5 maggio 2015, Mario Villegas/Victor Alvarez – Quintodia.com
Da quando è stato Ministro delle Attività Estrattive e dell’ Industria di Base nel Gabinetto di Hugo Chavez, e contemporaneamente Presidente della Corporazione Venezuela Guyana negli anni 2005 – 2006, Victor Alvarez ha rifiutato ogni altro incarico pubblico. Precedentemente era stato Presidente della Banca del Commercio Estero, Direttore del PDVSA (Petroléo de Venezuela, S.A. – corporazione di proprietà e sotto la supervisione della Repubblica Bolivariana del Venezuela, ndt) e Direttore Esecutivo del Consiglio per lo Sviluppo Industriale.
“Se mi sono convinto di qualcosa, all’interno di queste posizioni, è la quantità di dogmi, miti e tabù che tenevano prigionieri molti dei più importanti leaders politici di questo paese” – ha confessato.
Incluso il presidente Chavez?
Si, anche lui era prigioniero, o compromesso, con molte idee vecchie. La mia intenzione era quella di costruire il socialismo del XXI secolo su nuove idee, e questo è ciò a cui mi sono dedicato, partendo dalla base e dai movimenti sociali.
Alvarez è un economista, un ricercatore, professore universitario e scrittore, giornalista, conferenziere e consulente, così come un convinto militante della Rivoluzione Bolivariana e del Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV), punto di osservazione dal quale mantiene senza ambiguità posizioni molto critiche verso il modo in cui il governo sta gestendo l’attuale crisi economica del paese.
Il modello economico stabilito da Chavez è fallito, o l’attuale amministrazione ha fallito nel gestirlo?
Quello che è fallito è il modello socialista neo-rentier (capitalismo di rendita, ndt) basato sull’estrazione, che esiste in Venezuela fin dalla prima apparizione del petrolio. Questo modello si è prima manifestato attraverso il capitalismo di rendita, laddove le entrate del petrolio furono usate per la trasformazione dell’ economia da agricola a industriale. Questo capitalismo di rendita è fallito ed ha aperto la strada ad una nuova forma dello stesso modello estrattivo – che io chiamo socialismo neo-rentier – all’interno del quale l’enfasi della distribuzione delle entrate è stata data al finanziamento dell’investimento sociale.
E questo è, in altre parole, il modello adottato da Chavez?
Corretto. Essenzialmente, quello che è fallito è il modello estrattivo stesso. Non è una coincidenza che gli stessi problemi economici che hanno afflitto la quarta repubblica (il periodo neoliberale precedente a Chavez), hanno finito per essere gli stessi nella quinta repubblica (l’attuale). Adesso sono su scala maggiore, dato che le entrate sono maggiori.
Il controllo del cambio estero
E’ necessario mantenere controlli sul cambio estero?
I controlli sul cambio estero costituiscono una misura temporanea che i paesi sono obbligati ad adottare in situazioni molto specifiche, come ad esempio la sproporzionata fuga di capitali che minaccia di liquidare le riserve straniere….e quando questa caduta delle riserve intacca la copertura della valuta nazionale e il potere di spesa è perso poiché la spirale dell’inflazione aumenta. Questa era la situazione del Venezuela nel 2002, ma è sparita nel 2005, e nel 2006 non c’erano praticamente più motivi economici per mantenere i controlli.
Quei motivi esistono oggi?
Oggi è vero che abbiamo basse riserve straniere, ma i controlli sulla valuta sono continuati non tanto per ragioni economiche, quanto piuttosto sono finiti per essere usati come strumento di dominazione politica. Alla fine i controlli, nella loro manifestazione peggiore, sarebbe a dire il regime di tassi di cambio multipli, hanno avuto effetti disastrosi, per cui coesistono un tasso di cambio molto economico e un tasso di cambio molto alto, che creano così un incentivo perfetto per i cacciatori di profitto, i quali cercano di ottenere i loro dollari a buon mercato dal Cencoex (la Divisione del Commercio Estero) per venderli nel mercato parallelo o perfino nel Simadi (il tasso libero ufficiale).
A che punto dovrebbe essere abolito?
Se i controlli sulla valuta fossero aboliti oggi, e il governo , invece di distribuire i dollari per 6.30 o 12 bolivar, li vendesse al tasso del Simadi – oggi a 198 – quest’ ultimo inizierebbe ad abbassarsi e il governo otterrebbe le risorse necessarie per salvaguardare le missioni e i programmi sociali. E’ falso che mantenere tassi preferenziali ha effetti anti-inflazionistici. Nel 2014 l’inflazione del costo del cibo era del 102%, molto più alto della media mondiale che era del 68%. I controlli si sono esauriti in una politica anti-inflazionistica che non ha più senso, perché il loro impatto si è già dispiegato.
E’ stata una saggia decisione quella di tagliare le quote di dollari per i viaggi esteri?
