Honduras, colpo di stato in corso

America Centrale
Honduras, colpo di stato in corso
Si intensificano le pressioni e la campagna mediatica contro
il governo di Xiomara Castro

Tegucigalpa, 10 settembre 2024 (di Giorgio Trucchi / LINyM) -.
Da quando si è insediata nel gennaio 2022, la presidente honduregna Xiomara Castro ha dovuto affrontare una violenta e sistematica campagna di pressione mediatica e politica, sia contro il suo governo e la sua persona, sia contro il partito – Libertà e  Rifondazione – che l’ha portata alla presidenza.
L’obiettivo è abbastanza ovvio: impedire a tutti i costi che questa forza politica, emersa dalla gente nelle strade nel pieno della lotta di resistenza contro il colpo di Stato civile-militare (2009) che ha rovesciato l’allora presidente Manuel Zelaya, continui a governare e a portare avanti l’imponente compito di “rifondare l’Honduras”.
Rifondare l’Honduras è stato il principale slogan del governo Castro. In breve, ciò significa attaccare e smantellare il corrotto apparato criminale di controllo politico, economico e sociale installato dalla narco-dittatura dei governi precedenti e radicato nei poteri statali.
Significa anche ridurre in modo sostanziale la disuguaglianza sociale che prevale nel Paese, il divario tra i più ricchi – una piccola manciata di famiglie e gruppi economici – e i più poveri – la stragrande maggioranza della popolazione – migliorando al contempo l’accesso delle persone ai servizi e ai diritti.
Un altro dei progetti promossi dall’attuale governo è quello di trasformare il modello economico e fiscale, attaccando la corruzione strutturale delle esenzioni legalizzate durante i 12 anni di narco-dittatura, che sono costate al popolo honduregno più di 21 milioni di dollari.
Un compito titanico che richiederebbe più mandati e una solida maggioranza parlamentare. Non stupisce quindi che il presidente parli del suo come di un “governo di transizione”, né che il possibile candidato di Libre per le elezioni del prossimo anno sia ancora una volta una donna capace e legata al popolo.
Campagna diffamatoria e attacco mediatico
La campagna diffamatoria e gli attacchi sistematici che si sono intensificati nelle ultime settimane, portando la presidente Castro ad allertare il mondo su un possibile “colpo di Stato in atto”, hanno, ovviamente, attori molteplici e diversificati.
I partiti tradizionali che hanno perso il potere, i piccoli partiti parassitari, la cosiddetta società civile e la dissidenza interna a Libre, entrambi in vendita al miglior offerente, nonché i gruppi di potere familiare che vedono a rischio gli affari, gli enormi profitti e la gestione del potere reale nel Paese.

