Honduras “La gente fugge dal terrore e dalla miseria”

“La gente fugge dal terrore e dalla miseria”
L’ipocrisia di un governo spurio ‘protetto’ dagli Stati Uniti

Managua 22 ottobre (LINyM | ALAI) -.

Ogni giorno circa 300 persone fuggono dall’Honduras. La maggioranza va verso gli Stati Uniti, non tanto perché credano al “sogno americano”, ma perché preferiscono intraprendere un viaggio pieno di pericoli e dai risultati incerti piuttosto che vivere in un paese in cui imperano incontrastate povertà, violenza e mancanza di opportunità.
Per proteggersi a vicenda, un gruppo di cittadini, intere famiglie con bambini, anziani e anche disabili, hanno deciso di viaggiare insieme. Sabato 13 ottobre si sono dati appuntamento nella città di San Pedro Sula. In poche ore il numero di persone era raddoppiato.

Più passavano le ore e più la “carovana” s’ingrossava. Dopo avere raggiunto in più di 6mila la capitale guatemalteca, il gruppo ha proseguito verso il confine messicano. Nonostante la repressione della polizia, in migliaia sono riusciti a raggiungere il Chiapas e camminano verso nord (secondo le ultime notizie sarebbero circa 7 mila le persone ripartite da Tapachula).

Almeno 2 mila persone sono ancora bloccate sul ponte internazionale “Rodolfo Robles” in attesa dei controlli migratori. In molti si sono invece buttati dal ponte nel fiume Suchiate e hanno proseguito il viaggio con imbarcazioni improvvisate o semplici camere d’aria.
E’ di ieri la notizia del decesso di un cittadino honduregno caduto da un camion a cui, insieme a decine di compagni di viaggio, aveva chiesto un passaggio per raggiungere la frontiera..

Commovente la solidarietà del popolo guatemalteco che non ha lesinato sforzi per soccorrere le persone in fuga.

Intanto altre migliaia hanno iniziato il loro viaggio verso le frontiere del Guatemala ed El Salvador, i cui lati honduregni sono oramai stati militarizzati dal governo di Juan Orlando Hernández. Migliaia di cittadini prigionieri nel proprio paese.


Sì perché queste persone disperate, vittime di un modello politico ed economico fallimentare, corrotto e responsabile di povertà e disperazione, spaventa le autorità. I presidenti dell’Honduras e del Guatemala sono corsi immediatamente ai ripari incolpando dell’esodo l’opposizione politica più radicale. Uno show mediatico con cui tentano disperatamente di salvare il salvabile.

Lo stesso ha fatto il presidente Donald Trump, che ha tuonato contro i governi del ‘triangolo nord’ e del Messico, accusandoli di non essere capaci di controllare i propri cittadini e minacciandoli di chiudere il rubinetto dei finanziamenti e degli aiuti. È anche pronto, dice,  a chiudere la frontiera sud degli Stati Uniti con il sostegno dell’esercito.

È evidente il tentativo del presidente statunitense di usare politicamente lo spauracchio dei migrantes, per cercare di recuperare punti nelle elezioni di metà mandato in cui i repubblicani sono in netto svantaggio.

Nessuno fermerà una valanga umana

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Honduras Caso Berta Cáceres:non vogliono che sia un precedente di giustizia

Honduras
Caso Berta Cáceres: non vogliono che sia un precedente di giustizia

Con l’approssimarsi delle date dell’inizio del processo si stanno moltiplicando i tentativi di minare la credibilità dei testimoni e delle indagini indipendenti. Difendere la terra e i beni comuni continua ad essere un’attività estremamente pericolosa.
Di Giorgio Trucchi

Dal 17 settembre al 19 ottobre si svolgerà in Honduras il dibattito orale e pubblico contro otto persone accusate di aver partecipato nella preparazione ed esecuzione dell’omicidio della dirigente indigena lenca Berta Cáceres. Fra gli imputati ci sono ex-militari e militari attivi come anche dirigenti dell’impresa Desarrollos Energéticos SA (Desa), che è titolare della concessione e del progetto idroelettrico Agua Zarca.

Sergio Rodríguez, direttore dell’area sociale, ambientale e di comunicazione di Desa, Mariano Díaz Chávez, maggiore dell’esercito e veterano delle forze speciali, Douglas Bustillo, luogotenente in ritiro dell’esercito ed ex capo di sicurezza di Desa ed Henry Hernández Rodríguez, sergente e tiratore scelto delle forze speciali, fanno parte di questo primo blocco. Roberto David Castillo Mejia, ex direttore generale di Desa, è in attesa del rinvio a giudizio.