Quelle quote sono parte della cultura del capitalismo di rendita. Le entrate del petrolio divennero così grandi che non solo permisero abbondanti investimenti sociali e progetti nei settori economici, ma anche il finanziamento del lusso e del piacere delle classi medie e alte. Questa misura populista di clientelismo fu mantenuta facilmente in tempi di abbondanza, ma è diventata insostenibile adesso che il paese sta ottenendo, per quanto riguarda le entrate del petrolio, un terzo del valore che entrava solo due anni fa. Sono privilegi perversi e distorti che dovrebbero essere corretti nella transizione verso un Venezuela post-rentier.
Fedecamaras e missioni
Come dovremmo interpretare l’ annuncio del Presidente Nicolas Maduro che radicalizzerà la rivoluzione?
Se il paese ha bisogno di qualcosa, questo è un accordo tra i settori pubblico e privato. Questa determinazione nel distruggere l’economia capitalista senza aver creato un’alternativa comunitaria, socialista, o addirittura una economia di stato, è stata la strada più veloce verso il fallimento nella produzione, la scarsità, l’accaparramento e la speculazione. Gli investimenti privati sono stati disattivati e il vuoto lasciato non è stato riempito né opportunamente bilanciato dall’economia pubblica e sociale; e quello che esiste di economia pubblica non funziona.
Questo significa che c’è, o non c’è, una guerra economica?
Quando si analizzano le cause della scarsità, dell’accaparramento e della speculazione, si scopre che il 70% è dovuto a esaurimento, deviazioni od errori in politica economica, mentre il 30% sono causate da quei settori che si oppongono al governo e giocano alla destabilizzazione. Questo significa che il governo detiene nelle sue mani il 70% della soluzione per vincere la guerra economica, se solo adottasse le giuste misure legali, monetarie, finanziarie, di tassi di cambio, e di prezzi. Questo disarmerebbe coloro che vogliono attaccare, destabilizzare e sovvertire.
E’ necessario dialogare con Fedecamaras (il cartello industriale) e i sindacati?
Il dialogo con i settori produttivi è urgente. Noi dobbiamo riconoscere le corporazioni e le associazioni commerciali che il settore degli affari riconosce. Il movimento degli affari non mette in dubbio l’ autorità di Fedecamaras, Conindustria e Consecomercio. Sono i corpi che il settore degli affari ha organizzato, sono i portavoce, e se il governo vuole parlare con il settore produttivo, deve riconoscere tali portavoce. E se il settore privato vuole parlare col governo, devono riconoscere i suoi rappresentanti.
Le missioni sociali sono in pericolo?
Certo che sono in pericolo se non recuperano le relative entrate, e se il governo non prende misure utili per compensare la battuta d’arresto delle entrate petrolifere. Un aspetto molto importante è l’aumento del prezzo della benzina.
Perché non hanno aumentato il prezzo della benzina?
Perché il governo è prigioniero di tabù e superstizioni, di credo limitanti. Essi continuano a credere che tale aumento scatenerebbe un conflitto sociale in un momento in cui l’insoddisfazione è già presente, perché la gente è stanca ed esausta di fare la fila, della scarsità, di vedere il suo potere di acquisto svanire come sale nell’acqua. Un altro credo limitante è che alzare il prezzo della benzina avrebbe un alto costo politico in un anno di elezioni per l’Assemblea Nazionale. Paradossalmente tale aumento potrebbe salvarli, perché con i 12.4 miliardi di dollari che lo stato evita di incamerare oggi (a causa del sussidio alla benzina) potrebbero bandire il pericolo che incombe sulle missioni e i programmi sociali e ridurre allo stesso tempo il deficit fiscale e stabilizzare le finanze del PDVSA.
Non abbiamo bisogno di rivolgerci al FMI
Rivolgersi al Fondo Monetario Internazionale sarebbe un’opzione per il movimento chavista al governo?
Il Venezuela non ha bisogno di rivolgersi al Fondo Monetario Internazionale perché ha un notevole spazio di manovra. Se fa ciò cha va fatto al momento giusto, può correggere le instabilità che stanno interessando l’economia nazionale, e avere un enorme impatto sociale oggi. I paesi si rivolgono al FMI quando non c’è rimasto più niente da fare. Solamente l’inazione, l’inerzia governativa e il deterioramento della situazione può portarci verso l’imposizione di un pacchetto da parte del FMI. Se il governo non reagisce, se non agisce e non fa quello che bisogna fare, sarà lui stesso a portarci al FMI; e noi sappiamo, che nonostante le eccezionali ristrutturazioni che hanno tentato, questi programmi del FMI hanno un costo sociale tremendo.
Perché la Banca Centrale Venezuelana non ha rivelato i dati sull’inflazione quest’anno?
