Honduras “Non smetteremo mai di lottare per Rommel”

“Non smetteremo mai di lottare per Rommel”
La situazione dei prigionieri politici peggiora durante la crisi di Covid-19
Managua, 13 maggio (Rel UITA | LINyM | Pressenza) -.

Il 30 maggio si compie un anno dall’arresto e ingiusta detenzione di Rommel Herrera Portillo. Il giovane insegnante di 24 anni è rimasto vittima del falso positivo dell’incendio di alcuni copertoni davanti alla porta d’ingresso dell’ambasciata statunitense in Honduras[1]. In febbraio, alla conclusione dell’udienza preliminare,  il giudice ha disposto il rinvio a giudizio di Rommel che attualmente è ricoverato in un ospedale psichiatrico in attesa di processo.

“Rommel si trova ancora al “Mario Mendoza” poiché a febbraio il tribunale gli ha negato le misure alternative alla detenzione. Con la pandemia di Covid-19 le visite sono vietate e sono più di 50 giorni che non lo vediamo. Siamo preoccupati per la sua salute”, ha spiegato Mari Cruz Portillo, madre di Rommel.

Dall’inizio della quarantena obbligatoria, sia lei che il padre del ragazzo (Juan Carlos Herrera) sono riusciti a parlargli solamente alcune volte per telefono.

“Siamo riusciti a mandargli del cibo fatto in casa e durante le poche telefonate l’ho sentito triste e abbattuto perché non potevamo vederci. Rommel soffre di depressione e quindi cerchiamo sempre di farci forza a vicenda e di continuare a combattere affinché sia fatta giustizia”.
Alcune settimane fa, Portillo ha denunciato pubblicamente i maltrattamenti a cui sarebbe stato sottoposto il giovane maestro all’interno della struttura ospedaliera.

“È una cosa iniziata ben prima dell’arrivo della pandemia e che coinvolge alcune delle guardie che vigilano Rommel in ospedale. Stanno inventando cose e fanno circolare la voce che mio figlio starebbe preparando la fuga. È una campagna diffamatoria per dimostrare che Rommel non ha più bisogno di cure psichiatriche e che può tornare in carcere”.
Libertà per Rommel e per gli altri prigionieri politici!

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La povertà colpirà la metà dell’umanità

La metà della popolazione mondiale attiva minacciata dalla disoccupazione
Nel secondo semestre del 2020, 305 milioni di posti di lavoro in meno.
Sergio Ferrari, (Onu, Ginebra, Svizzera)
Le proiezioni statistiche più pessimistiche diminuiscono di fronte alla dimensione della crisi. Disoccupazione, disinformazione e povertà appaiono come alcuni dei pezzi di un puzzle non ancora assemblati, ma con devastanti effetti diretti e collaterali. La metà dei posti di lavoro su scala globale è minacciata

Il “privilegio” del lavoro

Nel mondo, 1,6 miliardi dei 2 miliardi di lavoratori nell’economia informale sono interessati da misure di confinamento e contenimento. La maggior parte lavora nei settori più colpiti o nelle piccole unità economiche più vulnerabili alle crisi, secondo un rapporto pubblicato il 7 maggio dall’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL).
Questi includono i lavoratori nei servizi di hotel e ristoranti, industrie manifatturiere, all’ingrosso e al dettaglio e gli oltre 500 milioni di agricoltori che riforniscono i mercati urbani.
Le donne sono particolarmente colpite nei settori ad alto rischio, sottolinea il rapporto

D’altra parte, il costante calo delle ore di lavoro in tutto il mondo a causa di COVID-19 significa che 1,6 miliardi di lavoratori nell’economia informale, cioè quasi la metà della popolazione attiva del mondo, “sono in pericolo imminente di vedere scomparire  le loro fonti di sostentamento ”, ha sottolineato l’OIL nel suo terzo documento analitico alla fine di aprile.
Tra il suo primo rapporto su COVID-19 e il mondo del lavoro pubblicato il 18 marzo e le stime aggiornate pubblicate alla fine di aprile, l’OIL ha cambiato il suo punto di riferimento. Non si tratta più di confrontare l’attuale crisi con il terremoto finanziario del 2008, ma con le devastazioni derivanti dalla seconda guerra mondiale.
L’81% della forza lavoro – oltre 2,7 miliardi di lavoratori e lavoratrici erano coinvolti nella  disoccupazione totale o parziale alla fine di aprile. E se questa tendenza persiste, nel secondo semestre dell’anno in corso, la riduzione dell’occupazione colpirà 305 milioni di lavoratori a tempo pieno, prendendo come riferimento un giorno lavorativo di 48 ore settimanali.

