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articoli sul Nicaragua
ADIÓS ALESSANDRA!
ADIÓS ALESSANDRA!
Alessandra Riccio è stata docente di Lingua e Letterature Ispano – americane alla Università L’Orientale di Napoli. È stata anche saggista, traduttrice e scrittrice, oltre che corrispondente da Cuba dal 1987 al 1993 per l’Unità. Ha collaborato con diversi quotidiani, tra cui il Manifesto Avvenimenti Linea d’ombra e Il Mattino di Napoli. Direttrice per dieci della rivista Latinoamerica e poi condirettrice insieme a Gianni Minà. Ha ricevuto premi e riconoscimenti sia in Italia che a Cuba, a coronamento di un’attività professionale e di militanza che hanno contraddistinto la sua lunga e densa carriera.
Una mujer vertical, che non ha mai sacrificato la propria onestà intellettuale sull’altare della mercificazione delle idee e della etica, inserendosi di diritto nella cospicua schiera di giornalisti/e e scrittori/trici che hanno contribuito a salvaguardare l’informazione e la cultura dagli artigli della propaganda.
Nel continente desaparecido come qui da noi.
Ha sempre sostenuto i processi di cambiamento avvenuti in America Latina, con occhio critico quando necessario e con una conoscenza storica letteraria e politica che ha condiviso con estrema umiltà. È sempre stata vicino alle sorti della Rivoluzione Popolare Sandinista e del popolo nicaraguense, dal trionfo del 19 Luglio del 1979 fino ai periodi bui e complicati che hanno preceduto il ritorno alla vittoria elettorale dell’FSLN, in quell’intervallo di sedici anni tra il 1990 e il 2006 in cui si sono scatenate le più spietate dottrine neoliberiste.
Una donna, una compagna, una internazionalista, una intellettuale che ci mancherà, e che mancherà a chiunque abbia ancora voglia di trasformare il mondo e che abbia ancora sete di giustizia.
Ti sia lieve la terra
Hasta siempre Alessandra Riccio.
Un estratto del contributo di Alessandra per il nostro libro
“La pesantissima ingerenza nel piccolo paese dei laghi e dei vulcani, aver contribuito ad una magica storia di massacri e di sfruttamento rende trasparente la pratica neocoloniale sulla quale gli Stati Uniti hanno fondato la loro storia, riuscendo a trarre sostanziosi dividendi dalla sua stessa rivoluzione contro il colonialismo inglese, assai presto tradita e sostituita dalla legge del più forte, una legge che, come è noto, non ricorre altra legalità che quella della forza. Condannati dal Tribunale Internazionale dell’Aja a seguito della denuncia della Repubblica del Nicaragua per vari atti di sabotaggio, fra cui aver disseminato di mine Corinto, il principale porto del paese, gli Stati Uniti non hanno pagato I’oneroso rimborso a quel paese in miseria fino a quando il debito legale è stato condonato dalla presidente Violeta Chamorro, nella vana illusione che gli aiuti nordamericani al paese appena “scampato” al pericolo sandinista, sarebbero stati notevolmente superiori. Quando i nostri benpensanti (anche di sinistra) continuano a mostrarsi ammirati per il modello di civiltà offerto dagli Stati Uniti e parlano dell’antiamericanismo come di un tic schizofrenico degli estremisti, farebbero bene a rinfrescare la memoria storica, a riguardare le vicende che hanno attraversato tutto il Novecento e oltre nel cortile di casa di quel popolo potent€, soddisfatto e ignorante. E se non bastano le tragiche vicende latinoamericane, leggano e guardino con attenzione quanto vanno dicendo Chomsky o Micheal Moore, persino a Guantanamo e alle torture in Iraq, ai bombardamenti in Afghanistan e alle dichiarazioni dell’ispettore dell’ONU Blitz. In nome della sicurezza nazionale, gli Stati Uniti d’America non esistono a travolgere ogni legalità internazionale e i diritti umani dei popoli, ie loro sovranità nazionali, perché loro credono, e noi glielo facciamo credere, di appartenere ad una civiltà superiore. Giulietto Chiesa è stato lapidario, e con ragione, quando ha scritto: “Gli Stati Uniti sono diventati i perturbatori della quiete mondiale e devono essere ridotti a più miti consigli.” (“il manifesto”, 12.08.04).Io aggiungerei che sono più di cento anni che avremmo potuto capirlo se avessimo saputo guardare con attenzione e senza pregiudizi a quanto accadeva nel lontano continente americano”.
Alessandra Riccio
“LErnesto” luglio-agosto 2004
Nicaragua 19 aprile 2023
In difesa del Diritto di Sovranità, Indipendenza e Autodeterminazione del Popolo del Nicaragua
“El consenso nace de las luchas de un pueblo digno, libre y soberano.
En nuestra Constitución se consagran los Derechos y garantias de los nicaraguenses”.
Comandante Carlos Núñez Tellez
Padre de la Costitución politica de Nicaragua
Nicaragua 1987
Bollettino Nicarahuac Aprile – Giugno 2023
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dell’AssociazioneItalia-Nicaragua
Un modo per tenere in vita il nostro bollettino Nicarahuac per poter riportarvi le informazioni giuste e concrete e non cadere in quelle false che la maggior parte dei media riportano.