Ma anche i mezzi di comunicazione corporativo e di massa, che sono diventati i cani da guardia di questi stessi gruppi e famiglie, così come i cosiddetti media “indipendenti” e vari intellettuali che, consapevolmente o inconsapevolmente, per ingenuità o opportunismo, finiscono per allinearsi ai poteri forti (con la benedizione delle fondazioni, delle agenzie, dei fondi privati e delle ONG che li finanziano).
Non possiamo nemmeno dimenticare il ruolo svolto dagli Stati Uniti dopo aver dovuto fare buon viso a cattivo gioco al trionfo elettorale di Xiomara Castro.
La nomina di Laura Dogu a nuovo ambasciatore e la sua nota predilezione per l’ingerenza negli affari politici del Paese, con tentativi palesemente destabilizzanti – Nicaragua docet – è stato il segno più evidente di quali sarebbero state le reali intenzioni di Washington.
Si intensifica la crisi
A sei mesi dalle elezioni primarie (9 marzo 2025) che definiranno i candidati delle principali forze politiche per le elezioni generali del prossimo anno, gli attacchi si sono intensificati.
Laura Dogu ha esordito con l’ennesima dichiarazione interventista, questa volta rimproverando il capo di Stato Maggiore delle Forze Armate honduregne e il ministro della Difesa per aver incontrato il suo omologo venezuelano[1] durante un evento sportivo militare.
In risposta a questo nuovo atto di ingerenza, la presidente Castro ha ordinato la risoluzione del trattato di estradizione con gli Stati Uniti.
La decisione è stata fortemente criticata dai principali media nazionali e dalle agenzie internazionali, che hanno accusato il governo di voler indebolire la lotta al narcotraffico e alla criminalità organizzata.
La crisi si è intensificata quando è trapelata l’esistenza di un primo video che mostra il deputato Carlos Zelaya, fratello dell’ex presidente Zelaya e cognato di Castro, mentre negozia con i narcotrafficanti per ottenere un sostegno finanziario per le elezioni del 2013.
Zelaya, che è anche segretario del Congresso nazionale, ha ammesso di aver partecipato all’incontro, pur negando di aver ricevuto denaro. Si è presentato spontaneamente in Procura per rilasciare una dichiarazione e ha annunciato le sue dimissioni dal parlamento per poter essere eventualmente indagato. Suo figlio, José Manuel Zelaya, ha fatto lo stesso, dimettendosi da ministro della Difesa.
La divulgazione di un secondo video, registrato con una telecamera nascosta nell’orologio di uno dei leader del cartello Los Cachiro – consegnato poi alla DEA ed estradato poi negli USA – in cui si parla di somme di denaro e di presunti piani di spartizione che comprenderebbero anche l’ex presidente Zelaya, ha ulteriormente aggravato la crisi.

