Evo navigando controvento

evodi Marco Consolo –

Evo Morales non potrà ripresentarsi alle elezioni del 2019.
Domenica 21 febbraio gli elettori boliviani sono stati chiamati a votare su un referendum per una modifica dell’art. 168 della Costituzione (che limita a 2 mandati la rielezione di Presidente e Vice-Presidente). La sua approvazione avrebbe permesso a Evo di ripresentarsi nel 2019. Ma così non è stato.
Con una partecipazione dell’84,45% degli elettori, l’opzione del NO ha vinto per il rotto della cuffia (51%), contro il 49% dei favorevoli alla modifica della Carta Magna.

Gongolano i corifei della restaurazione e del modello neo-liberista che parlano di “fine dell’era Evo” e del “capolinea di Morales”: in primo luogo l’opposizione boliviana, in buona compagnia dei grandi media internazionali (tra cui quelli italiani) e del Dipartimento di Stato. Ma è bene chiarire che il mandato di Evo termina nel gennaio 2020.
Di sicuro, dopo i risultati avversi in Venezuela ed Argentina, la contro-offensiva imperiale nel “cortile di casa” mette a segno un altro punto a suo favore.

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360 anni di carcere per i carnefici di Sepur Zarco

guateGuatemala : Mai più violenza, né tortura, né schiavitù sessuale! Un raggio contro l’impunità

 
Città del Guatemala, 28 febbraio (Rel-UITA | LINyM) -. Il silenzio quasi sepolcrale che regnava nell’affollata sala d’udienza della Corte suprema di giustizia del Guatemala è stato bruscamente interrotto dal forte e interminabile applauso e dalle grida di giubilo.

La giudice Jazmín Barrios aveva appena concluso la lettura della sentenza di condanna contro gli ex militari Esteelmer Francisco Reyes Girón ed Heriberto Valdez Asig, trovati colpevoli di crimini contro l’umanità connessi alla violenza sessuale, schiavitú sessuale e domestica, dell’omicidio della signora Dominga Coc e delle sue due bambine, Anita e Hermelinda, e della sparizione forzata di sette uomini, sposi delle querelanti.

Per queste atrocità gli ex uniformati sono stati rispettivamente condannati a un totale di 120 e 240 anni di prigione, e le pene non sono commutabili.

– Leggi Las mujeres de Sepur Zarco claman justicia

– Ascolta qui la lettura della sentenza

– Ascolta qui la registrazione integrale dell’ultima udienza

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Che Succede In Messico 2

2.papa.messicoChe succede in Messico? Parla l’esperto – 2
Intervista a Fabrizio Lorusso, tra i maggiori esperti italiani di politica messicana, e delle dinamiche criminali che sconvolgono la Nazione nordamericana

17 Febbraio 2016 di  Francesco Giappichini

Nelle ore in cui scriviamo, il sistema mediatico – italiano, messicano e forse del mondo intero – è ansioso di assistere all’imminente messa del pontefice Jorge Mario Bergoglio, nella città messicana Ciudad Juárez. Proprio al confine con El Paso, in Texas. Intanto chi vuole approfondire le dinamiche socio-politiche del Messico – magari andando un po’ più a fondo rispetto al pur apprezzabile reportage di Sean Penn – potrebbe leggersi la seconda parte della nostra intervista al professor Fabrizio Lorusso.
Il nostro connazionale, che vive in Messico da molti anni, unisce alle attività di docente, giornalista e blogger ( http://lamericalatina.net/ ), anche quella di scrittore.
 In questa sede ci piace soffermarci su tre sue pubblicazioni, che rappresentano un unicum nel panorama della saggistica italiana, dedicata al pianeta latinoamericano.  ‘Narcoguerra. Cronache dal Messico dei cartelli della droga’ del 2015, è «un testo giornalistico e narrativo», come si legge sul portale dell’editrice Odoya, «sul Messico e sulla guerra ai cartelli della droga». La pubblicazione – arricchita dal prologo dell’arcinoto Pino Cacucci – è imprescindibile per chiunque voglia conoscere i connotati di una tra le mafie più sanguinarie della Terra, in affari anche con la ‘ndrangheta calabrese.
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Che succede in Messico? 1

