Figlie di Bertha Cáceres denunciano segreti e anomalie nelle indagini sul suo omicidio
Bertha e Laura, 25 e 23 anni, hanno appena terminato la conferenza stampa durante la quale, insieme alla loro sorella maggiore Olivia e ai rappresentanti del Consiglio civico delle organizzazioni popolari e indigene dell’Honduras, Copinh, la Piattaforma dei movimenti sociali e popolari dell’Honduras, Pmsph, e il Centro per la giustizia e il diritto internazionale, Cejil, hanno denunciato gravi anomalie nelle indagini sull’omicidio della madre, la leader indigena Bertha Cáceres.
Alcuni anni fa, insieme al loro fratello minore Salvador, Bertha e Laura hanno dovuto abbandonare il Paese. Troppo pericoloso rimanere in Honduras, dove la violenza politica e la criminalizzazione della protesta sociale hanno provocato la morte o la sparizione di centinaia di persone.
Ma mai hanno potuto, né voluto tagliare il cordone ombelicale che le unisce alla loro terra, alla loro cultura, alla loro etnia originaria Lenca, alla loro famiglia, alle lotte intraprese dalla loro mamma, dal loro papà, dal Copinh, contro un modello che divora territori, risorse naturali e vite.
La mattina del 3 marzo, Bertita e Laura ricevettero una telefonata. “Uno zio che vive in Messico mi chiamò alle 6 del mattino. Rimasi paralizzata, non sapevo cosa fare, non potevo crederlo, e ancora adesso faccio fatica a elaborare questa perdita”, spiega Bertita.
“Mi avvisarono alcune compagne dell’organizzazione che rese possibile la mia uscita dal paese. Parlai con Bertha la quale mi diede conferma. Fu terribile”, disse Laura guardandomi coi suoi grandi occhi.
Organizzazioni, amici e amiche solidali hanno raccolto i fondi necessari per farle partire per l’Honduras, non solo per stare con la loro famiglia e migliaia di persone nella veglia e nel funerale della loro mamma, ma anche per esigere con forza la cattura e il castigo dei responsabili intellettuali e materiali di questo assassinio politico.
Magroline, facendo trasparire una fragilità fisica che svanisce davanti a una forza interiore e una fermezza che hanno ereditato dalla loro madre, dal loro popolo, Bertita e Laura si siedono di fronte a me, condividendo, spalla a spalla, la stessa poltrona.
-Bertha la ricordiamo come una lottatrice instancabile, ma che tipo di mamma era?
-Laura: Una mamma con un carattere molto forte per la lotta che portava avanti e che sapeva trasmettere valori. Ma quello che più mi impressionava di lei era la sua dolcezza. Sapeva perfettamente separare le due cose. Questa era mia madre, l’essere umano che io ho conosciuto, e quello che la caratterizzava in tutto era l’amore.
Indagini molto dubbie
Disturbi, manipolazioni e pressioni
-Come avete vissuto questi giorni così difficili?
-Bertha: Sono stati giorni molto complicati, molto dolorosi. Qualcosa che ancora non posso capire. Ma la cosa più difficile fino ad ora è la totale segretezza che avvolge le indagini sull’omicidio di nostra madre, così come la presenza di diverse squadre investigative di dubbia reputazione.
Continuano a indagare sui membri del Copinh e non si approfondiscono le linee di indagine che hanno a che fare con il lavoro e la lotta di nostra madre. Non si stanno nemmeno prendendo in considerazione i forti interessi economici toccati dalle lotte del Copinh. Tutto questo ci preoccupa molto.
Stiamo inoltre denunciando la campagna di manipolazione mediatica che si è scatenata intorno all’omicidio di nostra madre. I principali media nazionali stanno cercando di discreditare sia la sua immagine che quella del Copinh, attaccando la sua lotta contro il modello capitalista, patriarcale e razzista che impera in Honduras.
Allo stesso modo stiamo condannando il fatto che lo Stato non voglia assumersi le proprie responsabilità, in quanto all’obbligo che gli era stato imposto dalla Commissione interamericana dei diritti umani, Cidh, di proteggere e garantire la vita di nostra madre.
-Laura: Denunciamo con forza la pressione di cui è vittima la nostra famiglia e quelle di tanti altri compagni del Copinh. Conosciamo perfettamente la lotta che ha portato avanti mia madre, e capiamo che quello che le è successo è una chiara dimostrazione di una escalation di violenza. A questa gente non le importa nulla, non hanno più limiti.