Nessuno dei video mostra la consegna di denaro, né che l’ex presidente Zelaya fosse a conoscenza degli accordi presumibilmente raggiunti durante l’incontro.
L’escalation mediatica, accompagnata tra l’altro da comunicati e dichiarazioni di partiti dell’opposizione, dissidenti e gruppi della società civile che chiedevano addirittura le dimissioni di Castro, è stata bollata dalla presidente come parte di un nuovo tentativo di colpo di Stato.
Sia lei che l’ex presidente Zelaya hanno preso le distanze da qualsiasi trattativa “tra narcotrafficanti e politici”, così come dalla “condotta abominevole di un’altra persona, persino se è un familiare”.
Alla televisione nazionale, Xiomara Castro e il candidato alla presidenza e attuale ministro della Difesa Rixi Moncada hanno elencato 33 casi legati al traffico di droga, che coinvolgono altrettanti politici dei due partiti tradizionali – partito nazionale e partito liberale – già indagati o in corso di indagine negli Stati Uniti.
Altri sono i criminali
Negli ultimi giorni, settori dell’opposizione di ultradestra hanno indetto mobilitazioni e proteste contro il governo e il partito Libre, spesso utilizzando slogan e simboli (le fiaccole) tipici della resistenza contro il golpe del 2009 e della lotta alla narco-dittatura.
Appropriarsi di simboli e slogan, snaturarne il significato e creare false narrazioni fa parte della guerra di quinta generazione, che mira a manipolare la coscienza della popolazione e a porre fine a un progetto politico e sociale.
Sergio Rivera, professore universitario, storico attivista e militante del movimento sociale honduregno e attuale delegato del Poder Popular, ha approfondito la sua analisi della difficile situazione in Honduras.
“È un colpo di Stato in atto, intensificato dall’ala mediatica corporativa. In Honduras, il 94% dei media è di proprietà privata, vale a dire che la matrice mediatica è di proprietà delle imprese private”, ha affermato.
Rivera ha spiegato che il tentativo di golpe è entrato nella fase in cui si cerca di demoralizzare, delegittimare e screditare il governo di Xiomara Castro e il partito Libertà e Rifondazione.
“L’obiettivo è quello di arrivare a chiedere in parlamento l’impeachment della presidente. Allo stesso tempo, gli stessi settori che erano attivi prima del golpe del 2009 si sono già mobilitati di nuovo”, ha avvertito.
Si tratta di attori politici, ex ufficiali militari, giornalisti, intellettuali e opinionisti, membri della cosiddetta società civile, che sono determinati a creare nella popolazione l’immaginario di un partito di governo simile a tutti gli altri partiti.
“Il messaggio è che tutti i partiti sono uguali, che Libre non è quello che dice di essere, che la presidente ha interrotto le estradizioni per salvare i suoi parenti e che, per questo motivo, dovrebbe dimettersi. L’obiettivo è che non si continui con la trasformazione dell’Honduras e che si ritorni al passato”, ha detto Rivera.
Per il delegato del Poder Popular, organismo iscritto alla Segreteria di pianificazione strategica (SPE), gli Stati Uniti stanno giocando un ruolo strategico in questa crisi.
“Gli Stati Uniti e Laura Dogu come ambasciatrice stanno giocando lo stesso ruolo che hanno giocato in Nicaragua nel 2018, appoggiando settori dell’opposizione per dare un colpo mortale al processo di cambiamento.
L’ipocrisia degli Stati Uniti non ha limiti: criticano le relazioni del nostro governo con il Venezuela, si risentono del fatto che chiediamo la fine dell’embargo a Cuba, che nell’Osa sosteniamo il principio di non ingerenza negli affari interni di altri Paesi, che siamo solidali con il popolo palestinese e condanniamo il genocidio di Israele.
Tuttavia, qui hanno sostenuto una narco-dittatura, pur conoscendo i legami di Juan Orlando Hernández con il narcotraffico. Sono stati complici dei brogli elettorali e di tutto ciò che è accaduto negli ultimi 12 anni. Vogliono governi sottomessi che garantiscano i loro interessi egemonici”, ha detto Rivera.
Ha inoltre ricordato che per gli Stati Uniti, l’Honduras continua ad essere il Paese di maggiore importanza geostrategica della regione, dove si trova la base militare di Soto Cano (Palmerola), la più grande dell’America Centrale, e dove opera la Joint Task Force Bravo, parte del Comando Sud.
La vittoria di Xiomara Castro è stata senza dubbio un boccone amaro da ingoiare per l’amministrazione statunitense che, nonostante le dichiarazioni ufficiali di amicizia e cooperazione, non ha smesso un attimo di cospirare per riportare il Paese allo status quo precedente, possibilmente con un volto più presentabile agli occhi del mondo.
Finora né i partiti tradizionali né i partiti satellite sono stati in grado di presentare un candidato credibile.
“Dobbiamo riconoscere che la campagna mediatica è molto forte e sta cercando di posizionare Libre nella mente degli honduregni come un fallimento, un narco-partito, ma i settori che provengono dalla lotta di resistenza non si sono  demoralizzati.
Ci troviamo in una fase di riconfigurazione della lotta contro la matrice mediatica golpista. Non è facile, ma è il momento di andare avanti, di difendere questo progetto, di continuare a rifondare l’Honduras, mostrando al popolo tutte le cose buone che si stanno facendo. I golpisti non governeranno di nuovo”, ha concluso.[1] “È stato sorprendente per me vedere il ministro della Difesa e il capo dello Stato Maggiore seduti accanto a un trafficante di droga” Laura Dogu.
Fonte: LINyM
Foto: Cesario Padilla
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Honduras 

“Non dobbiamo mai dimenticare che siamo Resistenza”
A 15 anni dal golpe civile-militare, l’Honduras avanza sulla strada della rifondazione.
A Tegucigalpa si riuniscono la Celac Sociale e il Foro di Sao Paulo

 Tegucigalpa, 4 luglio 2024 (di Giorgio Trucchi | Rel UITA| LINyM) -.