Parla l’esperto -1Messico.papa

Intervista a Fabrizio Lorusso, tra i maggiori esperti italiani di politica messicana, e delle dinamiche criminali che sconvolgono la Nazione nordamericana.
di Francesco Giappichini 14 febbraio 2016
In queste ore, segnate dalla visita di papa Francesco in Messico, è d’obbligo porci qualche domanda sulla Nazione ispanoamericana. Che se da un lato vanta il quattordicesimo posto tra le maggiori potenze mondiali, dall’altro è sconvolta da un’ondata di violenza, che rischia di sancirne l’assoluta inaffidabilità. Negli ultimi mesi – e nonostante l’Area sia tradizionalmente negletta dal mainstream internazionale – il Paese è riuscito a far parlare di sé anche sui quotidiani nostrani. La strage degli studenti a Iguala e la telenovela della cattura di Joaquín “El Chapo” Guzmán Loera – con Sean Penn attore non protagonista – hanno contribuito a che i media occidentali degnassero di una certa attenzione l’omicidio del sindaco di Temixco, Gisela Mota Ocampo, la sanguinosa rivolta nel carcere Topo chico di Monterrey, e anche il sacrificio dell’ennesimo giornalista: Anabel Flores Salazar è stata uccisa proprio lo scorso 9 febbraio, nello Stato di Veracruz.

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INTERVENTO DEL COMANDANTE IVÁN MÁRQUEZ AL PARLAMENTO EUROPEO

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Lo scorso 28 gennaio il Comandante Iván Márquez è intervenuto di fronte al Parlamento Europeo a nome della Delegazione di Pace delle FARC-EP.

Il Comandante, attraverso un video fatto pervenire a Bruxelles, ha affermato che l’approvazione della missione politica speciale per l’osservazione del cessate il fuoco bilaterale rappresenta un grande passo avanti in direzione della pace. A conclusione del suo intervento, il Comandante ha manifestato la necessità di cancellare le FARC dalla lista delle organizzazioni “terroriste”, con la stessa rapidità con cui vi erano state inserite. La decisione di qualificare le FARC come organizzazione “terrorista” è stata ratificata negli USA nel 2001, seguiti a ruota, l’anno successivo, dall’Unione Europea. Occorre sottolineare che in America Latina solo il Perù e lo Stato colombiano adottano questa definizione.

Tali liste, arbitrarie ed ingiuste secondo numerose organizzazioni internazionali, non prendono in considerazione né il terrorismo di Stato (responsabile, secondo l’ONU, del 75% delle violazioni dei diritti umani in Colombia), né tanto meno il diritto di ribellione armata esercitato dai popoli di fronte alla tirannia.

E’ evidente che l’eliminazione delle FARC dalla lista rappresenta un passo imprescindibile verso una società inclusiva, in cui l’insorgenza possa operare come organizzazione politica legale con tutte le garanzie del caso.

APPELLO PER LA LIBERAZIONE DI MILAGRO SALA

appello.milagro.salaRedazione Italia Pressenza
22 gennaio 2016
In questi giorni un comitato informale per la liberazione di Milagro Sala si è formato in Italia e ha raccolto firme per inviare questo appello al Presidente dell’Argentina, Mauricio Macri e a Gerardo Morales,  Governatore della Provincia di Jujuy; lo riproduciamo qui sotto con l’elenco dei primi firmatari. Chi volesse dare la sua adesione scriva a olivier.turquet@gmail.com
Appello per la liberazione immediata di Milagro Sala
Apprendiamo con stupore e preoccupazione la notizia che la Deputata del ParlaSur Milagro Sala è detenuta da alcuni giorni nelle carceri argentine con accuse che sembrano di natura politica più che penale.

Milagro Sala è stata privata della libertà il 16 gennaio 2016 per aver organizzato una protesta pacifica in Plaza Belgrano, a San Salvador de Jujuy, Argentina.
Dal 13 dicembre 2015 l’organizzazione Tupac Amaru, di cui Milagro è dirigente e fondatrice, insieme alla rete delle organizzazioni sociali della provincia, ha organizzato un sit-in davanti alla sede dell’esecutivo della provincia di Jujuy per chiedere al governatore di concedere loro un colloquio. A ciò si è risposto con una denuncia contro Milagro Sala per “istigazione a delinquere e agitazione”; l’arresto della dirigente è stato immediato.

Dalla documentazione che ci è stata fornita risulta che Milagro Sala sia una dirigente, una benefattrice e una persona molto stimata a Jujuy, dove lotta da decenni per migliorare le condizioni sociali, educative e sanitarie di una delle zone più povere dell’Argentina.

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Sfide cruciali di un’America Latina in movimento

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2016,tra l’alternanza politica e la mobilitazione sociale

di  Sergio Ferrari*

Le ultime settimane del 2015 hanno visto grossi cambiamenti nella dinamica politica di un continente egemonizzato nell’ultima decade da governi progressisti. L’alternanza elettorale occupa un posto preponderante in questa nuova tappa dell’America latina che, in meno di 30 anni, ha virato da dittature brutali a democrazie in processo di consolidamento.