Da anni il Copinh [1] – organizzazione della quale Cáceres fu coordinatrice – lotta con impegno per frenare il tentativo da parte di Desa e dell’impresa di stato cinese Sinohydro di realizzare il progetto. L’opera non è mai stata socializzata con le comunità della zona e genererebbe gravi impatti ambientali, in modo particolare al Rio Gualcarque, sacro per il popolo Lenca.
Questo lungo conflitto ha generato divisioni e scontri. La zona di Rio Blanco, Intibucà, è stata ripetutamente militarizzata e membri delle comunità locali lenca sono stati perseguitati, repressi, hanno subito attentati, la loro lotta è stata oggetto di criminalizzazione e persecuzione giudiziale. Gli attacchi contro le attiviste e attivisti del Copinh lasciano un saldo di varie persone ferite o assassinate.
È in questo contesto di difesa dei territori e delle risorse comuni, di persecuzione e repressione, che Berta Cáceres fu assassinata la notte fra il 2 e 3 marzo del 2016 da un commando armato.

Mancano gli autori intellettuali
Sia il Copinh che i familiari della dirigente indigena assassinata assicurano che tuttavia lo Stato non ha voluto indagare sui mandanti del crimine.

Bertha Zúniga, attuale coordinatrice del Copinh e figlia di Berta Cáceres, in un’intervista rilasciata a Radio Mundo Real [2] ha parlato dell’importanza del processo: “Non è il processo che vorremmo perché mancano gli autori intellettuali del crimine. Piuttosto è un gesto che il governo vuol fare di fronte alla comunità internazionale che sta esigendo giustizia. Nonostante questo sarà un processo storico che darà un segnale importante contro l’ingiustizia. Vogliamo  – ha continuato Zúniga – che questo processo non sia solo “Giustizia per Berta”, ma contribuisca a produrre cambi strutturali nel paese. Che serva a denunciare e trasformare situazioni di fondo che accadono in Honduras, come assassinii, persecuzioni e repressione che rimangono nell’impunità” ha manifestato.

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Honduras 23 agosto

Copinh denuncia patto di impunità nel caso Berta Cáceres

Pubblico ministero accusato di nascondere le prove che inchioderebbero gli autori del crimine
Tegucigalpa, 23 agosto (LINyM) 

Il Consiglio civico delle organizzazioni popolari e indigene dell’Honduras, Copinh, accompagnato dai rappresentanti legali della famiglia di Berta Cáceres, ha nuovamente denunciato il patto d’impunità che starebbe condizionando le indagini sull’omicidio della dirigente indigena assassinata il 2 marzo 2016.

In diverse occasioni, sia il Copinh che la famiglia della Cáceres hanno denunciato il rifiuto della Procura -in particolare del procuratore speciale per i delitti contro la vita- di permettere ai propri legali l’accesso alle informazioni e alle prove ricavate dalle indagini sull’omicidio.

Per ben 35 volte i funzionari della Procura si sono rifiutati di consegnare copia delle informazioni raccolte durante e dopo le perquisizioni realizzate nei locali e proprietà dell’impresa Desarrollos Energéticos SA (DESA), titolare del progetto idroelettrico Agua Zarca contro il quale Berta Cáceres e il Copinh lottavano da anni. Lo stesso è avvenuto con le prove raccolte contro le persone accusate dell’omicidio e che potrebbero rivelare i legami tra l’impresa stessa e la morte violenta della dirigente indigena.

(LEGGI qui un ampio reportage pubblicato da ALAI)

Durante una conferenza stampa, il Copinh e lo staff legale del Movimento ampio per la dignità e la giustizia, Madj, hanno rivelato che nonostante il Tribunale di Tegucigalpa abbia emesso ben cinque ordinanze con le quali intima alla procura la consegna delle informazioni, i funzionari continuano a mettere in atto tattiche dilatorie.

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Honduras/A 25 mesi dall’omicidio di Berta Cáceres i mandanti sono ancora liberi

In giugno l’inizio del processo per le persone coinvolte nel crimine della dirigente indigena

La Esperanza, Intibucá, 5 aprile (LINyM) -.
Víctor Fernández, responsabile politico del Movimento ampio per la dignità e la giustizia, Madj, e rappresentante legale della famiglia di Berta Cáceres, ha fatto il punto sulla lotta intrapresa per rimuovere il velo di segretezza e di impunità che circonda il caso della leader indigena assassinata 25 mesi fa.