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NicaNotes:Il  Nicaragua  nasconde i  casi  COVID-19?

Il  Nicaragua  nasconde  i  casi  COVID-19?

Nicaragua Network- Alliance for Global Justice)

29 aprile 2020 Di Becca Mohally Renk

 Becca Mohally Renk ha vissuto in Nicaragua per 20 anni, lavorando con la Jubilee House Community al suo progetto, il Centro per lo Sviluppo in America Centrale a Ciudad Sandino, appena fuori Managua.

Dall’annuncio della pandemia di coronavirus a marzo, abbiamo visto i media dell’opposizione in Nicaragua, citando “fonti extra ufficiali “e “informatori” senza nome, affermare che ci sono molti più casi di COVID-19 di quelli che il Ministero della Salute (MINSA) dichiara ufficialmente e queste storie vengono riprese dai media internazionali.  La nostra organizzazione, il Center for Development in Central America (CDCA), gestisce, da più di vent’anni, una clinica medica a Nueva Vida, uno dei quartieri più poveri del paese.  In questo lavoro ci coordiniamo da vicino con il    MINSA e ci siamo coordinati con i funzionari sanitari locali sul COVID-19 e sulla campagna di vaccinazione che è attualmente in corso a livello nazionale, quindi posso parlarvi del protocollo del Ministero della Salute e del modo con cui si rapportano alle malattie.

 Ogni personale medico sanitario del MINSA presso le strutture sanitarie, i centri sanitari e gli ospedali compila un foglio sulle patologie dei loro pazienti e il Ministero utilizza questi numeri per tracciare le malattie a livello nazionale.  Chiunque sia mai stato in un ambulatorio, in una clinica o in un ospedale del MINSA sa che il medico ha un lungo foglio di patologia con un elenco di patologie e sintomi comuni e quando visitano un paziente segnano lì i sintomi e i disturbi riportati, ad es: infezioni respiratorie, otiti, febbre, gastrointestinale, ecc., Ma questi fogli non contengono il COVID-19 perché non può essere diagnosticato in una visita ambulatoriale.  Qualsiasi malattia che necessita per la sua diagnosi di esami di laboratorio di qualsiasi tipo, non si trova nell’elenco, e in questo caso vengono segnati i sintomi.  Perciò, qualsiasi paziente con sintomi corrispondenti al COVID-19 sarà elencato su quei fogli di patologia come se avesse un disturbo respiratorio.  La polmonite è un’infezione secondaria associata al COVID-19, non un sinonimo di COVID-19, pertanto qualsiasi paziente che è sospettato di essere positivo al SARS-CoV-2 e che ha anche polmonite, verrà segnalato con polmonite.

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El Salvador e Honduras, altri problemi per Washington

America Centrale 
El Salvador e Honduras, altri problemi per Washington
Giorni difficili per i due presidenti
Managua, 7 maggio (LINyM) –.

I “marmocchi viziati” di Washington in Centroamerica stanno avendo giorni complicati. Per gli Stati Uniti, che stanno attraversando una delle peggiori crisi sanitarie, economiche e sociali, ciò rappresenta un altro colpo alla loro strategia politico-militare per riprendere posizione nel continente. 

Juan Orlando Hernández, presidente dell’Honduras, si è nuovamente fatto rieleggere nel 2017 nonostante la candidatura incostituzionale, una sfacciata frode elettorale ed una violenta repressione post-elettorale con un bilancio di oltre 30 persone assassinate dalle forze repressive dello Stato. 

Affinché questo potesse accadere (la sua rielezione), Hernández ha contato sull’appoggio incondizionato degli Stati Uniti, che prima hanno avallato la candidatura illegale e dopo la frode. Per Washington continua a essere inconcepibile un cambiamento nella conduzione del Paese – che considera il proprio “gendarme nell’area centroamericana” – che favorisca opzioni politiche legate a partiti e governi latinoamericani progressisti e di sinistra, ed a movimenti sociali e popolari nazionali e internazionali. 

Dopo l’”incubo Manuel Zelaya” ed il “ripristino dell’ordine” mediante il colpo di Stato del 2009, gli Stati Uniti non vogliono altre sorprese e optano per il male minore, fintantoché non abbiano un’alternativa che continui a garantire i loro interessi geopolitici. 

