“Un bilancio chiaramente negativo”
Intervista con Hugo Yasky dirigente sindacale nazionale Di Sergio Ferrari Buenos Aires, Argentina
Aria di modernernizzazione e rinnovamento per alcuni. Smantellamento dello stato sociale per altri. A pochi giorni dal compimento del primo anniversario dall’arrivo di Mauricio Macrì alla presidenza, “ il bilancio della sua gestione è chiaramente negativo”, sottolinea Hugo Yasky, segretario generale della Centrale dei Lavoratori dell’Argentina (CTA) in questa sua intervista esclusiva. CTA, con circa 800 mila affiliati (una delle cinque grandi centrali sindacali del paese) promuove l’unità del movimento sindacale e si colloca nell’area dell’ opposizione. La sconfitta elettorale del kircherismo nel 22 novembre 2015 e l’arrivo di Mauricio Macrì al governo il 10 di dicembre dello stesso anno con un programma politico neoliberale, hanno aperto nuove tappe di cambiamento in Latinoamerica. Poco mesi dopo la destituzione di Dilma Rousseff ( Partito dei Lavoratori) in Brasile, si è rafforzata questa tendenza mettendo fine a più di un decennio di governi progressisti in due dei principali paesi del continente.
D: Dodici mesi di Governo di Macrì, qual’è il bilancio visto da una prospettiva sindacale?
R: Assolutamente negativo. I più colpiti delle misure del nuovo Governo sono stati i lavoratori. Abbiamo calcolato che per la fine del 2016 si avranno 400 mila persone che avranno perso il posto di lavoro, sia nel settore Statale che nel privato. Abbiamo calcolato che per ogni licenziato nel settore formale, un altro perderà il lavoro nel settore informale. Nello stesso periodo si è verificata un’enorme perdita del potere d’acquisto dei lavoratori. Il Governo propone di compensarlo con un Bonus di 2000 pesos (130 dollari) per la fine di quest’anno. I nostri calcoli indicano una perdita salariale accumulata in questi 12 mesi tra i 12 mila ai 400 mila pesos (800-950 dollari). Questi sono colpi durissimi ai settori popolari da parte di un Governo in cui la maggioranza del Gabinetto proviene dalla grandi imprese multinazionali e l’insieme delle misure economiche e finanziarie sono antipopolari.
D: Cosa vuol dire? R: E’ stata decretata una svalutazione di circa il 40% della moneta nazionale, cosa che ha causato una perdita di potere d’acquisto dei salari. In parallelo si è deciso di togliere i vincoli agli esportatori di materie prime, compresi i due settori principali, cereali e carne: questo ha prodotto un aumento del prezzo interno dei beni alimentari. Non bisogna dimenticare la decisione di pagare i fondi che speculano sul debito dei Paesi con risorse che avrebbero potuto essere destinate ad attenuare l’effetto delle misure economiche. Inoltre l’enorme aumento dell’indebitamento con l’estero (circa 50 miliardi di dollari, N.d.R.), addirittura supera quello del periodo della dittatura degli anni ’70.
D: Un modello economico che smantella lo Stato Sociale?
R: Una delle promesse elettorali di Macrì era di raggiungere povertà zero: la realtà ci indica che la povertà è aumentata in modo significativo in questi dodici mesi . Tutti questi elementi definiscono la politica di “shock” che viene applicata. Cercano di raffreddare l’economia con l’obiettivo di far scendere l’inflazione. Nella realtà è come cercare di abbassare la pressione arteriosa di un malato mettendolo dentro una cella frigorifera, al costo della propria agonia.
D: Ci sono state reazioni sociali di fronte a questa nueva realtà?
La base sociale, i lavoratori, i settori popolari incluso un settore della classe media, si sono mobilitati attivamente in questi ultimi dodici mesi. Il 24 di marzo si è realizzata una marcia di ripudio in occasione dei 40 anni del Golpe del 1976, che ha registrato la maggiore partecipazione di massa di questa commemorazione negli ultimi anni. Il 29 di aprile c’era stata una marcia con le centrali sindicali (per il primo di maggio) molto grande A settembre c’è stata la Marcia Federale sorprendentemente grande e di massa. La mobilitazione è riuscita a promuovere una legge anti-licenziamenti che è stata approvata dal Parlamento e su cui Macrì ha posto il veto, continuando col suo programma di riforme strutturali con licenziamenti. In molte occasioni il governo ha dovuto fare marcia indietro rispetto alle misure previste, poiché altrimenti l’unica possibilità che avrebbe avuto sarebbe stata una repressione di massa, col pericolo di scoperchiare il classico Vaso di Pandora. Va detto che queste mobilitazioni sono state il risultato dell’esperienza accumulata negli ultimi 13 anni, in cui c’era stata una forte partecipazione sociale.
D: Le prospettive per il 2017?…
R: Alcuni analisti affermano che il vero aggiustamento strutturale non è ancora iniziato. Tutto quello che viviamo è solo una tappa preliminare. Il Governo specula nell’applicarlo,una volta che saranno passate le elezioni intermedie dell’anno prossimo, avranno una grande importanza per prendere le misure del campo politico. Noi, in quanto sindacato combattivo, non possiamo negare che arriviamo da una sconfitta elettorale.. La nostra grande sfida è che il nostro logorio sociale che il Governo tenta di esacerbare, non ci faccia diventare una semplice espressione di volontarismo politico. Dobbiamo continuare assieme alla gente. Interpretando e dando risposte all’istinto dei lavoratori di mobilitarsi per difendere le proprie conquiste e le loro rivendicazioni, Essere attenti a ciascun movimento e raccogliere segnali che ci arrivano dalla realtà per coadiuvarla a modificarla; interpretando anche il carattere repressivo del Governo che si è tradotto per esempio nella repressione contro Milagro Salas ed altri dirigenti sociali detenuti ingiustamente, nella città di Jujuy. E’un segnale da non sottovalutare. Un’avvertenza a tutto il movimento sindacale e sociale nonostante la reazione delle comunità internazionale includendo le Nazioni Unite, che la considerano una detenuta politica e per la quale viene richiesta la libertà immediata.
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