Le elezioni messicane, tra lo status quo e la disillusione sociale.
di Sergio Ferrari in collaborazione con swissinfo.ch
Un cittadino messicano su due non è andato a votare la prima domenica di giugno nelle elezioni di medio termine. Chi ha votato, ha espresso nelle urne la delusione nei confronti della politica tradizionale del paese latinoamericano.
Il rinnovo di tutta la Camera dei Deputati, dei governatori di nove Stati della Federazione e centinaia di altre cariche elettive, non ha portato “un chiarimento del panorama politico in Messico”, enfatizza su swissinfo.ch Romeo Rey, analista svizzero di temi latinoamericani.
I partiti tradizionali mantengono la loro attuale supremazia, ma perdono terreno. Intanto il resto del “panorama dei partiti si mostra ogni volta più frazionato e diviso tra piccole forze che vanno dalla sinistra, ad una parte dei verdi agli umanisti, tra gli altri” analizza Romeo Rey che per trenta anni, dal 1972 al 2002, è stato corrispondente in America Latina del giornale svizzero “Tages Anzeiger y del alemán Frankfurter Rundschau”.
Poche novità
I partiti tradizionali sono stati puniti e hanno ridotto le loro percentuali, secondo il conteggio parziale dell’80% dei voti, il giorno dopo la chiusura dei centri elettorali.
Il Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI) attualmente al governo, con un 30% dell’elettorato, ottiene la maggioranza semplice nel parlamento insieme al suo alleato il Partito Verde Ecologista, anche se perdendo terreno rispetto al numero di deputati nazionali che aveva in precedenza.
Dietro, il Partito di Azione Nazionale (PAN) di destra, supera appena il 20%. In terza posizione il Partito Democratico Rivoluzionario (PRD) è il grande sconfitto di domenica scorsa. Con appena il 10% di preferenze perde circa 40 deputati.
La sua dissidenza critica guidata da Andrés Manuel López Obrador e il suo Morena (Movimento di Rigenerazione Nazionale), capitalizza i posti persi dal PRD, è il partito che più ha incrementato il numero di voti, quadruplicando la sua forza rispetto alle elezioni procedenti anche se non raggiunge il 10% delle preferenze.
Sembra che la “cittadinanza si stia distanziando dalla lotta politica attraverso le urne” sostiene Romeo Rey analizzando la scarsa partecipazione di meno del 50% dell’elettorato. “Questa astensione si può interpretare, da una parte dell’elettorato, come un indice della disillusione nei confronti della politica del Governo attuale guidato dal Presidente Enrique Peña Nieto a due anni e mezzo dall’inizio del suo mandato”. Non può essere minimizzato l’impatto della corruzione presente in distinti livelli dello Stato “che risveglia nella popolazione sentimenti di impotenza ed impazienza crescenti” e che aumenta la distanza e la diffidenza della popolazione nei confronti del potere.
Malcontento sociale
Altri fattori possono spiegare il malcontento politico, continua nella sua riflessione Rey. Uno di questi, “l’evidente incapacità dello Stato a tutti i suoi livelli di isolare le organizzazioni illegali del narcotraffico che costituiscono un elemento di potere di primo piano in questo paese”.
Tutti i tentativi di repressione da parte delle istituzioni statali, incluse le Forze Armate, “hanno dato come risultato decine di migliaia di morti, vale a dire violenza generalizzata similmente ai paesi in stato di guerra civile, mentre i cartelli del narcotraffico continuano ad operare senza freni in gran parte del territorio nazionale”, sottolinea.
“Per la prima volta è stata necessaria una forte presenza militare per proteggere i centri di voto, cosa che ha generato paradossalmente un clima di insicurezza e timore nella popolazione” spiega la cooperante svizzera Helene Blanco, che da più di dieci anni co-dirige la organizzazione Madre Tierra Mexico dedicata a promuovere la formazione di moltiplicatori sociali in comunità del sudest messicano e che ha la sua sede principale a San Cristobal de las Casas in Chiapas.
In almeno tre Stati del paese – Chiapas, Oaxaca e Guerrero e in alcune regioni del Michoacan – si sono verificati conflitti seri prima e durante le elezioni, in più di 30 municipi non si è potuto votare. In Chiapas, il rifiuto è stato manifestato dallo Zapatismo, dai maestri e maestre e dalle organizzazioni campesine, precisa.
Stiamo parlando di un paese con più di 120 milioni di abitanti, “dei quali 70 milioni è povero. Questa situazione causa una grande distanza nei confronti della la partecipazione politica–elettorale tradizionale”, insiste la coordinatrice di Madre Tierra Mexico.
Questo rifiuto non solo viene dalle campagne e dalla popolazione indigena, come ci si aspetterebbe. “É presente nelle grandi città dove la violenza, il narcotraffico e la corruzione generalizzata sono fenomeni quotidiani”. Realtà che oltre al malcontento causano l’astensionismo. Questa percentuale così alta di non partecipazione elettorale, un vero voto per castigare il Governo, mette in discussione la stessa legittimità degli eletti e della politica governativa, sottolinea la cooperante che da alcune settimane si trova in visita in Svizzera.
Due paesi in uno: quello delle urne e quello dell’astensionismo? Chiediamo. “No, un solo Messico con grandi contrasti, con una crisi senza soluzioni e con una lotta interna molto forte”, riflette in conclusione Helene Blanco. “Nel quale ampi settori della popolazione colpiti dalle riforme strutturali e le loro crudeli conseguenze sociali ed economiche non si sentono identificati da questo modo di fare politica e rifiutano le elezioni”, sottolinea.
Fonte: http://site.adital.com.br/
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