Perché ha optato per l’occultamento del problema, credendo che così facendo sparirà o si risolverà da solo.
Le Tre R di Chavez (Revisione, Rettifica e Riattivazione della Rivoluzione)
E’ preoccupato dal fatto che a causa delle sue critiche sarà accusato di essere un controrivoluzionario?
La mia posizione, le mie critiche e le mie domande vengono da sinistra. Sono il risultato del mio lungo processo di ricerca ed esprimono interesse ed empatia con i lavoratori e i settori popolari. Quello che sono è uno studioso che confronta la realtà con metodi scientifici.
E se, al contrario, il presidente la invitasse a occupare un ufficio ministeriale, lei accetterebbe?
No. Io voglio che il mio contributo sia generatore di una consapevolezza rivoluzionaria che ci permetta di trasformare l’economia e la società venezuelana allo scopo di sradicare le cause strutturali della disoccupazione, della povertà, e dell’esclusione sociale. Io non sono apertamente pro-governo, principalmente perché la rivoluzione in cui credo deve essere portata avanti dai movimenti sociali e da nuovi processi di organizzazione economica e produttiva; e questo è ciò su cui sto lavorando.
Ma non c’è dubbio a proposito di un suo supporto al presidente?
Naturalmente, ciò che io voglio principalmente per il governo Maduro è che abbia successo nel correggere tutte le deviazioni e gli errori che gli stanno togliendo sostegno da parte della base politica e sociale, e che stanno erodendo il ruolo del socialismo quale opzione percorribile per l’umanità e per il paese. Alla fine, tutti quei problemi che il governo insiste nell’ attribuire alla guerra economica, sono in gran parte prodotti dai suoi stessi errori politici. Se avessero l’umiltà di riconoscere tali imperfezioni e prendessero le decisioni necessarie, molti dei temi di cui la popolazione attualmente si lamenta, non esisterebbero. Io credo che il governo sia attualmente prigioniero dell’eredità di Chavez, che ha lasciato una combinazione di misure come i controlli sulla valuta e sui prezzi, gli accordi sull’energia, e le riforme della Banca Centrale e del Fondo per lo Sviluppo , che nel passato hanno dato prova della loro fondatezza, ma che con gli anni si sono esaurite. Io sono sicuro che Chavez avrebbe applicato le sue Tre R e corretto gran parte di questi problemi, come ha saputo fare ai suoi tempi. Adesso invece credono che eliminare i controlli sulla valuta, abbassare i controlli sui prezzi e aggiustare ciò che non funziona più, sia come tradire la memoria di Chavez.
Il Manuale di Alvarez
Alla domanda sulla formula che applicherebbe per riportare a galla l’economia nazionale, Victor Alvarez ha elencato i seguenti punti:
– Amministrazione fiscale di bilancio. Convertire i fondi di spesa creati dai socialisti neo-rentier in fondi per risparmiare risorse che permettano di rimanere a galla durante i periodo di scarsità, tipo il Fondo per la Stabilizzazione Macroeconomica.
– Ristabilire l’autonomia della Banca Centrale nella emissione di capitale e nella gestione delle riserve estere. Le riforme hanno portato la banca a finanziare i progetti del governo senza copertura e con risultati inflazionistici.
– Revisione degli accordi energetici con i paesi esteri perchè tali generose politiche di solidarietà erano impercettibili nei periodo di entrate abbondanti, ma il paese non è più in grado di sopportare un tale sacrificio.
– Spazzare via la minaccia di default ed evitare l’embargo dei nostri assets all’estero. Iniziare una aggressiva strategia di riacquisto del nostro debito, che chiude al 40% (di interessi) perché gli stakeholders credono che il Venezuela non sia in grado di onorarlo. Ciò ridurrà il pagamento degli interessi e mitigherà gli impegni.
– Ridurre le spese militari. Il Decreto di Obama ha esacerbato la reazione militare nel paese, ma anche se ci armassimo fino ai denti, saremmo spazzati via in una settimana; dobbiamo dimostrare di essere un paese di pace, e salvare quelle risorse.
– Riorientare le importazioni dello stato a favore della produzione interna. Il governo spende tra gli 8 e i 10 miliardi di dollari per l’acquisto da altri paesi di cibo e medicine che potremmo produrre qui con significativi risparmi.
– Ristrutturare la componente in capitale di tutto il lavoro per lo sviluppo noleggiato dalle compagnie Brasiliane, Iraniane e Bielorusse; i paesi che ci sono sinceramente amici dovrebbero ricevere bonds venezuelani come parte del loro pagamento.
– Eliminare i controlli sulla valuta, che non hanno più giustificazione economica e vengono usati come strumento di dominazione;.
– Alzare il costo della benzina.
– Coltivare una intesa tra i settori pubblico e privato.
Articolo tratto da www.venezuelanalysis.com
Traduzione di Manuela Di Michele
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