Il 28 giugno 2009, l’Honduras si svegliava in mezzo a un colpo di stato civile militare. Ciò che i poteri de facto che imperversano nel Paese centroamericano e i militari non avevano però calcolato era la gigantesca reazione del popolo honduregno, che si è immediatamente dichiarato in resistenza, e l’incrollabile solidarietà internazionale.
Quel golpe assassino ha segnato una svolta nella storia recente dell’Honduras, facendo cadere la maschera dell’ipocrisia ed evidenziando, fuori da ogni ragionevole dubbio, chi stesse davvero con il popolo, con i settori più diseredati ed emarginati, con la democrazia e l’istituzionalità e chi, al contrario, stesse con i potenti e difendesse i loro interessi.
Il potere de facto di una destra recalcitrante, alleata occulta del più becero e pericoloso conservatorismo statunitense, ha usato il colpo di Stato per espandere ulteriormente e senza freni il modello neoliberale estrattivista .
Durante più di 12 anni hanno privatizzato e smantellato il settore pubblico, saccheggiato le casse dello Stato, militarizzato i territori, depredato i beni comuni e messo in vendita il Paese. Ma il popolo honduregno in resistenza non si è mai arreso, ha mostrato il petto, si è organizzato ed è sceso in piazza, instancabilmente, giorno dopo giorno, esigendo giustizia e il ripristino dell’ordine democratico.
Lotta senza tregua
Sono stati anni di lotta senza tregua, di repressione, di gas e manganelli, di armi assassine puntate contro il popolo, di corruzione e saccheggi, di brogli elettorali, di centinaia di vittime di una narco-dittatura spietata.
Solo la forza di un popolo organizzato, che ha saputo mettersi dalla parte giusta della storia, sostenuto da un’instancabile solidarietà internazionale, ha potuto porre fine a tanta impudenza, insediando la prima donna presidente dell’Honduras, che ora ha avviato la rifondazione del Paese.
L’Honduras e il suo popolo sono stati, e continuano a essere, un esempio di resilienza per il mondo, dimostrando che solo l’unità, per quanto difficile sia, del politico con il sociale può dare battaglia alle forze oscure e assassine, che accaparrano le ricchezze e gettano nella miseria la stragrande maggioranza della popolazione.
Il potere è nelle strade
Durante la cerimonia di commemorazione del 15° anniversario del colpo di Stato e le celebrazioni di 15 anni di resistenza, Bertha Oliva, coordinatrice del Comitato dei famigliari dei detenuti scomparsi in Honduras (Cofadeh), ha ricordato le centinaia di vittime della repressione omicida e ha invitato il popolo honduregno, e lo stesso governo, a non dimenticare mai che il “potere è nelle strade”.
Ha inoltre invitato il sistema giudiziario a rompere il velo dell’impunità che, a 15 anni dal colpo di Stato, ancora copre e protegge i responsabili e autori del golpe.

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Honduras-Rivendicare diritti non può essere reato

Rivendicare diritti non può essere reato
Procura apre indagine penale contro leader garifuna e avvocato Ofraneh

Managua, 22 agosto (di Giorgio Trucchi | Rel UITA/LINyM) 

Che non sarebbe stato facile smantellare il sistema corrotto e impunito creato dalla narco-dittatura e da chi ancora detiene il potere reale in Honduras, si sapeva. Ne è un esempio in questi giorni l’indagine penale avviata dalla Procura contro dirigenti garifuna e l’avvocato della storica Organizzazione fraterna nera honduregna, Ofraneh.

Il 9 agosto, in occasione della Giornata internazionale dei popoli indigeni del mondo, una delegazione delle diverse etnie indigene honduregne, tra cui quella garifuna, accompagnata da organizzazioni sociali e popolari, ha raggiunto la sede centrale della Procura a Tegucigalpa.

Da oltre un anno, Ofraneh cerca senza risultato di riunirsi con il procuratore generale, per sottoporgli tutta una serie di richieste che sono state sistematicamente disattese.

Durante l’attività che si è svolta proprio di fronte alla Procura, Ofraneh ha condannato la mancanza di progressi nelle indagini sulla sparizione forzata di quattro giovani dirigenti garifuna [1].