Scagionare i colpevoli…
E criminalizzare le vittime
-E’ preoccupante la piega che sta prendendo l’indagine e il tempo che si sta perdendo…
-Bertha: Siamo di fronte a una strategia che vuole criminalizzare il Copinh e salvare la faccia al governo, salvaguardando gli interessi di imprese e gruppi molto potenti. La lotta di mia madre non è mai stata individuale, ma sempre all’interno del Copinh e il suo lascito più importante riguarda la chiarezza politica e la fermezza de suo discorso.
Laura: Questa lotta rappresentava una minaccia per la proposta politica, economica e sociale dello Stato honduregno, per gli interessi dei grossi gruppi economici e per lo stesso sistema che li protegge. Mia mamma era un ostacolo per la realizzazione di molti progetti che fanno parte del modello estrattivista e che coinvolgono imprese nazionali, multinazionali e lo stesso governo.
Per questo non dubitiamo delle responsabilità delle autorità honduregne in questo crimine.
Bertha: Sebbene le principali minacce ricevute da mia madre avevano a che fare con la lotta contro il progetto idroelettrico Agua Zarca, nella zona di Rio Blanco, la lotta del Copinh e delle comunità Lenca andava molto più in là e interessava un grosso numero di progetti di sfruttamento.
E’ evidente che della morte di mia madre beneficiano tutti quei gruppi che mercificano i beni comuni della natura.
Agua Zarca
Un progetto di morte
-Sia l’impresa idroelettrica Agua Zarca che l’ente finanziario Finn Fund hanno emesso comunicati in cui negano qualsiasi coinvolgimento nell’assassinio di Bertha Cáceres. Riaffermano inoltre la viabilità del progetto.
-Bertha: Vogliono lavarsene le mani e questo è un atto irresponsabile. Riaffermiamo che esiste una responsabilità diretta dell’impresa concessionaria Desarrollo Energéticos S.A., DESA, e delle entità finanziarie che stanno finanziando il progetto.
Mia madre e il Copinh non avevano mai smesso di denunciare le violazioni che si stavano commettendo intorno allo sviluppo del progetto Agua Zarca, che è un progetto di morte. L’omicidio di mia madre avviene in un contesto di violenza che era già costata la vita a vari membri delle comunità Lenca organizzate nel Copinh.
Questi comunicati sono un affronto e una mancanza di rispetto nei confronti dei familiari di tutte le vittime.
-Laura: Queste entità finanziarie sapevano perfettamente quello che stava succedendo e hanno continuato a portare avanti i loro affari.
-La Cidh ha concesso recentemente misure cautelari sia ai familiari di Bertha che al Copinh e a Gustavo Castro Soto, testimone dell’omicidio. Si stanno rispettando queste misure?
-Bertha: Nessuno ci ha consultato. Non sappiamo nulla. Come familiari di Bertha Cáceres abbiamo una nostra visione riguardo al “dare protezione”. Non ci interessano le pattuglie o la protezione della polizia, perché sarebbe più una minaccia che una sicurezza per la nostra vita.
Lo abbiamo detto e lo riaffermiamo: l’unico modo per garantire la nostra sicurezza e quella dei membri del Copinh è cancellando definitamente questi progetti di morte, che sono poi quelli che hanno generato e acutizzato i conflitti nel territorio Lenca.
-Laura: Nel nostro comunicato diciamo chiaramente che non possiamo accettare che la stessa Polizia e le istituzioni che hanno salvaguardato, curato e protetto gli interessi e la proprietà privata dell’impresa DESA e che hanno criminalizzato mia madre, pretendano ora di offrirci protezione.
L’eredità
Lotta e ribellione
-Qual è il lascito di vostra madre e come vi sentite di fronte a questa figura che incarna uno spirito di lotta così grande?
-Bertha: L’eredità che ci lascia è un’eredità di lotta, di ribellione contro tutti i sistemi e progetti di morte. Ribellarsi di fronte alla morte stessa. E’ la lotta per la vita, è il sentimento di giustizia piena, per cercare trasformazioni vere, profonde, integrali.
-Laura: Il concetti di lotta anticapitalista, antirazzista e antipatriarcale ha dentro di sé questa visione di integralità. Quello che ci aspetta non è facile, ma è grazie a questo lascito se adesso ci sentiamo più forti e siamo pronte ad affrontare tutto quello che verrà. Lai ci ha lasciato questa forza.
Di Giorgio Trucchi | Rel-UITA /LINyM
Traduzione Andrea De Lotto
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