Il caso ‘Tony’ 

Il 18 ottobre dell’anno scorso, la Corte federale di Manhattan ha riconosciuto l’ex legislatore Juan Antonio ‘Tony’ Hernández, fratello del presidente, colpevole dei reati di traffico di droga, possesso illegale di armi e false dichiarazioni [1]. 

In quell’occasione, il procuratore del Distretto meridionale di New York, Geoffrey S. Berman, dichiarò che Hernández “è stato coinvolto in tutte le tappe del traffico di svariate tonnellate di cocaina che, attraverso l’Honduras, erano destinate agli Stati Uniti”.

“Hernández – continua la nota della Procura – corruppe funzionari incaricati di far compiere la legge per proteggere le spedizioni di droga, chiese grosse tangenti ai principali narcotrafficanti, ed organizzò la sicurezza armata per le spedizioni di cocaina”. 

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Honduras Allerta per le condizioni dei prigionieri politici

Honduras Allerta per le condizioni dei prigionieri politici

Lettera del Cofadeh al relatore della Cidh in piena pandemia Covid-19

Managua, 24 aprile (Rel UITA | LINyM) -.

Il Comitato dei famigliari dei detenuti scomparsi in Honduras, Cofadeh, ha inviato una lettera a Joel Hernández, relatore per l’Honduras della Commissione interamericana per i diritti umani, Cidh, in merito alla grave situazione dei prigionieri politici rinchiusi in varie carceri del paese.
Le drammatiche condizioni carcerarie in Honduras sono state segnalate e condannate da numerose organizzazioni per i diritti umani, sia nazionali che internazionali. Una situazione resa ancora più difficile in questi giorni dalla mancanza di solide misure sanitarie per far fronte alla pandemia di Covid-19.

Per questo motivo il Cofadeh, il Gruppo di avvocati contra la tortura in America Latina, l’Omct e l’Eric [1] hanno presentato alla Sala costituzionale della Corte suprema di giustizia un habeas corpus correttivo [2], chiedendo la concessione immediata di misure alternative al carcere per 11 prigionieri politici.

Si tratta degli 8 difensori dei beni comuni della comunità di Guapinol [3], accusati ingiustamente di diversi delitti in relazione alla difesa delle acque dei fiumi che attraversano il Parco nazionale Montaña de Botaderos, la cui area centrale è minacciata dalla compagnia mineraria Los Pinares [4].

La compagnia è di proprietà di Lenir Pérez, già coinvolto in altri conflitti minerari, e di Ana Facussé, figlia del tristemente famoso latifondista e produttore di olio palma Miguel Facussé Barjum, coinvolto in un sanguinoso conflitto agrario nella regione del Bajo Aguán dopo il colpo di Stato del 2009, che è costato la vita a quasi cento contadini organizzati.

La procedura mira anche a salvaguardare la salute di altri prigionieri politici come Carlos Daniel Tinoco (minorenne), Víctor Castillo e Rommel Herrera Portillo, quest’ultimo vittima del falso positivo dell’incendio di gomme di fronte all’ingresso dell’ambasciata statunitense a Tegucigalpa [5].

In assenza di una risposta della Sala costituzionale, Bertha Oliva, coordinatrice generale del Cofadeh, ha inviato una nota al relatore per l’Honduras della Cidh. Una copia della lettera è stata inviata anche all’Alto Commissario delle Nazioni unite per i diritti umani, Michelle Bachelet.

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America Centrale – Nicaragua e Covid-19

America Centrale-Nicaragua e Covid-19
Assistenza sanitaria decentrata, gratuita e universale

Managua, 9 aprile (LINyM)

Erano i primi mesi del 1991. Mi trovavo nuovamente in Nicaragua, questa volta per scrivere la mia tesi sulla riforma psichiatrica promossa dalla rivoluzione sandinista dopo il triunfo (1979). Daniel Ortega aveva perso le elezioni e da quasi un anno governava Violeta Barrios de Chamorro. I risultati erano già visibili.

Il Servizio sanitario nazionale, fondato negli anni 80 sul concetto di assistenza sanitaria gratuita, decentrata e universale, che coinvolgeva migliaia di promotori della salute per garantire i servizi essenziali in tutto il territorio nazionale, era stato velocemente smantellato dalla ventata neoliberista del “meno Stato, più mercato”.