Ha inoltre denunciato le aggressioni sistematiche subite dai membri di varie comunità, nonché l’usurpazione e il saccheggio dei territori ancestrali ad opera di compagnie nazionali e multinazionali e come conseguenza dell’imposizione di progetti estrattivi, turistici, di produzione di energia elettrica, e per l’espansione senza controllo delle monocolture estensive.

Per l’ennesima volta ha infine sollecitato il rispetto della sentenza della Corte interamericana dei diritti umani, che nel 2015 ha ordinato allo Stato dell’Honduras la restituzione dei territori usurpati alle comunità di Triunfo de la Cruz e Punta Piedra.

Anni di discriminazione e razzismo istituzionale

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Xiomara Castro “Rifondare l’Honduras è una missione essenziale e irrinunciabile”


Xiomara Castro “Rifondare l’Honduras è una missione essenziale e irrinunciabile”
Presentato piano d’azione immediato che contempla un forte impegno in difesa dei diritti delle donne
Managua, 31 gennaio (di Giorgio Trucchi | LINyM) -.

In un ambiente di entusiasmo e festa popolare, senza dimenticare l’esigenza di giustizia per le tante vittime del colpo di stato e della repressione, tra le urla della folla “sí, se pudo”, “ni olvido, ni perdón”, “sangre de mártires, semilla de libertad”[1], Xiomara Castro ha assunto la presidenza dell’Honduras per i prossimi quattro anni, ponendo fine a duecento anni di bipartitismo e di presidenti uomini.

Catene e tradizioni sono state spezzate ed è stato possibile solo grazie al voto di massa – più di 1,7 milioni e oltre il 51% delle preferenze – e alla volontà della maggioranza di honduregni e honduregne, come ha ricordato la presidentessa all’inizio del suo discorso.

Castro ha prestato giuramento dinanzi alla giudice Karla Rivera e alla presenza del presidente del Congresso, Luis Redondo, che le ha poi fatto indossare la fascia presidenziale turchese e bianca. Poco dopo hanno prestato giuramento anche i tre vicepresidenti Doris Gutiérrez, Salvador Nasralla e Renato Pineda.

Alla cerimonia hanno partecipato circa 60 delegazioni, tra cui i vicepresidenti di Argentina e Stati Uniti, Cristina Fernández e Kamala Harris, il re Felipe VI di Spagna, gli ex presidenti di Brasile e Paraguay, Dilma Roussef e Fernando Lugo, presidenti, ministri degli esteri, alti funzionari e diplomatici di Bolivia, Costa Rica, Cuba, El Salvador, Messico, Nicaragua, Panama, Unione Europea, Venezuela.

Dopo il giuramento, la presidentessa Xiomara Castro è intervenuta (qui il video integrale del discorso) evidenziando le gravi difficoltà che dovrà affrontare a seguito del saccheggio perpetrato dai governi che si succeduti dopo il colpo di stato del 2009.

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Honduras Bertha Zúniga “Le trasformazioni devono venire dai popoli”

Bertha Zúniga “Le trasformazioni devono venire dai popoli”
Copinh chiede al nuovo governo di creare le basi per il cambiamento e si manterrà vigile
Managua, 27 gennaio (LINyM) -.
Oggi la presidentessa eletta Xiomara Castro, il capo di stato più votato nella storia recente dell’Honduras, assumerà l’esercizio delle proprie funzioni. Presterà giuramento di fronte a migliaia di persone e invitati speciali, tra cui le vicepresidentesse di Argentina e Stati Uniti Cristina Fernández e Kamala Harris, che riempiranno lo stadio nazionale, ridipinto coi colori bianco e celeste della bandiera nazionale e con le immagini degli eroi e martiri della resistenza contro le dittature e i colpi di Stato che hanno caratterizzato la storia degli ultimi decenni del paese centroamericano.