– Nel giorno del secondo anniversario dell’assassinio di Berta Cáceres è stato arrestato Roberto David Castillo, ex presidente esecutivo del gruppo Desarrollos Energéticos SA (Desa). E’ accusato di essere il mandante del crimine.
Qual è la sua valutazione?
 –
È incredibile vedere la freddezza con cui le istituzioni honduregne hanno calcolato il momento esatto per eseguire l’arresto. Le informazioni sul coinvolgimento di Castillo nell’assassinio di Berta (Cáceres) sono note da oltre un anno e abbiamo presentato un’accusa diretta contro quest’uomo dall’ottobre dell’anno scorso. Non abbiamo mai avuto risposta.

Il mandante è colui che prende la decisione di commettere e finanziare un crimine. Secondo la testimonianza dello stesso David Castillo, egli era un impiegato di Desa. Gli azionisti del consiglio di amministrazione della società sono altri. Fanno parte della famiglia Atala e in tutte le comunicazioni (intercettazioni telefoniche nelle mani del Pubblico Ministero, ndr) progettano azioni criminali contro il Copinh (1)  

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Honduras – ONU presenta rapporto sulla violazione ai diritti umani durante le elezioni

L’uso sproporzionato della forza da parte di poliziotti e militari provocò morti e feriti

Managua, 15 marzo (LINyM) -.

L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (Office of the High Commissioner for Human Rights, OHCHR) in Honduras ha presentato un rapporto sulla violazione ai diritti umani nel contesto delle elezioni generali dello scorso anno, che hanno lasciato un tragico saldo di almeno 23 persone morte e 60 ferite.
I comizi elettorali del 26 novembre sono stati offuscati da innumerevoli irregolarità e forti denunce di frode. Le proteste dei cittadini sono state represse con estrema violenza dai corpi armati dello Stato. Si sono contati a decine i morti, feriti e gli arrestati durante la crisi post elettorale.

Nel suo rapporto, l’OHCHR segnala che prima della giornata elettorale “ampi settori della popolazione avevano messo in dubbio la credibilità del sistema e dell’intera macchina elettorale”. La risoluzione della Corte suprema di giustizia che ha permesso l’iscrizione della candidatura del presidente uscente Juan Orlando Hernández a un secondo mandato, ha inoltre provocato un forte malcontento in quanto proibita dalla Costituzione.
Il giorno delle elezioni, i ritardi prolungati e le accuse di irregolarità nel conteggio dei voti hanno dato luogo a denunce di brogli. A partire dal 29 novembre si è scatenata un’ondata di proteste in tutto il Paese e il presidente Hernández ha imposto un coprifuoco di 10 giorni.

A partire da questo momento il livello di repressione è aumentato in modo vertiginoso.
L’analisi dell’OHCHR in Honduras rivela che la risposta dello Stato alle proteste “è stata la causa di gravi violazioni dei diritti umani”.
Sulla base di queste osservazioni, l’Alto commissariato considera che le forze dell’ordine – specialmente la Polizia militare dell’ordine pubblico (PMOP) e l’esercito – “abbiano fatto un uso sproporzionato della forza per controllare e disperdere le proteste, anche di forza letale che ha provocato morti e feriti tra i manifestanti e passanti”.

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Dal Nord al Sud Italia Berta Vive!

Sono passati due anni dal vile assassinio di Berta Caceres, uccisa in casa sua da sicari durante la notte tra il 2 e il 3 marzo 2106.
Ma la voce di questa donna che difendeva la sua terra e i diritti del popolo Lenca non si è spenta, anzi, si è moltiplicata.
Oggi in Honduras continuano le violenze, la repressione e l’impunità.
E mentre non si smetterà di chiedere giustizia per la sua morte, migliaia e migliaia di uomini e donne, in tutto il mondo, hanno assunto l’impegno di portare avanti la lotta di Berta, non solo in Honduras.

 

Berta Vive
Copinh Sigue

 

 

 

 

 

 

 

 

Honduras scosso da una crisi terribile dei diritti umani

Elezioni fraudolente e usurpazione presidenziale annunciano forte instabilità

Tegucigalpa, 5 febbraio (Rel-UITA | LINyM)
Juan Orlando Hernández si è insediato per il secondo mandato nel mezzo di una profonda crisi sociale ben lungi dal concludersi.
A Tegucigalpa e in diverse parti del paese, migliaia di persone sono state vittime della brutale repressione delle forze di sicurezza.  Nel discorso pronunciato in uno stadio mezzo vuoto e di fronte solamente al corpo diplomatico accreditato nel paese -nessun leader politico ha partecipato all’evento- Hernández ha aperto le porte al dialogo e alla riconciliazione, auspicando scenari di pace, progresso e sviluppo che nulla hanno a che fare con la drammatica realtà del paese.
Più del 60% della popolazione vive in povertà, il 44% in povertà estrema. Anche se negli ultimi anni ci sarebbe stata un’inversione di tendenza, gli indici di violenza e impunità continuano a essere tra i più alti al mondo. Debito pubblico alle stelle, svendita del territorio e privatizzazione dei beni comuni, sottoccupazione e lavoro precario in forte crescita, corruzione e impunità come “normalità”.