Il nuovo governo, pieno di vecchi filibustieri fuggiti a Miami con la caduta di Somoza ed ex contrarrevolucionarios ritornati dopo la sconfitta sandinista, oltre a fare man bassa di aziende statali, privatizzare a destra e a manca, licenziare decine di migliaia di dipendenti pubblici e sospendere qualsiasi finanziamento a cooperative e organizzazioni contadine, si accanì in modo particolare contro sanità e istruzione pubblica. Chi ha un po’ di memoria non può non ricordare i roghi dei libri di testo che per anni erano stati usati per l’alfabetizzazione e l’insegnamento pubblico.

Nel giro di pochi mesi s’introdusse il concetto di “autonomia scolastica”, un termine apparentemente innocuo per descrivere l’inizio del processo di privatizzazione della scuola. A livello sanitario veniva velocemente definanziata l’assistenza pubblica, per offrirla poi su un piatto d’argento al settore privato.

Gli ospedali vennero abbandonati a loro stessi, cliniche e ambulatori chiusi un po’ ovunque, scomparvero anche i promotori della salute. Ci fu però una vera e propria esplosione delle farmacie come effetto della fine dell’embargo decretato dagli Stati Uniti. Peccato che la maggior parte della popolazione dovesse poi fare i salti mortali o indebitarsi fino al collo per comprare le medicine di cui aveva bisogno.

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Militante storico del Fsln.

Il compagno, Jacinto Suárez Espinoza, militante storico del Fsln, Frente Sandinista di Liberazione Nacionale, ci lascia.
A partire dal 1990, Jacinto ha lavorato nel Dipartimento delle Relazioni Internazionali del Fronte Sandinista e dal 2007 è stato il segretario.
Un interlocutore sommamente intelligente, semplice e di  grande umanità, che abbiamo avuto il piacere di conoscere..
Riportiamo qui di seguito un breve estratto dell’intervista a Jacinto da parte di Geraldina Colotti, nel novembre 2014 a Roma, in occasione del secondo
incontro Europeo di Solidarietà con la Rivoluzione Popolare Sandinista (RPS).

«Per la ricostruzione del nostro paese,abbiamo bisogno di mantenere le conquiste sociali, continuare a distribuire la terra e favorire la piccola produzione agricola, dare le fabbriche in gestione ai lavoratori, ma dobbiamo anche ottenere la pace, in Nicaragua e nel continente: sviluppare relazioni sud-sud, ma senza chiuderci a quelle con altri blocchi e con i paesi che agiscono nell’ambito dell’Alleanza del Pacifico.”

La perdita del compagno ci rende tristi e dispiaciuti, ma ti siamo grati Jacinto per la tua tenacia, serietà e passione, soprattutto nella difesa dei valori della Rivoluzione, del Frente Sandinista, della causa dei campesinos e dei poveri.

Descansa en Paz compagñero,

No Pasaran!

Associazione Italia Nicaragua Milano

 

America Latina )- Covid-19 non è il destino, è il capitale

America Latina-Covid-19 non è il destino, è il capitale

Honduras il caso più evidente

Managua, 27 marzo (Altrenotizie | LINyM) -.

Col passare dei giorni aumentano i Paesi e le popolazioni contagiate dalla pandemia di Covid-19. Ad eccezione di alcuni casi, i governi delle nazioni colpite hanno imposto misure drastiche per rallentare almeno la diffusione del coronavirus. Misure che spesso si scontrano con i diritti fondamentali dei cittadini.

Proteggono le frontiere interne ed esterne, militarizzano città e territori, decretano stato d’emergenza e coprifuoco, cercando così di alleviare le debolezze e i fallimenti cronici di un sistema sanitario vittima sacrificale di un modello economico neoliberale privatizzatore, individualista e acaparratore.

Eugenio Sosa è sociologo e professore presso l’Università nazionale autonoma dell’Honduras, Unah. Secondo lui, la situazione verificatasi in diverse nazioni europee e il terrore che si è impossessato della popolazione, ha indotto Paesi come l’Honduras a radicalizzare le misure per affrontare la pandemia di coronavirus. Tuttavia, gli alti tassi di disuguaglianza che esistono nella stragrande maggioranza dei paesi dell’America latina hanno un impatto molto diverso sulla popolazione.

Coloro che soffrono maggiormente  queste misure draconiane sono le fasce più fragili della popolazione, i cui diritti sono stati ridotti anno dopo anno, legge dopo legge, misura economica dopo misura economica. Ora, come per magia, per milioni di senzatetto ed esclusi anche la stessa sopravvivenza è in pericolo.