Le celebrazioni avvengono nel bel mezzo di una crisi istituzionale generata dalla decisione di 18 deputati del Partito libertà e rifondazione, Libre, che affonda le sue radici nella resistenza popolare contro il colpo di stato del 2009, di votare insieme ai partiti tradizionali per eleggere una giunta direttiva del Congresso diversa da quella concordata con gli alleati.

Nonostante l’incontro avvenuto durante la serata di ieri (26 gennaio) tra la presidentessa Xiomara Castro e il deputato transfuga Jorge Calix, eletto presidente della nuova giunta coi voti della destra honduregna e principale ispiratore del golpe parlamentare, quella che doveva essere una grande festa popolare per l’inizio del nuovo governo e la vittoria elettorale su chi ha devastato le istituzioni e fatto precipitare nella povertà più del 70% della popolazione, rischia di essere rovinata da una crisi parlamentare dai contorni ancora molto incerti.

Nei giorni scorsi, Xiomara Castro ha ricevuto il sostegno di migliaia di persone che si sono riunite di fronte al Congresso e ha garantito che il progetto di rifondazione del paese continuerà il suo corso. Continuano anche i lavori della commissione di transizione per i movimenti sociali (leggi qui un articolo in spagnolo sul lavoro svolto dalla commissione), per completare la sistematizzazione delle proposte presentate dai diversi settori della società honduregna, per poi tradurle in politiche pubbliche.

È in questo contesto che abbiamo conversato con Bertha Zúniga Cáceres, coordinatrice del Consiglio civico delle organizzazioni popolari e indigene dell’Honduras (Copinh).

“Come Copinh abbiamo partecipato a vari tavoli e abbiamo presentato otto punti (leggi qui in spagnolo la proposta completa) per il rispetto dei diritti e dei territori delle popolazioni indigene. Naturalmente, ogni punto è composto da diverse proposte”, ha spiegato Zúniga.

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Elezioni Honduras

Elezioni Honduras
Xiomara Castro si dichiara vincitrice
Ampio vantaggio sul candidato del partito di governo
Managua, 29 novembre (LINyM) -.
Con quasi il 50% dei voti scrutinati, Xiomara Castro, candidata dell’alleanza di opposizione guidata dal Partito Libertà e Rifondazione (Libre), mantiene un vantaggio di quasi 20 punti (53,57%), oramai irreversibile, sul candidato di governo Nasry ‘Tito’ Asfura (33,86%).
Dodici anni dopo il sanguinoso colpo di stato che portò alla rottura dell’istituzionalità, esasperò il modello neoliberista estrattivista e fece precipitare milioni di persone nella miseria, il popolo honduregno ha votato per salvare la democrazia e punire gli oppressori.

Lo aveva già fatto nel 2017 e solo i brogli elettorali e una violenta repressione che causò la morte di 37 vittime innocenti lo privarono della vittoria.

Leggi qui il reportage sulle elezioni in Honduras 2021

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Elezioni in Honduras

Elezioni in Honduras
La sfida di porre fine a dodici anni di neoliberismo
L’Honduras al crocevia più importante della sua storia recente
Managua, 25 novembre (di Giorgio Trucchi | LINyM)
Il 28 novembre oltre 5 milioni di honduregni saranno chiamati a eleggere il Presidente della Repubblica, 128 deputati al Congresso nazionale, 20 al Parlamento centroamericano, 298 sindaci e oltre 2000 consiglieri comunali. Man mano che si avvicina la data elettorale, si polarizza l’ambiente politico, si acutizza il conflitto e cresce la tensione sociale.

Nessuno dimentica la violenta repressione del 2017 contro coloro che protestavano per i grossolani brogli elettorali che prolungarono l’agonia dell’attuale regime. In quell’occasione, oltre trenta persone persero la vita in modo violento e questi crimini restarono nella totale impunità.

Gli accadimenti degli ultimi giorni risvegliano nuovamente i fantasmi della violenza e della repressione.