L’arrivo al governo argentino di Mauricio Macri il 10 dicembre, la sconfitta nelle elezioni legislative venezuelane il 6 dicembre con la perdita della maggioranza parlamentare, la domanda di giudizio politico nei confronti della brasiliana Dilma Rousseff, costituiscono i fatti recenti più noti che marcano la nuova congiuntura continentale. In questa, la soluzione negoziata del conflitto colombiano, sembra una possibilità oggi più reale dopo metà secolo di guerre interne.

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Argentina: il tango a destra

mauricio macridi Marco Consolo

Festeggia la destra argentina e quella continentale. Con una differenza di meno del 3% e uno stretto margine di 700.000 voti, al ballottaggio vince il suo candidato, Mauricio Macri, il “Berlusconi argentino”, che ha battuto Daniel Scioli, il candidato del Frente para la Victoria che in certo modo rappresentava il continuismo (51.6 % a Macri, 48,3 % a Scioli, 22 % di astensionismo). L’insediamento di Macri è previsto per il 10 dicembre. E’ la prima volta dal 1998, anno in cui Hugo Chavez vinse le elezioni in Venezuela, che le urne riconsegnano alla destra il governo di un Paese che stava cercando un’alternativa.

Fattore decisivo della vittoria è stato il voto del peronismo conservatore, che al primo turno aveva votato per Sergio Massa, piazzatosi terzo. Fiutata l’aria, Massa aveva chiesto un segnale di “cambiamento”, implicitamente garantendo il suo appoggio “critico” alla destra di Macri che è riuscito a sommare i voti di una parte importante dell’elettorato conservatore del peronismo. Massa oggi mette a disposizione gli eletti nelle diverse Province ed i suoi voti in Parlamento.
Nel risultato ha giocato anche l’appoggio alla destra da parte dei “socialdemocratici” dell’Unión Cívica Radical, passati armi e bagagli con la destra sin dal primo turno.

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Cuba responsabilizza gli Usa per crisi migratoria in Centroamerica

cubaricaCittadini cubani ancora bloccati sul confine tra Nicaragua e Costa Rica

Managua, 19 novembre (LINyM) -. Il governo di Cuba ha emesso ieri un comunicato nel quale accusa gli Stati Uniti per la grave crisi migratoria che coinvolge migliaia di cittadini cubani, bloccati sul confine tra il Costa Rica e il Nicaragua.

In modo particolare, punta l’indice contro le politiche migratorie statunitensi, come la Legge de Ajuste Cubano e la politica “piedi asciutti, piedi bagnati”, che di fatto incentivano l’emigrazione illegale di cubani verso il territorio nordamericano, garantendo loro l’immediata concessione della residenza.

Non importa come arrivino e se per farlo devono percorrere migliaia di chilometri in balia delle reti criminali del traffico di migranti, come sta accadendo a circa duemila cubani che sono partiti dall’Ecuador, hanno attraversato la Colombia e Panama, e che ora sono bloccati sul confine tra i due paesi centroamericani.

Una situazione che ha fatto lievitare nuovamente le tensioni tra le due nazioni, che proprio in questo momento (giovedí) stanno discutendo il tema all’interno della Commissione di sicurezza del Sistema d’integrazione centroamericano, Sica, per ora senza risultati tangibili.

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Cresce nuovamente la tensione tra Nicaragua e Costa Rica

cubani

Migliaia di cittadini cubani bloccati sul confine delle due nazioni centroamericane

Managua, 18 novembre (LINyM) -. Ai conflitti di frontiera esplosi negli ultimi anni, prima per il dragaggio del fiume San Juan -che delimita il confine dei due Stati-, poi per il riconoscimento della sovranitá sulla piccola isola fluviale di Habour Head, si aggiunge ora un nuovo elemento di tensione che mette a dura prova le relazioni diplomatiche tra le due nazioni centroamericane.

Da alcuni giorni, infatti, circa duemila cittadini cubani, la maggior parte dei quali senza documenti, si sono assiepati alla frontiera terrestre nicaraguense di Peñas Blancas e chiedono di poter entrare in Nicaragua per proseguire la loro marcia verso gli Stati Uniti.

Difficile capire come ci siano arrivati in Costa Rica. Secondo vari fonti, scartata oramai l’ipotesi “gommoni” per percorrere le poche decine di miglia nautiche che separano Cuba dalla Florida e considerando la freddezza nordamericana nei confronti di nuovi arrivi in questa fase di aperture diplomatiche tra i due Paesi, la “via fuga” sembra sia diventata quella terrestre.

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