“L’Honduras è uno dei paesi di maggiore disuguaglianza, miseria ed esclusione del continente latinoamericano. Quando il governo decreta la quarantena totale ed il coprifuoco, la stragrande maggioranza della popolazione rimane senza protezioni. Sono tutte quelle famiglie che sopravvivono  con l’economia informale, il lavoro precario, che riescono a malapena a garantirsi il sostentamento quotidiano”.

Honduras diseguale

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Honduras – Guapinol resiste!

Honduras Guapinol resiste!
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esce l’indignazione  per i continui attacchi contro le comunità che difendono i beni comuni nella zona dell’Aguan honduregno.

Tegucigalpa, 18 marzo (LINyM) 

Otto difensori dei beni comuni della comunità di Guapinol, nel nord est dell’Honduras, sono ancora in prigione (sette a Olanchito e uno a La Ceiba) per aver difeso il territorio e i fiumi che attraversano il Parco nazionale Montaña de Botaderos, minacciato dalla società mineraria Los Pinares.

Proprietari della compagnia sono Lenir Pérez, già coinvolto in passato in altri conflitti legati allo sfruttamento minerario, e Ana Facussé, rispettivamente genero e figlia del tristemente famoso latifondista e produttore di palma africana Miguel Facussé Barjum. Il suo nome è legato sia al grave conflitto agrario del Bajo Aguán, che negli ultimi dieci anni ha lasciato un saldo di varie decine di contadini assassinati, che a quello per l’accaparramento di grandi estensioni di terre e spiagge nella penisola di Zacate Grande.

Jeremías Martínez Díaz, Porfirio Sorto Cedillo, José Abelino Cedillo, Kelvin Alejandro Romero, Arnold Javier Alemán, Ever Alexander Cedillo, Orbin Nahún Hernández e Daniel Márquez sono accusati di vari delitti, tra cui associazione per delinquere, occupazione di suolo pubblico, furto, sequestro, incendio aggravato, usurpazione e danni. Tutti fanno parte di un gruppo di 32 persone che sono state inquisite e contro le quali è stato spiccato ordine di cattura.

“In questa zona ci sono circa 34 sorgenti le cui acque scendono a valle e riforniscono varie comunità, paesi e città. In modo particolare i fiumi Guapinol e San Pedro sono quelli che stanno subendo i maggiori danni.

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La fragilità della globalizzazione-Il virus che fa starnutire l’intero pianeta.

 

La fragilità della globalizzazione
Il virus che fa starnutire l’intero pianeta.
50 miliardi di dollari di perdite nell’economia mondiale. 

Sergio Ferrari, (ONU) Ginebra, Svizzera

Ciò che poche settimane fa sembrava inimmaginabile,
è stato trasformato in realtà quotidiana. Interi popoli in quarantena. Grandi eventi artistici e sportivi cancellati. Rinviate le assemblee internazionali. Uomini e donne che cambiano l’abitudine di stringere la mano o di salutarsi con i baci. Non è un romanzo futuristico di fantascienza, ma la realtà di milioni di persone in diversi continenti, dove COVID-19, noto anche come “coronavirus”, provoca il caos.Le cifre continuano ad aumentare. 100 mila casi confermati alla fine della prima settimana di marzo, di cui 80 mila, almeno, in Cina, con 3.000 morti.

Il virus è già presente in 91 paesi, inclusi cinque nuovi nelle ultime 48 ore: Gibilterra, Ungheria, Slovenia, Palestina e Bosnia Erzegovina

Quasi 300 milioni di studenti provenienti da 22 paesi non sono in grado di frequentare le lezioni, secondo le recenti statistiche ufficiali dell’UNESCO, e ricorda che due settimane fa, nella sola Cina, gli istituti erano stati chiusi. Il virus attacca e l’economia si blocca. L’impatto sulla Cina con una contrazione del 2% nella produzione manifatturiera continua come le onde nell’oceano

La Conferenza delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo (UNCTAD) valuta che nell’ultimo mese la malattia ha causato perdite stimate di 50 miliardi di dollari all’economia mondiale..
E se la Cina, una delle locomotive economiche del mondo, starnutisce – con la produzione al suo livello più basso dal 2004 a seguito dell’epidemia – diventa un’influenza globale sicura, con conseguenze planetarie immediate.

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