L’11 novembre il candidato a consigliere comunale per il Partito Liberale, Óscar Moya, fu freddato con vari colpi d’arma da fuoco a Santiago di Puringla (La Paz). Due giorni dopo fu assassinato il sindaco di Cantarranas (Francisco Morazán) e aspirante alla rielezione sempre per il Partito Liberale, Francisco Gaitán.

Il giorno dopo sono stati uccisi il dirigente del partito d’opposizione Libertà e Rifondazione (Libre) Elvir Casaña e un attivista del Partito Liberale, Luis Gustavo Castellanos, rispettivamente a San Luis (Santa Barbara) e a San Jerónimo (Copán). Nell’attacco mortale contro Castellanos sono rimasti feriti altri due attivisti.

Il 15 novembre, un altro attentato ha tolto la vita a Darío Juárez, aspirante a vicesindaco per il Partito Liberale nel municipio di Concordia (Olancho). Due giorni dopo, Héctor Estrada, candidato indipendente per il comune di Campamento (Olancho) e Juan Carlos Carbajal, candidato a sindaco di El Progreso per il Partito Salvador dell’Honduras (PSH) hanno subito un grave attentato che è quasi costato loro la vita.

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Honduras e diritti umani, un cinismo strutturale

Honduras e diritti umani, un cinismo strutturale
Stigmatizzazione, criminalizzazione, persecuzioni giudiziarie e assassinio di attivisti fanno dell’Honduras uno dei paesi più letali per chi difende terra e beni comuni  
Managua, 20 ottobre. (Giorgio Trucchi | LINyM) -.

Lo scorso 5 luglio, la prima sezione penale del tribunale di Tegucigalpa, con competenza territoriale nazionale, ha emesso una sentenza di condanna a carico di Roberto David Castillo[1], ex presidente di Desarrollos Energéticos SA (DESA)[2], ritenuto coautore dell’assassinio della dirigente indigena e attivista sociale, Berta Cáceres. 

All’epoca i giudici fissarono la data del 3 agosto per determinare la pena. Tre mesi dopo, il tribunale non ha ancora emesso la sentenza, generando un’incertezza giuridica che preoccupa profondamente tanto le vittime quanto il pool di avvocati che le rappresenta. 

Durante un atto dimostrativo di fronte alla Corte suprema di giustizia nella capitale honduregna, il Consiglio civico di organizzazioni popolari e indigene dell’Honduras (Copinh) ha allertato circa il mancato adempimento della prima sezione penale, che ha lasciato scadere i tempi processuali stabiliti per emettere il verdetto. 

Ha lamentato inoltre il fatto che la Corte d’appello non si sia ancora pronunciata sui ricorsi pendenti, per rendere definitiva la sentenza emessa nel 2019 contro sette autori materiali dell’assassinio di Berta Cáceres – tra cui ex dirigenti e membri della sicurezza di DESA, ex militari e militari in servizio – e che la procura non abbia ancora portato sul banco degli imputati gli autori intellettuali del crimine. 

In un comunicato, il Copinh ha assicurato che andrà avanti e che disputerà “ogni millimetro di giustizia alle istituzioni honduregne fantoccio”, esigendo nel contempo una “sentenza veloce e contundente”.

L’appello del Copinh e dei famigliari della dirigente indigena assassinata ha trovato il sostegno della Missione di osservazione qualificata della Causa Berta Cáceres, i cui membri deplorano la mancata iniziativa delle istituzioni che devono garantire giustizia, perseguendo e processando gli attori chiave della struttura criminale che perpetrò il crimine. 

A tal proposito, la sentenza contro Castillo servirà proprio ad aprire a nuovi scenari d’indagine per ottenere giustizia integrale per Berta Cáceres. 

