Argentina, Sergio Massa fa appello

Sergio Massa fa appello ad un Governo di Unità Nazionale
L’Argentina progressista punta a continuare a governare e all’integrazione latinoamericana
In disputa due modelli antagonistici
Sergio Ferrari
I settori popolari del Paese sudamericano respirano e si preparano a dare la seconda battaglia elettorale nel ballottaggio del prossimo 19 novembre. Il successo al primo turno di domenica 22 ottobre, ha reso chiaro un panorama politico che si era appannato con le elezioni primarie del 13 agosto scorso.
Il 22 ottobre il partito “Unione per la Patria”, capeggiato dall’attuale ministro per l’economia Sergio Massa, con quasi il 37% dei voti, ha superato di 7 punti il candidato Javier Milei, del partito “La Libertà Avanza”, ribaltando così, sostanzialmente, il risultato sfavorevole all’unione progressista nelle primarie di agosto. Entrambi i candidati si confronteranno al secondo turno elettorale il 19 novembre, momento in cui si deciderà chi sarà il prossimo presidente della nazione per il periodo 2023-2027. 

Due progetti totalmente opposti a confronto 

Quel giorno saranno in gioco nelle urne due progetti di nazione molto diversi. “Unione per la Patria”, costituita essenzialmente dal peronismo, da gruppi del socialismo e dai movimenti sociali, punta a rafforzare lo Stato e promuovere le politiche pubbliche sociali; rinegoziare, ma farla finita, con la dipendenza dal Fondo Monetario Internazionale; riprendere le bandiere della giustizia sociale; mantenere il lavoro su Memoria, Verità e Giustizia che promosse il kirchnerismo a partire dal 2003 e promuovere l’unità integratrice latinoamericana (principalmente in alleanza col Brasile di Lula da Silva), rinsaldando la visione strategica di integrazione e sviluppo subcontinentale e latinoamericano.

 Javier Milei, che ricevette per la sua campagna l’appoggio dell’estrema destra spagnola di Vox e di Bolsonaro del Brasile, annuncia come programma di governo lo smantellamento dello Stato; la liberalizzazione totale dell’economia; la privatizzazione delle imprese pubbliche; la dollarizzazione del Paese, così come il consolidamento delle alleanze internazionali solamente con gli Stati Uniti ed Israele. Il suo discorso negazionista presuppone che non vi furono brutalità né genocidio da parte della dittatura militare (1976-1983), si trattò soltanto di “eccessi individuali di alcuni militari”. Alza bandiere xenofobiche, omofobiche, pro-imperialistiche e svaluta ogni sforzo d’integrazione regionale latinoamericana.
Dati elettorali essenziali
Al primo turno del 22 ottobre Sergio Massa ottenne il 36.68 % dei voti, mentre Javier Milei il 29.98 %. Molto distaccata col 23.83 % la candidata Patricia Bullrich, del partito neoliberale “Insieme per il Cambiamento”. Juan Schiaretti, candidato di un altro settore peronista dell’interno del Paese, ottenne il 6.78%, mentre Myriam Bregman, della sinistra originariamente trotskista, il 2.70 %. Solo i due più votati parteciperanno al ballottaggio del 19 novembre prossimo. Si recò alle urne un 78 % degli aventi diritto, il che rappresenta una partecipazione bassa nella storia elettorale argentina.
Inoltre, frutto del rinnovamento parziale delle Camere dei Deputati e Senatori, il peronismo continuerà ad essere la prima minoranza in entrambe le camere e gli mancheranno solo due voti per poter contare sulla maggioranza assoluta al Senato.
Fatto rilevante di queste elezioni è stata la vittoria schiacciante di Axel Kicillof nella Provincia di Buenos Aires, dove continuerà ad essere governatore, posto che occupa dal 2019. Kicillof, col 45 % dei voti nel suo distretto, è stato il fattore essenziale della rimonta e dei risultati positivi di “Unione per la Patria”. A Buenos Aires vive il 38 % della popolazione totale dell’Argentina; è la provincia più importante in quanto a produzione, concentra il 37 % dell’elettorato nazionale. La bravura del dirigente peronista di appena 52 anni – che aumentò di quasi 10 punti il risultato delle primarie di agosto – costituisce un pilastro essenziale del successo nazionale di Sergio Massa.

 

Prime conclusioni   
Ad una lettura sintetica, tre elementi chiave si deducono dalle elezioni di questo 22 ottobre. In primo luogo, e benché non sia assicurata la vittoria, “Unione per la Patria” disputerà con vantaggio il ballottaggio di novembre. Per trionfare si vedrà obbligata a fare ulteriori concessioni a settori di centro-destra per ampliare l’unità nazionale, ottenere il 50 % dei voti ed evitare così che vinca l’estremista Javier Milei.  Questa nuova proposta unitaria che lanciò Massa la notte stessa del 22 ottobre, anticipa che, in caso di vittoria per la presidenza, il prossimo governo arriverà con un programma negoziato con settori importanti della borghesia. Non molto diverso dal grande sforzo che il Partito dei Lavoratori si vide obbligato a promuovere proprio un anno fa, affinché Lula e la sua alleanza “Brasile di Speranza” riuscissero opportunamente ad aggiudicarsi la vittoria su Jair Bolsonaro.
La linea di demarcazione di questa nuova alleanza ampliata sembra essere, come anticipato da Massa in ripetute occasioni, il comportamento del Governo argentino di fronte al FMI.
Massa intende pagare il debito, assicurandosi che il FMI si ritiri dall’Argentina, seguendo così la linea che applicò Néstor Kirchner agli inizi del 2000 quando fu presidente della nazione. Meccanismo che funzionò finché Mauricio Macri aprì di nuovo una grande porta al FMI, contraendo il mostruoso debito di 45 miliardi di dollari appena alcuni giorni prima di perdere le elezioni del 2019. 

In secondo luogo esce profondamente rafforzato a Buenos Aires, ma irradiando un segnale a tutto il Paese, il settore più progressista del peronismo con Axel Kicillof in testa. Kicillof incarna il rinnovamento dello spazio nazionale e popolare, e può assicurare ancora la continuità, pur superandola, della figura di Cristina de Kirchner.  
È, forse, il segnale essenziale di questa congiuntura politico-elettorale. Si consolida un settore “giovane” nella conduzione del progetto più coerente e combattivo dello spazio nazionale e popolare espresso da “Unione per la Patria”. 

Terzo elemento e non meno significativo in termini politici, è la scomparsa dalla scena politica e in ogni caso a livello congiunturale, del macrismo, poiché “Insieme per il Cambiamento” con appena il 23 % dell’elettorato potrebbe smembrarsi e subire serie divisioni interne, che già si percepivano e che soltanto un buon risultato elettorale avrebbe potuto evitare. Il macrismo, progetto neoliberista con drammatiche conseguenze per i settori popolari, ha governato l’Argentina tra il 2015 e il 2019 ed aspirava a riconquistare la direzione dello Stato.
Benché tutto sia aperto in vista del secondo turno elettorale del 19 novembre, i settori popolari argentini, compresi i numerosi movimenti sociali, questo 22 ottobre hanno recuperato la parola nelle urne. Risalendo la china di una situazione quasi drammatica che indicava perfino la possibilità che un negazionista come Javier Milei arrivasse al primo turno alla presidenza dell’Argentina.  

Tradu.A.Bottero