Galleria di foto della repressione del 27 gennaio

Galleria di foto veglia di protesta di fronte all’ambasciata Usa

Un pueblo movilizado que se niega a vivir arrodillado (video)

Inoltre la responsabilità delle principali istituzioni nella legittimazione della frode elettorale, così come l’uso sproporzionato della forza per cercare di zittire le folle che si sono sollevate contro questo abuso, hanno finito per contribuire ad abbattere quel poco che era rimasto delle istituzioni in Honduras.

Secondo il rapporto Monitoraggio delle violazioni dei diritti umani nel contesto della frode elettorale presentato pochi giorni fa dalla Coalizione contro l’impunità, tra il 26 novembre 2017 e il 23 gennaio 2018 si sono registrate 33 morti di persone che partecipavano alle proteste contro i brogli.

In più sono stati accertati oltre 200 feriti, più di 1350 arresti, 34 persone hanno dovuto abbandonare il luogo in cui vivevano a causa della violenza e sono stati segnalati 64 casi di gravi violazioni alla libertà di espressione. C’è anche una persona vittima di sparizione forzata.

In particolare i diritti alla libertà di espressione, opinione e informazione sono stati strategicamente presi di mira della forze armate e di polizia per cercare di mantenere una cappa di silenzio e intimorire i media indipendenti. Questa strategia è stata effettuata sia attraverso attacchi sistematici contro noti difensori dei diritti umani e leader del movimento sociale, sia contro i mezzi di comunicazione alternativi.

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Honduras-Un popolo che non ha paura

L’Honduras vive una delle peggiori crisi della sua storia recente. Una crisi che, lungi dall’essere risolta, si acuisce ogni giorno di più, lasciandosi alle spalle una scia di morti e feriti

Tegucigalpa, 23 gennaio (Rel-UITA) -. Il prossimo 27 gennaio, il presidente honduregno Juan Orlando Hernández si insedierà per il secondo mandato consecutivo. Secondo l’autorità elettorale, il dirigente politico avrebbe vinto le elezioni con l’1,5% (meno di cinquantamila voti) di vantaggio su Salvador Nasralla.
Il candidato dell’Alleanza d’opposizione contro la dittatura assicura di essere stato vittima di brogli elettorali, grazie alla quale il presidente Hernández vuole rimanere al potere, ignorando la volontà del popolo honduregno e violando la Costituzione (in Honduras la rielezione è proibita).

– (VIDEO) Un pueblo movilizado que se niega a vivir arrodillado

– Galleria fotografica: Pueblo hondureño se integra masivamente al Paro Nacional

– Galleria fotografica: Segundo día de Paro Nacional
La denuncia della colossale frode elettorale è stata accompagnata da una costante mobilitazione sociale, che è stata repressa senza pietà dai corpi di sicurezza dello Stato, in particolare dalla Polizia militare dell’ordine pubblico e dai militari. L’opposizione ha convocato una settimana di mobilitazione generale che coincide con i preparativi per l’insediamento di Hernández e del nuovo Parlamento.

Il Comitato dei familiari de detenuti scomparsi in Honduras, Cofadeh, segnala nel suo secondo rapporto [1] che sono già 30 le persone assassinate in meno di due mesi, più di 200 i feriti e più di 1000 le persone arrestate.
Tra il 20 e il 22 di gennaio sono state uccise altre 4 persone, tra cui Telmo Villareal e Ramón Fiallos, entrambi assassinati a colpi di arma da fuoco nel nord del paese durante le manifestazioni contro i brogli elettorali. Organizzazioni contadine della zona del Bajo Aguán denunciano che centinaia di soldati stanno invadendo le loro comunità.
Sabato 20 è stato anche catturato Edwin Espinal, noto attivista della Resistenza. Agenti incappucciati della Polizia militare l’hanno condotto in un carcere di massima sicurezza per poi essere rinviato a giudizio per direttissima, accusato senza prove di delitti che potrebbero costargli molti anni di carcere.
I primi due giorni di mobilitazione nazionale sono stati di forte repressione. La violenza di Stato è stata condannata dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani e da organizzazioni nazionali.
Anche i giornalisti e i mezzi di comunicazione non allineati con il governo sono stati oggetto di campagne di discredito, pressione e di persecuzione sui social network. Durante la repressione a Villanueva, uscita orientale della capitale, Dassaev Aguilar, corrispondente di HispanTV, è stato raggiunto da una bomba lacrimogena sparata direttamente al corpo, subendo una grave lacerazione dei muscoli della gamba.