“La sentenza deve dare il via a un’indagine scrupolosa su tutte le persone implicate nel crimine. L’incertezza giuridica che si sta creando compromette sia l’essenza stessa del processo che la garanzia di verità, riparazione e non ripetizione per le vittime, lasciandole in una situazione di vulnerabilità e senza accesso a una giustizia piena”, segnalano gli osservatori. 

Libertà per Guapinol 

Ancor più complessa è  la situazione degli otto difensori dell’acqua e della vita di Guapinol, che da oltre due anni permangono in custodia cautelare in carcere per i reati di incendio doloso aggravato e sequestro di persona.  Continua a leggere

Honduras-Nuovo attacco alla comunità LGBTI

Nuovo attacco alla comunità LGBTI
Donna trans e attivista per i diritti umani assassinata in Honduras, la quarta dall’inizio dell’anno
Managua, 5 ottobre (Giorgio Trucchi Rel UITA | LINyM) -.
La comunità Lgbti in Honduras è ancora una volta in lutto dopo l’omicidio di Tatiana Martínez García, donna trans di 32 anni e attivista nella promozione e protezione dei diritti umani, impegnata nell’accompagnamento a persone Lgbti che devono denunciare crimini di cui sono state vittime.

Secondo le prime informazioni raccolte dalla stampa locale, il corpo della giovane donna è stato ritrovato con ferite di arma bianca nella città di Santa Rosa de Copán, nella parte occidentale dell’Honduras.

L’Ufficio in Honduras dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (Ohchr) ha condannato l’omicidio e ha fatto sapere, attraverso un comunicato, che Tatiana Martínez García era già stata vittima nel passato di minacce e attacchi vari.

Secondo l’Osservatorio delle morti violente della Rete Lesbica Cattrachas si tratta della quarta donna trans assassinata quest’anno in Honduras, di un totale di 17 persone Lgbti morte in modo violento nel 2021. In poco più di 12 anni, in questo paese centroamericano sono state uccise 390 persone che appartengono alla comunità Lgbti. Il tasso di impunità è del 91% e solo il 9% dei casi si è concluso con una condanna.

Il recente rapporto di Sin Violencia indica che tra il 2014 e il 2020 almeno 1.949 persone Lgbti sono state uccise in America Latina. L’Honduras è tra i paesi più letali della regione per questa comunità.

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Honduras -Edwin Espinal e Raúl Álvarez sono già liberi


Edwin e Raúl sono già liberi
Assolti da tutte le imputazioni
Managua, 22 settembre (Rel UITA | LINyM) .

La Seconda Sezione Penale del Tribunale di Tegucigalpa ha assolto i detenuti politici Edwin Espinal e Raúl Álvarez e ne ha ordinato la liberazione.
I due attivisti erano stati accusati senza la benché minima prova dei reati di incendio doloso aggravato, detenzione e utilizzo di materiale esplosivo artigianale.

Dopo il loro arresto durante le proteste scoppiate in Honduras in risposta ai gravi brogli elettorali del 2017, Edwin Espinal e Raúl Álvarez furono ingiustamente e illegalmente rinchiusi nel carcere militare di massima sicurezza ‘La Tolva’, dove sono rimasti per 19 mesi.

In più di una occasione, il pool di avvocati incaricato della loro difesa ne ha chiesto il trasferimento in un altro penitenziario, poiché non sussistevano elementi che giustificassero la loro reclusione in un carcere che ospita esclusivamente detenuti di altissima pericolosità.

Gli avvocati difensori hanno anche chiesto che  gli venissero concesse misure alternative al carcere. Nonostante ciò, tutte le richieste sono state sistematicamente respinte.

In quello stesso periodo, in un ambiente di costante repressione dei diritti fondamentali, fu arrestato e rinchiuso nella stessa cella di Edwin e Raúl, il giovane maestro ed ex prigioniero politico Rommel Herrera Portillo, vittima nel maggio 2019 di un ‘falso positivo’ per l’incendio di alcuni pneumatici all’ingresso dell’ambasciata degli Stati Uniti a Tegucigalpa.

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