In questo articolo, non si pretende analizzare le linee della futura politica estera di Washington su scala globale, ma si cerca di mettere a fuoco il possibile rapporto con il suo tradizionale “cortile di casa”, l’America Latina ed i Caraibi. È più che probabile che continui e si intensifichi l’offensiva nei confronti dei governi “progressisti”, ed in particolare contro Cuba, la Repubblica Bolivariana del Venezuela, la Bolivia e l’Ecuador. Ma non c’è dubbio che le prime mosse hanno creato inquietudine e spiazzato anche gli alleati tradizionali degli USA in America Latina. Dopo la strategia del “soft power” dell’Amministrazione Obama e di Hillary Clinton (che ha organizzato ed appoggiato i “golpe istituzionali” in Honduras, Paraguay e Brasile), cambia la musica. Ma andiamo con ordine.
Trump land: America first
A pochi giorni dal suo insediamento a capo della potenza statunitense, Donald Trump è riuscito a battere alcuni record di politica estera. Tensioni con la Cina (a partire dal giorno stesso in cui si è insediato), l’Unione Europea e la Nato (che ha definito obsoleta), una crisi diplomatica con il Messico ed una forte tensione con i sette Paesi i cui cittadini hanno l’ingresso temporaneamente vietato o ristretto negli Stati Uniti, giudici permettendo.
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