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Costa Rica Né pacifica, né verde
Criminalizzazione della protesta e uso indiscriminato di agroveleni
San José, 26 aprile (Rel-UITA | LINyM) -.
Nell’immaginario collettivo la Costa Rica è percepita come un “paese di pace” e un “paese verde”, in realtà si tratta di un’ottima strategia di marketing che serve a nascondere una realtà impresentabile che contraddice l’immagine patinata che si offre al mondo. Una realtà che, lungi dall’essere paradisiaca, è invece impregnata di sangue, pesticidi e distruzione ambientale.
Secondo dati forniti dal movimento ecologista, in quasi 40 anni (1970-2019) si sono registrati almeno 26 omicidi di persone vincolate alla lotta in difesa della terra e dei beni comuni. Il crimine più recente è stato perpetrato da sconosciuti lo scorso marzo contro il dirigente indigeno e difensore dei territori del popolo Bribri, Sergio Rojas Ortíz.
La Costa Rica vanta anche il record mondiale nel consumo di pesticidi per ettaro (18,2kg/Ha).
Secondo quanto riporta il Servizio fitosanitario dello Stato, durante il 2017 sono stati importati 18,6 milioni di chilogrammi di principi attivi, una tonnellata in più dell’anno precedente.La Federazione per la conservazione della natura, Fecon, assicura che tale primato sia collegato all’entrata in vigore dei polemici decreti esecutivi 39995-MAG e 40059-MAG, attualmente in fase di impugnazione presso la Corte Costituzionale [1].“La Costa Rica sa vendere molto bene la propria immagine di paese ‘democratico’ e ‘conservazionista’. É completamente immersa nella cosiddetta ‘economia verde’ e si propone come laboratorio climatico. Non a caso tra ottobre e dicembre organizzerà, insieme al Cile, la COP 25 [2]”, dice Henry Picado, presidente della Fecon.
La realtà è però molto diversa.
In Costa Rica l’agrobusiness è politica di Stato. Le imprese che promuovono le monoculture (banane, ananas, canna da zucchero, palma africana) hanno accesso a una quantità infinita di sussidi, esenzioni e agevolazioni fiscali.
“Abbiamo il caso della Pineapple Development Corporation – Del Monte (Pindeco) che ha ricevuto quasi 3.400 milioni di colones (5,7 milioni di dollari), cioè in pratica quasi il 10% del totale dei sussidi concessi al settore agroesportatore”, ci spiega Picado.
L’attivista ecologista ha ricordato che il risultato di queste politiche è sempre lo stesso: l’allontanamento delle popolazioni locali, l’accaparramento delle terre, la devastazione ambientale, il tutto occultato grazie al circo dell’economia verde.
La repressione della protesta
Contestare il sistema neoliberista, il modello estrattivista e l’agrobusiness è pericoloso.
L’esempio più brutale è il recente omicidio di Sergio Rojas Ortiz, reo di avere sollevato con forza e decisione la questione della difesa legale e legittima delle terre ancestrali Bribri.
“Tutti sanno che dietro il vile omicidio di Sergio ci sono i proprietari terrieri. Bisogna identificare e punire gli autori intellettuali e materiali di questo crimine. Non può rimanere impunito, come sempre accade qui”, dice Picado.
Fino a oggi nessuno degli omicidi perpetrati contro difensori della terra e dei beni comuni è stato chiarito. Tutti sono rimasti impuniti. Movimenti contadini e popolazioni indigene sono i principali bersagli di una repressione che diventa ogni giorno più cruenta, grazie anche al disinteresse e all’inerzia delle autorità.
Altri attori sociali, come il movimento LGBT e chi porta avanti rivendicazioni particolarmente fastidiose al progetto neoliberista, sono anch’essi vittime della criminalizzazione e repressione.
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