scatenate per diffondere il terrore con lo stesso identico copione utilizzato in Nicaragua nel 2018: persone prese, torturate, denudate ed umiliate obbligate al peggio; stupri, assassinii, case messe a ferro e fuoco, assalti alle istituzioni, spargimento del terrore in ogni dove. Perché quando il mandante è lo stesso il copione è identico.

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