Senza paura
Malgrado la violenza, la gente non smette di protestare, esige che sia riconosciuta l’ampia vittoria di Salvador Nasralla. L’Alleanza d’opposizione pretende che si realizzi un audit internazionale del sistema informatico del Tribunale supremo elettorale e che si apra un tavolo di trattativa con mediatori internazionali, che potrebbe sfociare nella realizzazione di nuove elezioni con supervisione internazionale.

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L’Honduras e lo spettro dell’ingovernabilità

L’Honduras e lo spettro dell’ingovernabilità
Non c’è più tempo.
In Honduras bisogna evitareche si legittimino i brogli elettorali.

Tegucigalpa, 23 dicembre (Rel-UITA | LINyM)

È oramai passato quasi un mese dalle elezioni generali e l’Honduras si trova ancora nel bel mezzo di una crisi politica e sociale dagli esiti molto incerti. Mentre le autorità elettorali blindano la vittoria del presidente uscente Juan Orlando Hernández, l’Alleanza d’opposizione e il suo candidato Salvador Nasralla continuano a denunciare quella che considerano la più grande frode elettorale della storia recente del paese centroamericano.
A livello internazionale alcune nazioni, tra cui la Colombia, hanno iniziato a considerare valido il risultato pubblicato nei giorni scorsi sulla Gazzetta ufficiale. Ieri (venerdì) gli Stati Uniti hanno rotto gli indugi e hanno riconosciuto la vittoria di Hernández, spalancando così le porte a una probabile reazione a catena da parte degli altri governi.
Non è passata inosservata la tempistica di Washington, che ha preso questa decisione meno di 24 ore dopo che il disciplinato governo honduregno aveva votato contro la risoluzione Onu che rifiuta la decisione degli Usa di riconoscere Gerusalemme come capitale d’Israele.
Ancora una volta il voto di scambio e il sequestro delle coscienze vanno di pari passo e confermano l’ipocrisia che ha contraddistinto la relazione tra i due paesi fin dai tempi del colpo di Stato del 2009.
Nei giorni scorsi, facendo riferimento al secondo rapporto della missione d’osservazione elettorale dell’Organizzazione degli stati americani, il segretario generale di questo forum multilaterale, Luis Almagro, aveva sostenuto che non c’erano sufficienti elementi per assicurare chi fosse il vincitore e che sarebbe stato opportuno ripetere le elezioni.
Deludente invece il comportamento della missione d’osservazione dell’Unione Europea che di fatto ha avallato la decisione dei magistrati elettorali.

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Esplode la crisi

Magistrato presidente David Matamoros (Foto La Prensa)Autorità elettorale dice che ha vinto Hernández. OEA chiede nuove elezioni UE dichiarazioni ambigue

Tegucigalpa, 18 dicembre (Rel-UITA | LINyM) -.  Il Tribunale supremo elettorale, Tse, ha deciso di ignorare le innumerevoli denunce di irregolarità e brogli e ha annunciato che il presidente uscente Juan Orlando Hernández è il vincitore delle elezioni generali del 26 novembre scorso. La protesta è esplosa in tutto il paese.

Nonostante la rielezione sia proibita in Honduras, Hernández ha potuto partecipare grazie a una discussa sentenza della Corte suprema di giustizia, controllata da magistrati vicini allo stesso Hernández. Secondo David Matamoros, presidente del Tse, il leader del Partito nazionale avrebbe vinto con il 42,9% dei voti contro il 41,4% del candidato dell’opposizione, Salvador Nasralla, che in queste ore si trova negli Stati uniti per denunciare i brogli e la violenza dei militari contro la popolazione.

La decisione dell’organo elettorale, diffusa a reti unificate dal solo Matamoros, ha immediatamente scatenato la protesta di migliaia di persone che sono scese nuovamente in piazza.

“Non accetteremo mai la decisione di un’organizzazione criminale che ha dimostrato di essere al servizio della frode elettorale organizzata dal governo”, si legge in un comunicato dell’Alleanza d’opposizione contro la dittatura.

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