In giugno l’inizio del processo per le persone coinvolte nel crimine della dirigente indigena
La Esperanza, Intibucá, 5 aprile (LINyM) -.
Víctor Fernández, responsabile politico del Movimento ampio per la dignità e la giustizia, Madj, e rappresentante legale della famiglia di Berta Cáceres, ha fatto il punto sulla lotta intrapresa per rimuovere il velo di segretezza e di impunità che circonda il caso della leader indigena assassinata 25 mesi fa.
– Nel giorno del secondo anniversario dell’assassinio di Berta Cáceres è stato arrestato Roberto David Castillo, ex presidente esecutivo del gruppo Desarrollos Energéticos SA (Desa). E’ accusato di essere il mandante del crimine.
Qual è la sua valutazione? –
È incredibile vedere la freddezza con cui le istituzioni honduregne hanno calcolato il momento esatto per eseguire l’arresto. Le informazioni sul coinvolgimento di Castillo nell’assassinio di Berta (Cáceres) sono note da oltre un anno e abbiamo presentato un’accusa diretta contro quest’uomo dall’ottobre dell’anno scorso. Non abbiamo mai avuto risposta.
Il mandante è colui che prende la decisione di commettere e finanziare un crimine. Secondo la testimonianza dello stesso David Castillo, egli era un impiegato di Desa. Gli azionisti del consiglio di amministrazione della società sono altri. Fanno parte della famiglia Atala e in tutte le comunicazioni (intercettazioni telefoniche nelle mani del Pubblico Ministero, ndr) progettano azioni criminali contro il Copinh (1)
Alcuni di loro sono chiaramente collegati al finanziamento, all’organizzazione e all’esecuzione tanto del crimine contro Berta come degli attacchi contro la struttura e le manifestazioni di piazza del Copinh. Per noi, David Castillo è solo uno degli intermediari di più alto livello nella catena criminale che ha partecipato all’omicidio, ma non è uno dei mandanti che avevano il controllo definitivo sull’azione criminale.
Sopra di lui ci sono altri soggetti che hanno preso la decisione, l’hanno finanziata e avevano il potere di decidere se il crimine sarebbe stato commesso o meno. La richiesta di giustizia piena trascende la figura di Castillo perché mancano ancora i veri mandanti.
– Si è anche visto come l’omicidio di Berta Cáceres sia stato il risultato di una vera e propria operazione di intelligence militare.
– Ricordiamo che Castillo si è laureato all’accademia militare di West Point negli Stati Uniti ed è stato un sottotenente dell’intelligence militare delle Forze Armate dell’Honduras.
Se esaminiamo i processi di addestramento in spionaggio e infiltrazione, ci rendiamo conto che questi stessi processi sono stati impiegati qui per penetrare, infiltrarsi e distruggere la lotta del Copinh, e sono stati messi al servizio dell’esecuzione dell’omicidio di Berta.
– Esiste ancora qualche dubbio sul coinvolgimento diretto di Desa nel crimine?
– Nessuno. Sin dall’inizio abbiamo detto che Desa era coinvolta nel crimine, ma dall’ipotesi alla sua conferma c’è un passo molto lungo. Due anni dopo abbiamo potuto verificare che ci sono elementi evidenti, chiari e conclusivi del legame tra l’impresa e il crimine. È come chiudere un cerchio.
– C’è una strategia di violenza che va oltre l’omicidio di Berta?
– Pensiamo di sì. Esiste un legame diretto tra gli attacchi a difensori dell’ambiente e quelle aziende e consorzi, che promuovono con forza un modello economico e di presunto sviluppo basato sul saccheggio delle risorse naturali e sullo sfruttamento dei processi di privatizzazione in atto nel Paese. Desa, ad esempio, fa parte di un gruppo economico che opera in diversi settori strettamente interconnessi e ha una piattaforma legale e una struttura di avvocati presenti in tutti i processi. Ha anche un chiaro legame con i settori militari e della polizia.
Come organizzazioni sociali e comunitarie stiamo portando avanti una serie di lotte territoriali in cui appaiono queste stesse dinamiche. Il caso dell’omicidio di Berta diventa emblematico nel momento in cui ci insegna cose, come ad esempio imparare ad affrontare un apparato di intelligence che si infiltra e penetra nelle organizzazioni per promuovere crimini.
Non possiamo non tenere presente che prima e dopo l’assassinio di Berta ci sono stati altri centinaia di omicidi legati alla logica dell’eccessivo potere corporativo, alla corruzione giudiziaria, all’abuso da parte delle forze di sicurezza dello Stato e della politica. Anche la critica e l’attacco feroce alle leadership sociali e comunitarie fanno parte di questo scenario.
E quando non riescono a controllare le persone “risolvono” la situazione assassinando: sperano in questo modo di infliggere un duro colpo alla struttura e alla capacità di resistenza e di lotta delle organizzazioni e delle comunità.
Queste sono alcune delle lezioni più importanti che l’indagine sull’assassinio di Berta ci ha insegnato in questi due anni. La sfida ora è saper proporre alternative reali al modello di giustizia che impera in Honduras.
– In giugno inizia il processo contro le prime otto persone coinvolte nell’omicidio. Cosa vi aspettate? –
Crediamo che ci siano responsabilità penali per sette degli otto imputati. Dobbiamo ottenere la loro condanna, ma continueremo anche a insistere affinché siano indagati e catturati i veri mandanti. Il Pubblico ministero ha abbastanza elementi per farlo. Dobbiamo anche riuscire a portare in tribunale le società criminali e le banche nazionali e internazionali che si sono rese complici e partecipi del crimine. Dobbiamo fare giustizia e ottenere riparazione per le vittime e per le comunità coinvote.
Nota
(1) Consiglio civico delle organizzazioni popolari e indigene dell’Honduras, organizzazione di cui Berta Cáceres era coordinatrice
Fonte originale: LINyM
Di Giorgio Trucchi | LINyM
Traduzione: Angela Di Terlizzi e Nicoletta Mannuzzato
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