I fatti dimostrano che il Governo sandinista sta facendo grandi sforzi per migliorare le condizioni della popolazione, vedesi i molti ospedali costruiti in questi ultimi anni, per fare un solo esempio. Per questo ed altre ragioni lo appoggiamo.
Bollettino Nicarahuac Gennaio-Marzo 2023
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dell’AssociazioneItalia-Nicaragua
Un modo per tenere in vita il nostro bollettino Nicarahuac per poter riportarvi le informazioni giuste e concrete e non cadere in quelle false che la maggior parte dei media riportano.
I fatti dimostrano che il Governo sandinista sta facendo grandi sforzi per migliorare le condizioni della popolazione, vedesi i molti ospedali costruiti in questi ultimi anni, per fare un solo esempio. Per questo ed altre ragioni lo appoggiamo.
21 febbraio 1934
Leader della resistenza nicaraguense contro l’esercito d’occupazione degli Stati Uniti.
Sandino rappresenta il simbolo della lotta per la libertà e del riscatto sociale per tutti i popoli del Centro America.
La sua eredità storica e culturale ha influenzato negli anni sessanta la nascita del Sandinismo, ideologia che ha ispirato la fondazione del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale.
Sandino Vive
La Lucha Sigue
La Soberania No Se Discute!!!
Honduras-Bajo Aguán, una tragedia infinita
Bajo Aguán, una tragedia infinita
Nuova ondata di attacchi e di omicidi contro contadini e difensori dell’ambiente
Managua, 26 gennaio (di Giorgio Trucchi | Rel UITA /LINyM) -.
Tre leader contadini assassinati in meno di due settimane, un conflitto che affonda le sue radici nell’espansione incontrollata della monocoltura di palma africana e dello sfruttamento minerario, attività che devastano territori e inquinano fiumi e sottosuoli, e nella collusione tra politici, militari, polizia e guardie private.
Negli ultimi mesi, questi elementi hanno incendiato nuovamente una delle zone più conflittuali dell’Honduras.
Il 7 gennaio sono stati assassinati Aly Domínguez e Jairo Bonilla, difensori ambientali della comunità Guapinol e membri del Comitato municipale per la difesa dei beni comuni e pubblici di Tocoa.
Negli ultimi anni, almeno 32 persone sono state inquisite per presunti reati connessi alla difesa del territorio e delle risorse idriche del Parco nazionale “Montaña de Botaderos”, la cui area centrale è minacciata dalla compagnia mineraria Inversiones Los Pinares (NE Holdings Inc e NE Holdings Subsidiary Inc), precedentemente conosciuta come EMCO Mining Company.
Dopo una lunga lotta e quasi tre anni di ingiusta, illegale e arbitraria detenzione preventiva, i dirigenti contadini sono stati prosciolti.
In questa area ci sono circa 34 sorgenti le cui acque riforniscono città e comunità della zona. In modo particolare, i fiumi Guapinol e San Pedro sono quelli che subiscono i maggiori impatti ambientali. Comunità e popolazioni della zona non sono mai state consultate prima del rilascio delle concessioni minerarie e di irregolari permessi ambientali.
Le holding gestite da Inversiones Los Pinares sono controllate da Lenir Pérez Solís, già coinvolto in passato in altri conflitti minerari e Ana Facussé Madrid, figlia del defunto latifondista e produttore di palma africana Miguel Facussé Barjum.
Il nome di Facussé è stato collegato in passato al grave conflitto agrario del Bajo Aguán, in cui persero la vita decine di contadini organizzati.
Tanti Auguri di lotta e solidarietà
La scomoda vittoria del Nicaragua sul covid-19
La scomoda vittoria del Nicaragua sul covid-19
John Perry -Quaderno Sandinista
26/11/2022
In Nicaragua, il terzo paese più povero dell’America Latina, la gente che non lavora non mangia. I tre quarti degli impieghi si trovano in piccole imprese o nell’economia informale. All’epoca, quando si diagnosticò il primo caso di Covid il 18 marzo 2020, il presidente del Nicaragua, Daniel Ortega, sapeva che chiudere l’economia sarebbe stato catastrofico.
Era sotto pressione da tutte le parti perché introducesse rigide restrizioni. Tra i paesi vicini al Nicaragua, El Salvador registrò il suo primo caso il 18 marzo e due giorni dopo impose l’isolamento; l’Honduras fece la stessa cosa; il Costa Rica impose un blocco il 16 marzo e tre giorni dopo chiuse completamente le frontiere. Questi governi vicini, tutti politicamente ostili verso il Nicaragua, insistettero affinché si unisse alla chiusura dell’economia regionale.
All’interno del Nicaragua, anche vociferanti gruppi d’opposizione e mezzi d’informazione chiedevano la chiusura dell’economia. Ma il paese si era appena ripreso da uno scontro violento tra questi gruppi d’opposizione ed il governo socialista sandinista di Ortega, avvenuto nel 2018 con un saldo di oltre 200 morti. Un blocco avrebbe solo esercitato maggior pressione sulla nazione divisa.
