Global Witness ha presentato un nuovo rapporto
Reazione inconsulta dell’apparato governativo honduregno
Tegucigalpa, 6 febbraio (Rel-UITA / LINyM) -. “Non esiste nessun altro posto al mondo in cui la probabilità di essere assassinato per il fatto di protestare contro la spoliazione delle terre e la distruzione della natura sia così elevata come in Honduras”, ha assicurato l’organizzazione Global Witness nell’ultimo rapporto presentato pochi giorni fa dal titolo: “Honduras: il posto più pericoloso per chi difende il pianeta”.
Secondo quanto riporta il documento, sono 123 gli attivisti difensori della terra e dei beni comuni assassinati dopo il colpo di Stato del 2009; altri ancora hanno subito minacce, sono stati perseguitati e incarcerati. Più del 90% di questi crimini rimangono tuttora impuniti.
Questi livelli di violenza e intimidazione colpiscono con forza le comunità rurali, indigene e contadine, in cui si sviluppano continue forme di resistenza e di lotta contro i progetti estrattivi e il saccheggio dei beni comuni.
Corruzione, saccheggio, criminalizzazione e impunità
…un cocktail letale
Questa situazione -assicura Global Witness- è il risultato di un cocktail letale in cui si combinano corruzione generalizzata, interessi del gran capitale nazionale e internazionale colluso con rappresentanti della classe politica e funzionari pubblici, totale assenza del diritto delle comunità al consenso previo, libero e informato e impunità.
Oltre a trovarsi al 123º posto su 176 paesi nell’Indice di percezione della corruzione di Trasparenza Internazionale, l’Honduras continua a essere il paese più disuguale dell’America Latina[1] già che di ogni 10 persone, 6 vivono in povertà e 4 di esse in povertà estrema[2].
La proliferazione di progetti legati ad attività minerarie, energetiche, agroindustriali e turistiche rappresenta uno dei capisaldi della strategia economica nazionale. Organizzazioni sociali segnalano che in Honduras esistono a oggi 714 progetti estrattivi e calcolano che circa il 30-35% del territorio sia già stato dato in concessione.
L’omicidio di attivisti, di conseguenza, “si radica nell’avidità delle imprese, nella corruzione e nell’impunità degli aggressori, protetti dal settore impresariale”, afferma il rapporto che mostra, inoltre, l’esistenza di un vincolo molto stretto tra istituzioni e interessi delle imprese promotrici di progetti estrattivi.
Global Witness segnala anche la mancanza di volontà politica del governo e l’eccessiva influenza delle elites economiche nazionali, che negano una reale ed efficace protezione agli attivisti, che in questo modo restano esposti alla persecuzione e alla repressione.
“Abbiamo documentato una quantità infinita di attacchi e di minacce a difensori, tra cui la brutale aggressione di un gruppo di soldati ad alcune donne incinta e a bambini minacciati da poliziotti armati, e ancora incendi provocati nelle case dei vicini, mentre i sicari continuano a circolare a piede libero nelle stesse comunità e villaggi delle loro vittime”, afferma Billy Kyte di Global Witness nella sintesi dello studio.
Un modello che gode del sostegno degli istituti finanziari internazionali e dei governi “amici”, in particolare gli Stati Uniti, che incoraggiano gli investimenti nell’industria estrattiva.
Una strategia collettiva di lotta
Il rapporto di Global Witness presenta cinque casi studio, tra cui quello dell’omicidio della dirigente indigena lenca e coordinatrice del Copinh[3], Berta Cáceres, assassinata per la lotta intrapresa contro il progetto idroelettrico Agua Zarca, e quello del massacro di cinque attivisti tolupanes della comunità di San Francisco Locomapa[4], nel mezzo di una dura lotta contro le attività minerarie e il taglio abusivo delle foreste.
“Il rapporto è molto coraggioso e dimostra in modo schiacciante il vincolo che c’è tra imprese, politica, organi di giustizia, sfruttamento delle risorse naturali, criminalizzazione della protesta sociale e impunità”, ha detto a La Rel, Bertha Oliva, coordinatrice del Cofadeh[5].
“E’ un apporto significativo al rafforzamento della memoria e alla lotta contro la corruzione e l’impunità nel Paese. È anche un invito a unire forze e azioni, a definire una strategia comune contro questa struttura di potere e di terrore”, ha segnalato l’attivista per la difesa dei diritti umani.
Tra le raccomandazioni finali, Global Witness esorta lo Stato honduregno e le sue istituzioni a “dare priorità alla protezione degli attivisti difensori della terra e i beni comuni”, combattendo la corruzione fomentata dalle aziende estrattive e l’impunità.
Raccomanda inoltre al governo di collaborare con le organizzazioni sociali “per consolidare o creare leggi che garantiscano il diritto delle comunità al consenso previo, libero e informato”.
Chiede anche agli Stati Uniti di porre condizioni alle politiche di cooperazione con l’Honduras, affinché esse dipendano dal livello di protezione che viene garantito agli attivisti, dai risultati della lotta contro la corruzione e l’impunità e dal rispetto delle decisioni prese dalle comunità.
Esorta infine gli investitori stranieri e gli istituti finanziari internazionali a bloccare qualsiasi forma di investimento e finanziamento in progetti estrattivi che provocano violenza e violazioni dei diritti umani.
Relatori di Global Witness
In pericolo
Non si è fatta attendere la reazione del governo honduregno e del partito del presidente Juan Orlando Hernández, che ha risposto con minacce, azioni legali e campagne di diffamazione contro i rappresentanti della Ong britannica.
Dopo un dibattito televisivo il giorno successivo alla presentazione del rapporto, Billy Kyte ha rischiato il linciaggio da parte di membri del partito di governo ed è stato scortato fino alla vettura dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani in Honduras, Oacnudh, che l’ha tratto in salvo (vedi il video https://youtu.be/qkY2LzGB7IY).
Imprenditori accusati di corruzione e collusione con membri del governo hanno iniziato azioni legali e hanno chiesto alla Procura della Repubblica di far arrestare i due membri di Global Witness. La Ong britannica ha condannato la persecuzione.
Intanto, organizzazioni per la difesa dei diritti umani di tutto il Centroamerica hanno pubblicato un comunicato di sostegno a Global Witness e ai difensori honduregni, condannando la campagna di denigrazione, intimidazione e criminalizzazione fomentata da settori legati al governo, istituzioni dello Stato e aziende private.
[1] Dato Banca Mondiale 2015
[2] Dato Cepal 2015
[3] Consiglio Civico delle Organizzazioni Popolari e Indigene dell’Honduras
[4] Armando Fúnez Medina, Ricardo Soto Fúnez, María Enriqueta Matute, Erasio Vieda Ponce, Luis Reyes Marcía
[5] Comitato dei Famigliari dei Detenuti Scomparsi in Honduras
Fonte originale: Rel-UITA
Traduzione: Giampaolo Rocchi
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