Quando Ortega dichiarò pubblicamente che non vi sarebbe stato isolamento, la maggioranza dei nicaraguensi accettò in silenzio tale decisione potenzialmente arrischiata, sapendo che aveva ben poche altre opzioni. Inevitabilmente, l’opposizione di destra lo accusò di negare la pandemia. Ma peggio ancora, seminò la paura ed il sospetto con previsioni che il servizio sanitario sarebbe collassato. Un gruppo di esperti dell’opposizione pronosticò 120.000 casi di covid per giugno; un canale locale dei media di destra, 100% Noticias, lo superò affermando che 23.000 nicaraguensi sarebbero morti nel giro di un mese. Non appena il governo cominciò a pubblicare statistiche relative al covid, venne creato un “osservatorio civico” antagonista, che non dichiarò mai la sua appartenenza o fonte di finanziamento. Cominciò a produrre rapporti settimanali che mettevano in discussione i dati del governo (benché le postille scritte in piccolo sul loro sito web rivelassero che le proprie statistiche si basavano su segnalazioni su reti social e perfino sul “sentito dire”). Molti nicaraguensi, compresi alcuni che conoscevo, avevano tanta paura di andare in ospedale quando manifestarono i sintomi del covid, che li lasciarono progredire troppo.
Questa narrativa disonesta prontamente si estese all’estero, dove le figure dell’opposizione nicaraguense godono di buoni contatti sui media internazionali. Il 4 aprile la BBC Mundo affermò che il governo di Ortega non aveva adottato “alcuna misura” contro la minaccia del virus. Inventò un tropo mediatico: la “lunga assenza” di Ortega dalle apparizioni pubbliche. Due giorni dopo, il New York Times chiese: “Dov’è Daniel Ortega?” e affermò che il governo era stato “ampiamente criticato per il suo approccio arrogante”. The Guardian si unì al coro, affermando che Ortega “non era visibile”, e quattro giorni dopo aggiunse che l’”autoritario” Ortega era uno dei quattro leader mondiali che negavano il virus. Il Washington Post dichiarò che Ortega era “scomparso”, lasciando un governo ad operare con un “approccio da laissez-faire” di fronte alla pandemia. Il 6 aprile The Lancet pubblicò una lettera in cui si definiva la risposta del Nicaragua al covid “finora probabilmente la più bizzarra di qualunque paese al mondo”. Secondo il New York Times, entro maggio il Nicaragua – “uno degli ultimi a respingere le rigide misure introdotte a livello mondiale”- sarebbe diventato un paese di “sepolture a mezzanotte”.
Honduras-Depenalizzare l’aborto è necessario
Depenalizzare l’aborto è necessario
Organizzazione internazionale presenta amicus curiae
Tegucigalpa, 22 settembre (di Giorgio Trucchi | Rel UITA/LINyM) -.
Nel gennaio dello scorso anno, il parlamento honduregno uscente approvò una modifica dell’articolo 67 della Costituzione, che di fatto sancisce il divieto assoluto di abortire e lo “protegge” da qualsiasi tentativo futuro di depenalizzazione.
Il nuovo testo recita che è vietata e illegale “qualsiasi forma di interruzione della vita del nascituro da parte della madre o di una terza persona, la cui vita deve essere rispettata fin dal concepimento”.
Stabilisce inoltre che le nuove disposizioni potranno essere emendate solo da una maggioranza dei tre quarti dei deputati – obiettivo molto difficile da ottenere per le forze politiche attualmente presenti in parlamento – e che saranno nulle le future disposizioni di legge che stabiliscano criteri contrari.
All’epoca, varie organizzazioni sociali, reti e piattaforme femministe si opposero strenuamente alla riforma costituzionale, trovando anche il sostegno del Sistema delle Nazioni unite, dell’Ufficio in Honduras dell’Alto commissariato per i diritti umani (Ohchr) e di numerosi organizzazioni internazionali.
Contro le barbarie
Nel giugno dello stesso anno, la Corte costituzionale ammise un ricorso di incostituzionalità presentato dalla piattaforma femminista Somos Muchas, in cui si evidenzia chiaramente la contraddizione esistente tra alcune convenzioni internazionali ratificate dall’Honduras e le nuove disposizioni che, di fatto, violano diversi diritti di donne e ragazze.
In particolare, le organizzazioni che fanno parte di Somos Muchas chiedono alla corte di dichiarare l’invalidità della norma modificata, permettendo quindi la depenalizzazione dell’aborto in almeno tre casi: rischio per la vita della donna/ragazza incinta, malformazione del feto, gravidanza come conseguenza di violenza sessuale.
Un anno e mezzo dopo, con un nuovo governo guidato da una donna e un’agenda condivisa da Xiomara Castro con il variegato movimento femminista honduregno, l’organizzazione internazionale Women’s Link Worldwide ha introdotto presso la Corte suprema di giustizia un amicus curiae [1].
L’obiettivo è quello di sostenere il ricorso di incostituzionalità presentato da Somos Muchas.
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